3. Just a mistake.

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I don't trust you

Chapter three.

«Magari te lo dirò più avanti. Ora non me la sento, scusami» era già tanto che mi ero scusata per una cosa di cui non mi sarei dovuta scusare, stavo cercando di essere gentile.
«Non scusarti, scusami tu se ti ho chiesto cose troppo personali.»
Scossi la testa. «Nessun problema» sorrisi.
«E tu?» chiese Meg «Che ci dici di te e Justin?».
«Beh. Uhm, anch'io sono di qui, mentre Justin è nato in Canada ma vive qui da quando aveva tredici anni. Siamo amici da quando lui si è trasferito qui e non so, anche lui è un po difficile da capire come te, Mad» mi indicò.
Mi sentii tirata in causa, come se fossi io il motivo del mio carattere, e forse lo ero davvero.
Ryan cominciò a parlare di se, come se qualcosa lo bloccasse a continuare di Justin. «...e amo giocare a basket, infatti sono un giocatore nella squadra del college, mentre Justin è il capitano» sorrise.
Annuii. «Figo, anch'io amo il basket.»
«Allora un giorno giochi con noi» mi lanciò uno sguardo divertito.
Feci spallucce. «Se ci tieni a perdere» sorrisi.
«Oh, questa mi sa di sfida» ridacchiò.
«Forse» replicai indifferentemente, sorridendo.
«Hey, vi stavo cercando» Justin si sedette sul divanetto accanto a Ryan, passandosi le dita fra i capelli e porgendoci dei bicchieri di whisky.
Aveva ancora il fiato corto, i capelli spettinati, un succhiotto sul collo e uno stampo di rossetto sulle labbra.
Non ci feci molto caso e guardai il bicchierino che aveva in mano e che mi stava porgendo. All'improvviso qualcosa mi ritornò fra la mente. Sbattei velocemente le palpebre cercando di cancellare quel ricordo legato a quel fottutissimo bicchierino e feci un respiro profondo. Megan poggiò una mano sulla mia spalla, cercando di tranquillizzarmi. Riaprii gli occhi ritrovandomi Justin con un'espressione abbastanza stranita.
«No. Toglilo davanti ai miei occhi.»
«Ma-» non lo feci finire di parlare.
«Togli quella fottutissima bevanda da davanti ai miei occhi» quasi me la presi con lui «Per favore.»
«Ascolta ragazzina, non so chi ti credi d'essere ma mi hai già stancato» si alzò «Mi hai rotto i coglioni. Ti comporti come se ti sentissi migliore di me.»
«Oh, chiunque si sentirebbe migliore di te» sputai quelle parole con acidità.
«Okay, allora, cosa cazzo vuoi da me? Voglio capire» aggrottò le sopracciglia.
Mi guardai intorno annoiata. «Io no, non voglio avere niente a che fare con te.»
«Ma guarda che coincidenza, anch'io!»
«E allora vatti a scopare qualche altra troia, invece di perdere tempo con me.»
«Qualche altra troia? Uhm, tipo te
Non ci vidi più, davvero. Non riuscivo più a ragionare con la testa. La rabbia prese la meglio su di me così mi alzai di scatto e gli lasciai un cinque dita sulla guancia. Si portò una mano sulla guancia, incredulo che io l'avevo fatto davvero.
«Sono tutto, tranne che troia» sputai veleno, con gli occhi lucidi.
Troia. Troia. Troia. Troia. Troia. Troia. Troia. Troia. Troia.
Quella fottutissima parola non smetteva di rimbombare nella mia testa.

«Ti ho vista, sai?» quasi urlò mia madre, ubriaca fradicia con un bicchiere di whisky in mano.
Barcollava guardandomi con occhi che avrebbero bruciato vivo chiunque. Avevo paura di lei quando era in quello stato, non riusciva a ragionare con la sua testa.
«N-Non ho fat-fatto nulla» ribattei balbettando.
«Uh, certo. Stavi scopando con quel coglione del tuo ragazzo, non lo capisci che ti sfrutta soltanto? E tu ci godi anche. Sei solo una troia
Mi diede uno schiaffo in piena faccia, lasciandomi un evidente impronta sulla guancia.

Intorno a noi, tutti erano in silenzio con gli occhi fissati su me e su Justin.
Presi la mia borsa con il cellulare e me ne andai, lontana da tutti.
Le lacrime, mentre scappavo da quell'inferno, si stavano espandendo per tutto il mio viso. Cazzo. Non avevo potuto fare una cosa del genere. Dio, se mi stavo pentendo di quello che avevo fatto. Avevo reagito come quella drogata di una madre, che madre non era più per me. Correvo per le strade, non sapendo dove andare. Le lacrime mi offuscavano la vista e avevo un mal di testa terribile. "Non devo piangere, porca puttana" pensai. Odiavo piangere. Era un segno di debolezza, significava che quella cosa mi faceva star male e perciò chiunque avrebbe potuto sapere il mio punto debole. Mi sentivo scoperta, mi sentivo come un agnello che si era travestito da lupo ed era stato scovato. Mi sentivo non al sicuro.
Un taxi mi passò davanti così lo fermai. Aprii lo sportello e mi sedetti nei sedili posteriori, richiudendo la portiera. Gli diedi l'indirizzo e mi portò, senza farmi domande, a casa.
«Ecco a lei» gli porsi i suoi soldi «Grazie» mormorai.
«Si figuri» mi sorrise, cercando di darmi forza, lo apprezzavo.
Entrai in casa, infilando le chiavi e rinchiudendo dietro di me la porta. Appena fui dentro, mi gettai a terra. Non ce la facevo più e questo era solo il primo giorno di scuola.

La sveglia suonò facendomi alzare di mala voglia. Alla fine, la scorsa sera, ero venuta in camera mia e mi ero addormentata in un niente. Non avevo ancora incontrato Meg, chissà quanto ce l'aveva con me per la figura che le avevo fatto fare. Mi dispiaceva così tanto, davvero.
Mi preparai in poco tempo e afferrai velocemente lo zaino. Volevo arrivare presto.
Scesi le scale incontrando Meg che mi guardava con un espressione indecifrabile. Cosa dovevo fare?
Era ancora presto così decisi di parlare subito.
«Ciao, Meg» mi sedetti sulla sedia della cucina.
«Hey» mi lanciò un'occhiata mentre beveva il caffè.
«Ascolta, volevo scusarmi per-» mi bloccò.
«Non devi scusarti» scosse la testa «Stai tranquilla, so perché hai reagito così.»e lo sai, ma io volevo scusarmi lo stesso. Non avrei dovuto reagire così, solo che non ci ho visto più» mi giustificai.
«Non preoccuparti» mi guardò.
«Cosa ha detto?» chiesi.
«Chi?»
«Justin» sapeva di chi stavo parlando.
«Non ha detto niente, abbiamo continuato la serata facendo finta di niente. Voleva venire a cercarti, ma gli ho detto che era meglio se stavi da sola» disse.
Annuii. «Perché voleva venirmi a cercare? Insomma, non era arrabbiato? Gli avevo comunque dato uno schiaffo.»
«Anche lui si è reso conto che aveva sbagliato. Ed era preoccupato per dove tu potessi andare da sola di notte» mi rispose.
«Okay» mi morsi il labbro.
Era stato così carino da parte sua, mentre io mi ero comportata solo da bambina.

Arrivammo a scuola. Ci eravamo fatte una bella passeggiata tranquilla, parlando di tutto quello che poi aveva fatto Meg alla fine della serata.
«Mh, abbiamo biologia adesso» presi i libri dall'armadietto.
La gente mi aveva incominciato a guardare male dal primo momento in cui avevo messo piede nel college, come se fossi un extraterrestre. Che palle.
Meg sbuffò. Vidi passare Justin davanti a me. Mi irrigidì, ma quando i nostri occhi si incontrarono mi congelai letteralmente. Si avvicinò a me, no, vi prego.
Tutti quanti di nuovo ci guardarono incuriositi. Justin, vedendo che era a disagio, si guardò dietro fulminando tutti con lo sguardo e facendoli riprendere a fare le cose che stavano facendo. Deglutii rumorosamente.
Mi rivolse il suo sguardo. Mi morsi il labbro nervosamente.
«Hey» mi salutò.
«Hey» feci un piccolo sorrisetto per rompere il ghiaccio.
Mi guardai intorno, notando che Meg se n'era andata, perfetto (da notare il sarcasmo).
«Uhm, come va la guancia?» continuai, posando delicatamente le mie dita sul suo viso.
«Meglio» mi sorrise quando le mie mani toccarono la sua guancia «E tu come stai?» mi guardò negli occhi.
Mi morsi il labbro, piano piano me lo sarei staccato a morsi.
«Bene, non devi preoccuparti. Scusami per ieri» mi scusai, togliendo la mia mano dalla sua guancia.
Scosse la testa. «Scusami tu, non avrei dovuto dirti quella parola. Ognuno ha i suoi problemi» aveva capito.
«Non potevi saperlo, tranquillo» gli sorrisi.
Riuscivo a sentire il suo respiro sul mio viso per quanto era vicino. Mi sorrise anche lui.
Si morse il labbro, guardandomi.
Stavo bruciando viva, Dio mio. Per non parlare del fatto che stessi diventando diversa, stava diventando un momento intimo e mi stava rovinando la reputazione da stronza, che ero. La campanella suonò, salvandomi. Sospirai.
«Beh, devo andare» sorrisi «Ci si vede in giro.»
Mi allontanai da lui, dirigendomi verso biologia.
«Uhm, Mad?» mi chiamò.
Mi girai. «Dimmi.»
«Dove pranzi?» mi chiese.
«A casa» risposi «Odio la mensa.»
«Anch'io» ecco perché non c'era in mensa «Uhm, magari ci vediamo dopo, okay?» mi sorrise.
Annuii. «Okay» sorrisi, andandomene in classe.

To be continued...

Spazio Autrice.
Hey, questo è il nuovo capitolo. Spero vi piaccia, e mi raccomando, commentate.

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