Camilla la stramboide

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Nota autrice: Scusate per i recenti errori, ma quando avrò tempo la leggero per revisionare.

Spero che possa piacervi e se avete gustato lasciate un bel commento o una bellina stellina!

Buona lettura!

12/12/2022

Era da un paio di giorni che Camilla si sentiva  turbata. 

Un peso opprimente offuscava il suo petto rendendola pesante.

Non sapeva quale esattamente sentimento fosse, ma qualunque cosa cercava di fare sembrava andarle male.

Quel giorno, Camilla era appena ritornata a casa dopo una lunga  ricerca del regalo che sua zia voleva farle.

Era rimasta fuori tutto il giorno. 

 Non aveva potuto neanche salutare suo padre come si deve, che come al solito, verso le 4:30  andava a lavorare e ritornava la mattina seguente.

Sapendo quanto quel saluto fosse importante, Camilla si era sentita  abbattuta, sapendo che se sarebbe arrivata non avrebbe trovato suo padre, ma solo sua madre.

La madre della ragazza era una donna abbastanza severa; ma come non poteva esserlo? 

Camilla era una ragazza che aveva vent'anni. 

Non lavorava, non andava all'università; non praticava neanche lo studio necessario per impegnarsi, ma restava solo immersa nella sua camera a scrivere un romanzo incompiuto ignorando qualunque cosa avesse intorno a lei, tranne il suo fedele cane e compagno di passeggiate Kole.

Kole era un Husky nero e bianco, dall'aspetto adorabile, ma temuto quando mostrava i suoi feroci canini per proteggere la sua padrona. Ma, come non poteva amare il suo adorato cucciolone.

In generale, la ragazza si riteneva diversa. Non diversa nel senso che era superiore, ma inferiore a coloro che giravano, a coloro che avevano la forza e la risata pronta al momento. O meglio quel sorriso smagliante che invidiava.

Ma Camilla non aveva amici. 

Non sapeva neanche cosa le piaceva o odiava; ma amava mangiare- fin troppo per i suoi gusti - e scrivere vicino al suo computer, ignorando quale fosse la realtà che dimorava fuori dalla sua stanza.

Camilla aveva solo paura. 

Paura di essere giudicata dalle persone normali, che amavano il suo fratellino di tredici anni per la sua personalità vivace e tenera; ma lei era l'esatto opposto.

Era chiusa, ansiosa, troppo ingenua, troppo codarda per riuscire a parlare. 

Quando parlava con qualcuno si sentiva a disagio, non sapendo cosa dire. 

Rispondeva a pochissime domande, o meglio, alle domande comuni di ogni giorno, ma qualche volta come l'idiota si lasciava sfuggire informazioni, che altre persone ritenevano strane e inopportune.

Camilla si preoccupava del suo aspetto esteriore. 

Era una ragazza alta 1,70; aveva dei lunghi capelli castani che celava sotto il suo cappuccio nero, una corporatura obesa che non le permetteva di indossare abiti che costudiva nel suo armadio per occasioni speciale che mai avrebbe vissuto. 

Portava occhiali neri a causa della miopia.

Vestiva spesso con capi neri e bianchi, ma si vergognava sia di sé che della sua famiglia per com'erano e per come voleva fossero.

Un'altra cosa di sé, che odiava era il suo nervosismo. Era così nervosa che si mangiava le unghia fino a rimuovere l'intero letto unghia le, rendendo la punta del dito un solco.

Come poteva essere così crudele con il suo aspetto esteriore se il suo corpo non aveva fatto nulla di male? 

Era stata lei a ridursi così. 

La colpa era solo sua.

Camilla desiderava essere diversa. 

Desiderava ciecamente di possedere quella volontà che vedeva in altri. Ma per lei sembrava impossibile. 

Oramai i buoni propositi per il suo nuovo anno erano appena stati appena chiariti.

Le cose che voleva erano poche: avere un bel fisico, andare all'università, scrivere il suo romanzo e alla fine? 

Anche se aveva idee chiare era lei a rovinare tutto. 

Poteva riuscirci a farlo recuperando quel fottuto entusiasmo e l'ingenuità che aveva perso tre anni prima?

Non lo sapeva, ma valeva almeno la pena tentare.

Camilla anni prima aveva provato a suicidarsi. 

Per gli altri, era difficile credere che una persona come lei così tranquilla e riservata, potesse agire in una tale modo, ma la causa era stata proprio la sua ingenuità e le persone malate che aveva conosciuto.

Forse il motivo per cui si sentiva così era a causa loro? 

Bah...a questo non voleva neanche pensarci.

Sapeva solo che ora si sentiva vuota e credeva di non potercela fare.

Ma, Camilla desiderava tante cose.

Voleva vivere una vita più interessante. Voleva avere degli amici. Voleva avere le cose che avevano gli altri.

Camilla aspirava ad un futuro luminoso diverso da quello degli altri membri della sua famiglia.

Voleva essere apprezzata. Voleva rinfacciare a tutti coloro che l'avevano presa in giro e accusata di essere inutile e priva di volontà, che lei era migliore di loro.

Migliori delle altre e fottute persone di quel mondo che la odiavano.

Voleva solo essere sodisfatta, libera da ogni problema. Libera da quelle sensazioni.

Almeno solo per una volta nella sua vita desiderava una grazia. Ma, i Cieli non sembravano darle ciò che voleva.

Cosa poteva fare Camilla per sentirsi bene? Quali consigli potevano darle?

Lei, però, non aveva bisogno che le dessero risposte alle sue domande, perché lei già sapeva cosa doveva fare. 

Doveva solo rinunciare a quelle poche cose, per diventare ciò che desiderava.

Secondo voi, Camilla poteva farcela oppure no? 

Lei aveva solo bisogno di credere in se stessa e nelle sue capacità.

Hard, it's just too hardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora