Capitolo 5

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Verso la tarda sera una suoneria fastidiosa risuonava nella stanza 'adesso chi è?' ^Bet^ che diamine vuole? Non ho bisogno della sua compassione
"Pronto, Bet?"
"S-silvia aiutami, ti prego" stava piangendo e il mio cuore batteva a mille per la preoccupazione
"Dove sei? Dimmelo che arrivo"
" Sono nella casetta abbandonata del castello"
"Arrivo". Ero preoccupata da morire, quella casetta è un porcile dove la gente va lì per poter fare qualsiasi cosa, che sia drogarsi, fare sesso con la prima che passa o semplicemente qualcosa che non può essere fatto agli occhi di tutti.... Lo ammetto sin da quando avevo incrociato gli occhi di quel ragazzo avevo capito che qualcosa non andava in lui, ma c'ho dato poca importanza perché magari quello lì la rendeva felice.
Arrivata cercai di non toccare tutto lo schifo che c'era.
"Bet, dove sei? Sono io..Silvia"
Un pianto, silenzioso ma presente giungeva da un angolo della stanza, era rannicchiata in sé con le ginocchia sbucciate e piena di lividi in faccia e sul corpo. Ringrazio il cielo per averle dato la forza di chiamarmi.
"Sono qui"
La abbracciai piano senza farle male e lei si strinse a me come una bambina impaurita durante un temporale, amavo il suo profumo e il suo contatto con me
"Che cosa è successo? " cercai di avere un tono più tranquillo possibile perché rabbia e agitazione non avrebbero di certo calmato Bet "ti prego, parla" continuai
"V-voleva fare sesso con me, m-ma io ho detto n-no e lui mi ha pestato e ridotta così" continuava a piangere e io le accarezzai il viso per asciugare le sue morbide guancie
"Stai tranquilla, me la vedo io con quel bastardo ora andiamo a casa" cercavo di nascondere la mia rabbia più pura. La alzai e lei era un dolore vivente, cosa potevo fare? Al diavolo tutto io la proteggerò, la presi in braccio a mò di principessa delle fiabe e lei si aggrappò a me cingendo le sue braccia intorno al mio collo. Durante il tragitto si addormentò appoggiata al mio petto. Quanto la amavo, era così piccola e fragile e aveva davvero bisogno di me e io di lei, ovviamente. Amavo vederla e sentirla 'mia' anche per qualche istante, non mi volevo rassegnare, come sempre.
Arrivate a casa le misi del ghiaccio sui lividi e della pomata sulle ferite, credo di aver avuto una mano così leggera che lei ha continuato a dormire come se niente fosse. Restai lì sveglia, vicino a lei ad accarezzarle le guancie e ad ammirare il suo lento e innocente respiro, era meravigliosa. Me ne stavo fottutamente innamorando, lo so. Ma lei? Perché ha deciso di chiamare proprio me?

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