Atto 5º

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"Tu oggi non me la racconti giusta" disse Louis, senza smettere di studiarmi.

Cercai di non dare troppo peso alle sue parole, concentrandomi invece sulla pila di salvagenti che stavo riordinando in dei gruppi omogenei. "Non capisco cosa vuoi dire" fu tutto ciò che gli concessi, nonostante sapessi che fosse a dir poco inutile... Probabilmente mi si leggeva in faccia quanto fossi al settimo cielo.

"Oh andiamo, sembri mio padre durante il Super Bowl".

"E cioè?"

"Imbambolato e maledettamente eccitato".

Sospirai. "Siamo nel bel mezzo dell'estate e abbiamo la fortuna di vivere in quella che è la meta turistica di gran parte della popolazione mondiale. Cosa ci sarebbe di strano nella mia allegria?"

Lui assottigliò gli occhi, facendo una smorfia. "Si, certo come, no. Fino a qualche settimana fa sentivi la mancanza di casa... quindi cos'è questo improvviso amore per la costa occidentale?" poi venne colto da un'illuminazione, e il suo sguardo mutò in un ghignò perverso: "Ma certo... come ho fatto a non pensarci? Non dirmi che hai iniziato una storiella con qualche cliente".

"Sei incorreggibile" scossi la testa, iniziando a passare in rassegna i giubbotti di salvataggio. "Una storiella come la tua e quella di Harry, intendi? A proposito, che cazzo è successo fra voi due? Ieri sera non sembrava tanto contento".

Non l'avessi mai detto. Il mio migliore amico impiegò meno di un secondo per balzarmi addosso, inchiodandomi sulla porta in legno del piccolo sgabuzzino in cui tenevamo l'attrezzatura da lavoro. "Come fai a saperlo? Hai visto Harry? Cosa ti ha detto? Perché eravate insieme? In che senso non sembrava contento?".

Mi ritrovai a socchiudere le palpebre per via del suo respiro, che si riversava dritto sulla mia faccia. "Tu sei completamente fuori di testa" e non era una novità, dopotutto. "Ma in questo periodo particolarmente di più".

In tutta risposta Louis collassò sulla sabbia, prima di assumere una posizione a gambe incrociare. "Abbiamo chiuso, o meglio, sono stato io a farlo" borbottò esasperato, mentre si portava entrambe le mani alle tempie. "Purtroppo siamo troppo incompatibili, completamente diversi. E a lungo andare questa cosa avrebbe consumato entrambi, per questo ho preferito cancellare il problema alla radice: via il dente, via il dolore".

A quelle parole iniziai seriamente a chiedermi se fosse davvero scemo o se facesse finta, dato che più che opposti erano fottutamente uguali: e cioè due pazzi esaltati privi di scrupoli e di responsabilità.

"Però ho paura di aver fatto una cazzata, dopotutto ci tengo veramente a lui".

"Tranquillo, giusto il tempo di due giorni e tornerete ai vostri giochetti... se tutto va bene" scherzai, guadagnandomi un'occhiataccia da parte sua. "Male che vada verrai semplicemente ucciso dal signor Styles, quando verrà a conoscenza del fatto che hai deflorato le candide natiche del suo amato figlio".

Lui rabbrividì al solo pensiero. "Fottiti Malik".

Ma già non lo stavo ascoltando più. Era già tanto se ero stato in grado di concentrarmi su di lui per più di cinque minuti, dato che era dalla sera precedente che non riuscivo a pensare a nient'altro che non fosse lo splendido ragazzo che di nome faceva Liam e di cognome Payne.

Leeyum.

Era da ore che non ci vedevamo, e già fremevo dalla voglia di farlo. Se chiudevo gli occhi riuscivo addirittura a vederlo, ad immaginarlo in quel momento: dentro al locale, chino su un ordine, tutto preso dal lavoro. Tanto indaffarato con il corpo quanto distante e sovrappensiero con la mente. Ormai avevo imparato a conoscerlo bene, nonostante lo conoscessi relativamente da poco; mi veniva spontaneo sperare con il tutto cuore che quella relazione potesse andare bene, tanto da trasformare una semplice conoscenza in qualcosa di più serio.

Angel Eyes | ZiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora