vita

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Era una bella giornata di sole. Lo vedevo da uno spiraglio di luce tra la tenda e la finestra del mio piccolo appartamento. Feci la solita colazione, caffè. Tanto caffè. Non mangiai nulla.

Il mio nuovo libro avrebbe dovuto parlare di vari racconti horror che scrivevo. Una raccolta di racconti. Non ci avrei guadagnato molto, perché chi del resto legge i racconti al giorno d'oggi. Poi con il mio trascorso, lasciamo stare. Vogliono tutti il romanzo bello e fatto, che parla d'amore o fantasy o magari triste. O una combinazione delle tre. Ma io non mi sarei abbassato ad il volere della gente, avrei scritto ciò che mi piaceva, ciò in cui ero bravo. L'horror. Mi piaceva fare di tutto ai miei personaggi. Mi sbizzarrivo nei modi in cui potevano fare una brutta fine, e il finale non te lo saresti mai aspettato.

Scrissi di una donna e una grotta, la storia non finiva bene. Tutte le mie storie non finivano bene. Non ero un amante del lieto fine.

Si fecero le tre del pomeriggio e non avevo pranzato. Andai in cucina e presi quello che trovai in frigo, prosciutto ed era avanzata un po' di scamorza. Presi tutto com'era e buttai gli involucri nella plastica, quanta plastica che si produce, e preparai il panino. Non era buonissimo, forse il prosciutto era mezzo andato, ma non avevo nient'altro in frigo.

Mi rimisi a scrivere. Ma non era il mio lavoro. Avrei pagato oro per dire che ero uno scrittore. Purtroppo ero un professore universitario di arte. Insegnavo come professore associato, il corso da tre anni ormai, ovvero storia dell'arte contemporanea, una parte uno. Era un corso che negli anni il numero di studenti era calato drasticamente, e poi non mi dava più soddisfazione come all'inizio. L'avevo notato da quando ero un ricercatore per il mio ex professore. I ragazzi preferivano più darsi alla biologia, chimica, informatica, ma non a l'arte. Ero bravo come insegnante ma come scrittore avevo fallito, ero riuscito a farmi prendere da una casa editrice ma poi successe quella cosa. Da allora avevo scritto solo per me. Non avrei potuto pubblicare nemmeno se volessi.

Lasciai perdere la scrittura avevo degli esoneri da preparare. Non facevo fare mai l'esame per intero. Erano davvero tante cose da sapere e mi stava bene che me lo avrebbero raccontato a pezzi. Cercavo di aiutarli il più che potevo.

Un giorno arrivò lei. Una studentessa sui venticinque anni pronta alla laurea magistrale. Bionda occhi verdi curata in viso, mani perfette senza nemmeno una pellicina, di corporatura normale non era né troppo magra né grassa. Giusta. Mi ripetevo che era troppo giovane per me, che dovevo cercare una donna matura, e non una mia studentessa. Eppure lei era perfetta.





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