Quando Monica se lo trova davanti la porta con gli occhi lucidi e le mani che tremano, Simone s'accorge subito che la ragazza non è affatto stupita.
E di cosa dovrebbe esserlo? - riflette intanto che lei lo ha già trascinato dentro prendendolo per mano - sono più le sere che sto qui che quelle in cui mi ritiro a casa mia, ormai.
Si accomoda in silenzio al solito posto sulle alte sedute della cucina ad isola e, prima ancora che possa parlare, vede già l'amica trafficare con bollitori e tazzine.
Gli piace sempre questa scena: Monica che apre la dispensa e tira fuori due delle tante tazze che ha in casa.
Ancor di più gli piace quando non è così tardi la sera e alla tisana si sostituisce il caffè.Ha pentole e caffettiere di tutte le dimensioni, ma sempre in una misura che permetta di preparare almeno per due, come se fosse scontato, ogni volta, che qualcun altro a farle compagnia ci sarà comunque.
Simone le riconosce certamente il carattere gioviale, quell'atteggiamento propositivo e predisposto al contatto umano del quale lui pare sprovvisto, d'altra parte, però, deve ammettere che quella dell'amica gli pare anche una fortuna sfacciata.
Che lei era ancora adolescente quando ha trovato l'anima gemella e da lì, tra tempismi perfetti e identica passione per la letteratura americana, ha raggiunto sin da giovanissima la consapevolezza che non sarebbe mai stata sola.Quindi forse, ad avvilire davvero Simone, è il fatto che - mentre Monica della sua unione idilliaca non ricorda molto, vaneggiando di un forte istinto a sollevare lo sguardo dal libro che stava leggendo per incontrare quello di Giulio già fisso nel suo - lui ha ben stampato in testa il preciso attimo nel quale, provava lo stesso istinto, salvo poi alzare gli occhi increduli su un piccolo putto che con estrema goffaggine, scoccava due dardi luminosissimi.
Il primo, lo colpiva precisamente in petto travolgendolo, il secondo invece, del destinatario prescelto, non sfiorava nemmeno la sagoma.
A rendere l'evento ancora più tragicomico sicuramente vi era che, questo dramma avveniva proprio quando con la sua, a quanto pare, anima gemella, si stava azzuffando sul lercio pavimento della palestra scolastica e che era lui stesso, dando un sonoro ceffone, a provocarne lo spostamento e dunque impedire che la freccia lo beccasse.
Sul momento Simone non seppe nemmeno per cosa sentirsi peggio: se per il soggetto che gli era andato a capitare o per il fatto che lo stesso non si fosse accorto di nulla, a confermare così la sua idea che Manuel Ferro, oltre ad essere un terribile stronzo, fosse pure un grandissimo cretino.
Ora invece, a ripensandoci a distanza di tempo, gli viene quasi da ridere.
Che se proprio doveva scoprirsi innamorato di lui, in effetti, poteva farlo solo mentre cercava di cavargli la faccia a suon di pugni, visto che negli anni del liceo pareva non sapessero fare altro.Di quell'assurdo giorno comunque ricorda pure che, nell'indifferenza generale dei compagni, aveva tentato di fermare il putto che dispiaciuto volava via, anche solo per domandargli perché? perché di tutti gli imbecilli che c'erano m'hai incasinato proprio con il peggiore?, però poi, arreso all'impossibilità di raggiungerlo, si accontentava di salvare la freccia caduta nel vuoto e conservarla nella tasca della tuta.
Da allora c'erano stati un diploma, due lauree, l'amicizia consolidata con Manuel, ma mai, neppure una volta, un sentimento ricambiato nella stessa maniera.
Ci aveva provato qualche volta Simone a farglielo capire, tratto in inganno da atteggiamenti ambigui dell'amico e accennando in modi contorti alle mire incerte di piccoli esseri divini o alle imprevedibili affinità emotive che possono legare due persone.
"Queste so le tipiche stronzate a cui solo tu puoi credere" gli rispondeva l'altro a denti stretti e tono alterato "io se me innamoro de qualcuno me ne accorgo da solo, Simo'! Non me serve un bambino che non se fa i cazzi sua e tenta pure d'ammazzamme co' armi medievali."