||PROLOGO-ANIME COMPLICATE||

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«Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota»

«E ho deciso, una notte di maggioin una terra di sognatori,ho deciso che toccava, forse, a me»

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«E ho deciso, una notte di maggio
in una terra di sognatori,
ho deciso che toccava, forse, a me»

24 Marzo 1991, Interlagos, Brasile 🇧🇷

Le ruote della sua McLaren accarezzano il circuito di Iterlagos mentre le prime gocce di pioggia si fanno spazio nella visiera del suo casco. Sembrano rincorrersi scivolando lentamente fino ad incontrare il giallo ed il verde, uscendo così dalla sua visuale.

Chiamato a compiere una magia guida come non ha mai guidato prima, nonostante il cambio si sia bloccato sulla sesta marcia e lui debba ancora concludere il giro finale.

Magic.

Così lo chiamano, perché è davvero impossibile pensare di vincere in quelle condizioni. Ayrton è chiamato a compiere la più dura delle magie, ma forse Dio è con lui e lo sta spingendo verso il traguardo.

A casa sua, sul suolo brasiliano.

Quando, finalmente, lo sforzo compiuto si affievolisce e fra le gocce che scivolano sulla sua visiera intravede la bandiera a scacchi un urlo liberatorio lascia la sua bocca rosea. Dolore e gioia si mischiano in quel grido disumano. Non sente più le braccia, non riesce a percepire nemmeno i cori del pubblico in delirio.

Ma è felice.

Si ferma in mezzo alla pista, le bandiere brasiliane attorno a lui. Si sfila il casco rivelando il volto esausto, qualcuno lo prende e lo alza verso il cielo scatenando un boato di gioia e acclamazione. Si prende qualche secondo per respirare poi, a fatica, cerca di uscire dall'abitacolo per salire sull'auto della guardia medica.

Spezzato, distrutto, stremato si accascia aspettando di arrivare in pitlane dove suo padre, Milton, lo sta aspettando. Lo richiama a gran voce <Beco, Beco, vieni qui>, lui lo allontana chiedendogli la più tenera delle azioni.

<Non mi toccare. Dammi un bacio.>

E poi la forza lo abbandona mentre la sua testa si appoggia alla spalla del padre, come un bambino bisognoso di affetto. Si sente appagato, ma non riesce a gestire le emozioni perché il dolore è lì e nemmeno la magia dello sforzo compiuto può ripararlo.

Quando sale sul podio, con la bandiera del Brasile tra le dita, raggiunge il gradino più alto con immensa fatica. Cerca di farla sventolare, di riunire le poche forze che ha per rendere quel giorno indimenticabile per tutti i brasiliani presenti. Il vento, così, si prende con la forza quei colori. Il verde sembra quasi mischiarsi con il cielo mentre Ayrton alza la bandiera sempre più in alto per mostrarla a tutti.

La coppa, però, tra le sue braccia non sembra volerci stare. Prova a sollevarla con due mani, senza riuscirci. Deve raggruppare tutte le sue ultime forze per provare uno slancio ed alzarla, con il braccio destro, verso il cielo.

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