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Matilde si tiene la pancia con entrambe le mani. È solo al sesto mese ma è come se trasportasse un cocomero. Il caldo estivo a New Delhi è umido e pesante, gli spazi enormi e ammassati: lei e Chris si trascinano come zombie, impacchi di ghiaccio sotto le ascelle.
Il Fan del Mese è Gianni, un ragazzo di ventidue anni che si è spacciato per esperto del paese in quanto mezzo indiano. In realtà non conosce la lingua e li ha fatti perdere troppo spesso. Sono più le volte che sono arrivati in ritardo alla scuola d'inglese che quelle in cui hanno concluso una lezione senza intoppi. Le visualizzazioni proseguono a rilento perché l'Oriente è sempre stato il territorio in cui hanno meno presa. Gli indiani sono molti di più e hanno
molte più star autoctone: non hanno esigenza di importarne dall'estero. Gianni ha comunque raggiunto Le sue decine di migliaia di seguaci, l'unica certezza di Matilde e Chris è che, almeno per riconoscenza, non li rivenderà al mercato nero. Salgono tutti e tre sul camioncino polveroso
che hanno affittato, Matilde conta i giorni: tra poco lei, Chris e il bambino partiranno per il Brasile, uno stato che l'adora. Visiterà un dottore e scoprirà il sesso del nascituro,
organizzeranno un evento stellare per annunciarlo e tornerà alla ribalta delle notifiche estive. Sul lungo periodo, fare del bene non tiene alte le visualizzazioni come creare scandalo.
«Cos'è questo rumore?» Chris si sporge dal finestrino aperto. Gianni, davanti a lui, si gira con una bottiglia di plastica schiacciata.
«Sono io, avevo finito l'acqua...»
«No no, non c'entra la bottiglia».
Gianni tace. L'autista, un indiano con la camicia bianca, spegne la musica. Matilde tende l'orecchio.
«È il verso di un cagnolino» commenta. Il bambino in pancia è agitato, sembra spingersi verso il basso, come se avesse fretta di uscire. Tiene su la pancia, spaventata. Chris fa il gesto all'autista di accostare. Sono nella traversa di una strada grande e trafficata, dove si sta svolgendo il mercato. Il rumore della gente non è abbastanza forte da coprire gli uggiolii. Chris scende, Matilde si mette al suo posto e si sporge dal finestrino aperto per seguirlo con lo sguardo.
«Dove vai? Non ti allontanare»
«Sono più di uno! Vieni, scendete anche voi!».
Il primo a farlo è Gianni, che apre la portiera di Matilde.
«Che fai lì impalato? Accendi il telefono!» gli grida Chris. L'altezza del camion le sembra troppo alta, Matilde si appoggia alla spalla di Gianni per evitare di saltare nel vuoto. Raggiunge Chris sempre tenendosi il grembo. È sdraiato per terra, parte della testa sotto un'automobile rossa. La linea del sedere sporge fuori i pantaloni. Matilde tenta di piegarsi per tirarglieli su, ma il pancione glielo impedisce. Gli uggiolii si sono fatti più forti.
«Ma quanti sono?»
«Quattro» risponde Chris, senza tirar fuori la testa. «Sono dei cuccioli».
Chris tira fuori il braccio con la mano tesa, in attesa di qualcosa.
«Vuoi dell'acqua?» chiede Gianni.
«Il tuo cellulare!»
Gianni glielo passa. Chris accende il flash e lo usa come torcia. Con il suo fa partire una diretta. Matilde si collega.
«Oggi andando al lavoro siamo stati distratti da un pianto particolare...»
Quattro piccoli, pelosi e piagnucolanti musi neri. Sono teneri, agitano il naso alla ricerca di Chris, seguendo la sua voce e lo schermo del telefono. Sono distanti sia dalla fotocamera che dal marciapiede e dalle ruote anteriori dell'automobile. Chris allunga il braccio libero verso di loro, ma non li sfiora nemmeno.
«Sono stati abbandonati a poche settimane»
«Li prenderemo e adotteremo noi!», urla Matilde.
«Sono troppo belli» incalza Chris, carico di commozione. «Li prenderemo tutti quanti. Non
si abusa così degli animali».
Gianni ciondola sul posto. Chris interrompe la diretta e gli restituisce il cellulare.
«Dobbiamo trovare il modo di attirarli fuori» dice, rialzandosi. I pantaloni si sono sporcati sull'asfalto. L'autista lo squadra dal basso verso l'alto e torna nel camion. Matilde lo abbraccia.
«Ci pensi? Io e te, un cane» gli sussurra nell'orecchio.
«Li abbiamo ripresi tutti, dobbiamo adottarli tutti e quattro», commenta lei.
È strano, ma è contenta. Sia lei sia Chris hanno sempre snobbato chi ha avuto successo in rete grazie ai bambini e agli animali, na è tanto tempo ormai che contano solo sulle loro forze. Di fronte a quei cuccioli hanno avuto lo stesso pensiero. Sono in sintonia come non lo erano da tempo, anche se tutto il resto è terribile. Forse è questo che li ha avvicinati: la povertà, il contatto con le persone.
«Potrebbero appartenere alla strada e avere la madre qui vicino...», dice Gianni.
«Lo escludo», Chris scuote la testa, «uno di loro ha il collarino.»
L'autista del camion è sceso di nuovo, ha tra le braccia una grossa confezione su cui è stampata l'immagine di tre gatti.
«Sono i croccantini del suo gatto», commenta Gianni.
Matilde alza gli occhi al cielo. «Grazie, Gianni.»
Si avvicinano all'autista, sorridono e chinano la testa in segno di ringraziamento. Chris prende il pacco e getta qualche croccantino per terra.
«Non so se funziona, bisogna vedere se sono svezzati».
Le zampe del primo spuntano sotto la marmitta e acchiappano un croccantino. Gianni si toglie la maglietta e la usa per catturarlo. Quando si alza rivela di averne presi due. Chris li fotografa. In cinque minuti Matilde e Chris sono tornati nei sedili posteriori del camion, due
cuccioli a testa, in ritardo per le lezioni d'inglese ai bambini di New Delhi.
«Alza la musica, Gianni, mi piace questa canzone», dice Matilde. È una delle ultime hit di una cantante americana che adora, di soli diciannove anni. Matilde ne ha abbastanza da non sentirsi ancora vecchia e da non essere più invidiosa delle bambine.
Chris sbuffa, contrariato, si porta le mani alle orecchie.
Un cucciolo ne approfitta per leccargli i gomiti.
Anche se il camion si agita per gli scossoni provocati dalle buche, le foto e i video che
Matilde sta facendo sono bellissimi.
«Vi abbiamo svezzati noi, piccolini».
La voce di Matilde è acuta, già trasformata in quella degli adulti che parlano agli animali. È cambiata senza che se ne accorgesse.
«Per favore non parlare così», ride Chris. «Come li chiamiamo?»
«Non ci avevo pensato. Tu come li chiameresti?»
Chris porta il cucciolo con la lingua di fuori vicino al suo viso. «Billy»,
indica il cagnolino nel suo grembo: «Nando».
E quelli vicini a Matilde, nel sedile di mezzo: «Panco, Asso».
Matilde lascia il cellulare sulla gamba e lo guarda negli occhi. Chris ha un'espressione serissima.
«Sono i nomi più banali che abbia mai sentito», ammette lei.
«Sono nomi da cane!» Chris si è offeso. Matilde alza le spalle.
«Facciamo che tu dai il nome a quei due e io ai miei».
Chris stringe a sé Billy e Nando, allarmato.
«Sono tutti nostri, Matilde»
«Certo, non ti preoccupare. Sono tuoi anche Ulay e Marina»
«Marina?», Chris la guarda dubbiosa. Matilde si porta al viso la cucciola più scura. Ha un profumo inconfondibile di latte.
«Come la performer russa, quella che con Ulay si metteva nuda sugli stipiti della porta»
«So chi è. Decisamente non un nome da cane»
«Rina, allora».
Chris allunga la mano su Ulay, che sembra essersi addormentato. «Rina», sussurra tra sé e sé.
«Troppa responsabilità sulle spalle di questi piccoli cani, non trovi?»
Matilde sorride. «Questi piccoli pastori tedeschi, vorrai dire. Nella mia famiglia o si eccelle o non se ne fa parte», Billy sbadiglia. La cantante nella radio caccia un acuto.
«Tu davanti a chi saresti passato, da quella porta?»
Chris sorride. «Davanti a lei, ovvio».

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