lei

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La incontrai per la prima volta in corridoio tra la mia aula e l'aula arte contemporanea 2 forse si era persa, o aveva sbagliato aula, almeno così pensavo, poi mi guardò negli occhi, sorrise, e si rintanò nella mia aula. Fu come togliersi un macigno dal petto. Lei voleva me. O almeno voleva il mio corso. Quasi correndo per arrivare l'aula, sentii la scia di profumo che abbandonò dietro di lei. Non potevo farci nulla lei sarebbe stata quella giusta. Avremmo riso e parlato d'arte, di libri, dei mei lavori. Lei mi avrebbe raccontato le sue passioni, i suoi segreti più intimi, e saremmo stati felici.

Poi tornai in me, e stavo fantasticando con i fogli dell'esonero in mano. Non era un scritto ma erano le domande a cui era importante che fossero preparati. Pretendevo la stessa bravura anche da lei. Questo era il primo esonero e avrei scoperto il suo nome, e sentito la sua voce. Speravo non mi deludesse. Che fosse una ragazza intelligente oltre che bellissima. Ma non avevo dubbi la mia mente aveva viaggiato fin troppo.

Era il giorno dell'esonero, ed erano a farlo tredici studenti. Meglio di niente. Controllai subito se lei c'era. Si la vidi a l'ultimo banco ridere con un suo coetaneo. Non era strano che ci provassero con lei. Ma sembrava non interessargli più di tanto. Non si arricciolava i lunghi capelli biondi con le dita, non ammiccava, non lo toccava nemmeno per sbaglio. Non era interessata. Era solo una battuta. Feci cominciare l'esame e venne il primo ragazzo. Un ragazzo trasandato, riccio e con la barba non curata. Era nervoso ma non come lo si è al primo esame. Questo era un corso da magistrale. Aveva preso una laurea prima di sedersi su quella sedia. Il mio assistente intanto, iniziò a chiamare altri ragazzi. La mia paura era che lei andasse dal mio assistente invece che da me. Non potevo rischiare feci tre ragazzi, io ero più severo e ci mettevo di più ad esaminarli. Lui ne chiamò sei. Lei era ancora seduta nello stesso posto da sola. Gli dissi di prendersi un caffè e che avrei continuato io. Lui accettò subito. Ascoltai altri due ragazzi, una ragazza e un ragazzo, e poi finalmente arrivo lei. Si chiamava Elisa, e la sua conoscenza mi spiazzò. Sapeva davvero tutto era molto preparata anche su cose che non avevo chiesto di studiare. Rispondeva alle mie domande poi spaziava facendo collegamenti tra argomenti molto difficili da collegare. Rimasi immobile per un secondo o due poi la mandai a casa con il massimo dei voti. Non potevo fare altro. Se l'era meritato. Prima di andare mi ringraziò tanto, e intanto sorrideva felice del suo trenta e lode. I suoi denti erano bianchi. Aveva i canini leggermente sporgenti.

La dovevo vedere ancora. E non in un ambiente d'esame.

Decisi di pedinarla un giorno. Con la sua matricola riuscii a sapere quali corsi frequentava e quindi quando usciva dall'università. Il mercoledì usciva presto verso mezzogiorno, così l'aspettai fuori dall'edificio. L'edificio di arte e letteratura. Aveva una entrata e ud una uscita, non contando le uscite d'emergenza. Non riuscivo a guardare nemmeno il telefono per l'emozione, questo... brivido. Sapevo che era scorretto in tutti i sensi, ma l'avrei fatto.

Scese le scale con un'altra ragazza, mora capelli corti, vestita con una grande felpa che copriva tutto. Non sarei riuscito a dire se era magra o grassa. Elisa invece indossava una canottiera rosa, sotto ad un giacchetto di jeans, con dei jeans attillati. Per fortuna non erano strappati. Aveva delle forme, ma erano sempre ben coperte. Non era volgare. Mai. Doveva far intuire, ma senza mostrare la pelle. Così erano perfette. Lei rispettava questo canone.

La seguii fino alla metro dove la persi. Dovevo ritentare. Ma oggi non era stato il giorno. Del resto non avevo pedinato mai nessuno. Però ero stato bravo, non mi aveva visto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 29, 2022 ⏰

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