3. La biblioteca

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«Allora vattene.» Mi dice e mi sento spezzato in due.
Sì, forse è meglio che ora me ne vada. Lo guardo un ultima volta ed è proprio scorgendo le sue iridi che ho paura di bloccarmici per l'eternità. Ma lui non mi sta guardando e così serro la mascella.
Che cosa pensi?
Che cosa vuoi davvero, Inupi?
«Lo vuoi davvero?» Gli chiedo.
Dimmi di no. Dimmi di restare con te.
Lui non mi rivolge neppure un occhiata e dice:«Sì.»
Sbatto le palpebre per scacciare le lacrime ed esco, sbattendo la porta.

Sento Shinichiro chiamarmi, ma ormai il mio udito è ovattato. Inserisco le mani nelle tasche, indosso il cappuccio e mi sbrigo ad andarmene. Appena uscito dal negozio scruto dalle vetrate con la coda dell'occhio Shinichiro che corre verso il retrobottega, poi non voglio saperne più niente.

Cammino senza meta, forse corro ad un certo punto, ma non è mia intenzione fermarmi. Quando la fatica però viene prima che l'arrabbiatura passi sono costretto ad arrestarmi e mi ritrovo su un ponte. Mi affaccio e ammiro la corrente del fiume sotto di me. Accendo una sigaretta e comincio ad aspirare fumo fino a perder fiato. Tossisco, poi sento le lacrime pungermi negli occhi.
Non lasciarle uscire, non lasciarle uscire.

È tutto inutile. Comincio a piangere e non mi fermo.
Cosa mi succede?
Penso al suo viso coperto di lacrime, che mi guarda freddo e vuoto. Poi rammento quel giorno in biblioteca e il ricordo appare nitido dentro di me come una scena di un film.
Non ho intenzione di interrompere quella programmazione, così lascio che i pensieri mi avvolgano e ritorno lì, a quella lucente mattina.

Sapevo di trovarlo lì, era il suo posto preferito, il suo posto sicuro, dove poteva fuggire dalla realtà.
Lui era diverso dagli altri e forse fu proprio quello che mi portò ad attrarmi terribilmente a lui. Lo vidi la prima volta lì, seduto accanto alla finestra a leggere, mentre il sole baciava il suo viso candido e pensai che fosse la creatura più bella che avessi mai visto. Pensai ad un angelo, forse erano davvero così i custodi del cielo, splendidi come lui era in quel momento.

Ogni giorno tornavo solo per vedere lui, con la scusa di prendere il prestito qualche libro. E lì, da dietro gli scaffali, timido come non mai io lo ammiravo. Volevo parlagli, volevo sentire la sua voce, volevo diventare suo amico.

Ma con mia sorpresa fu lui a parlarmi per primo. Stavo sfogliando un libro a caso, quando lui comparve improvvisamente dietro di me e mi disse: «Non sei pronto per quel romanzo.»
Trasalii e lo guardai negli occhi la prima volta. Non mi ero neppure reso conto di che libro avevo in mano, quando vidi la copertina e lèssi il titolo.
«E tu come lo sai, scusa?» Risposi io con poca gentilezza.
«Vieni qui ogni giorno solamente da due settimane e per un novellino nella lettura Dostoevskij non è proprio un buon inizio.»

La sua voce non era sottile e docile come mi immaginavo, anzi. E quel suo fare superiore e quelle fin troppo elegante lo trovavo alquanto seccante e importuno.
Mi ero fatto un idea sbagliata di quel signorino di prima media snob e arrogante.

Volevo fargliela vedere. Volevo provargli che potevo leggere tutti gli autori classici antichi senza fatica e così mi misi in competizione con lui. Inizialmente fu straziante e difficile, ma una volta imparato il modello di scrittura che utilizzavano quei dannati scrittori fu una passeggiata.

Anche il suo comportamento cambiava man mano che io tornavo in biblioteca a prendere l'ennesimo libro. Cominciammo a parlare degli autori, dei libri. Amavo confrontarmi con lui.
«Io sono Seishu Inui.» Mi disse una volta, sorridendomi. Quel sorriso non me lo tolsi più dalla testa. Era così meraviglioso vederlo sorridere che non ascoltai bene neppure il suo nome.
«Inupi dici?»
Lui si mise a ridere. Dio, la sua risata.
«Ho detto Inui!»
Io mi portai la mano sul mento a riflettere «Mhm. Inupi suona meglio.»
«Ma non mi chiamo...»
Lo interruppi, ponendo un dito sulle sue labbra. Non so perché lo feci, ma volevo farlo. Desideravo toccarlo.
«Sssh. D'ora in poi io ti chiamerò Inupi.»
Lui sbuffo, ma lo vedevo ugualmente divertito «Solo tu puoi allora.»
«Certo. Gli altri non ne hanno il diritto.»

Dove il mondo non ci tocca - Koko x InuiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora