La memoria delle mura

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Suo marito si Materializza sulla soglia e Hermione non ha bisogno di chiedere come ha trascorso le ultime ore ad Azkaban: immagina dagli occhi affaticati, dalla piega sconfitta delle spalle, da un sospiro pesante, che ha bisogno di un abbraccio. Gli si avvicina, e il suo mantello caldo la avvolge. Intorno a loro, i giardini curati da Lucius Malfoy, alberi fatti piantare da lui, foglie rigogliose alle sue cure.

Sente un fruscio vicino e sposta lo sguardo in quella direzione: due pavoni candidi emergono da una fitta siepe. Draco si volta per capire cosa l'ha colpita. «Anche quelli erano di mio padre» rammenta, e la voce si spezza.

È certa che si tratta del primo accenno di fragilità che l'uomo si permette di mostrare, da quando è stato convocato per ritirare gli effetti personali e dare disposizioni per la sepoltura, nella prigione in cui il genitore ha speso tutti gli anni della sua vita a partire dalla condanna.

Gli stringe il volto tra i palmi, asciuga col pollice una lacrima solitaria.

Draco sospira, scuote la testa. Le bacia una guancia. «Entriamo.»

Si tengono per mano mentre percorrono le stanze che portano alla biblioteca in cui hanno previsto di custodire quanto resta in questo mondo dell'uomo che ha fatto edificare le mura che li accolgono. Hanno svuotato un cassetto per tenere lì la bacchetta requisita dopo il processo, qualche lettera e un paio di foto di famiglia – a portata di mano, ma non alla vista, è il luogo di chi non c'è più.

Draco esita prima di richiuderlo, le dita sul pomello dorato. Lo lascia andare e usa un incantesimo per serrarlo, come se non potesse sopportare un tocco più personale. Distoglie lo sguardo, quando il legno scuro avvolge la memoria tangibile di suo padre.

Hermione non può pretendere di immaginare come si senta, non con due genitori ancora in vita, non se il motivo è un uomo che non ha mai davvero conosciuto, che non ha potuto partecipare al compleanno senza invitati per cui lei è tornata più di tre anni prima, che non ha ricevuto un permesso nemmeno per il loro recente matrimonio. Smarrita nell'ignoranza, regala all'uomo di cui si è innamorata, inaspettata progenie di un mago imperdonabile per la società magica, quanto può: silenzio e conforto e vicinanza. Tiene per sé ogni emozione conflittuale rispetto a un suocero solo sulla carta, scioglierà i nodi quando potrà, da sola.

Stringe il braccio di Draco e si appoggia a lui, che muove il capo per imprimerle un bacio sui capelli.

«Mia madre?»

«È ancora da sua sorella.»

«Aspettiamola di là, non vorrà vedere queste cose, non ancora.»

Narcissa Malfoy ha continuato a risiedere e preservare una dimora che non accoglierà più la famiglia che lei sperava di poter un giorno ricongiungere. È nell'assenza di polvere, ragnatele, petali di fiori secchi o cera di candele consumate; è nel mobilio lustro, nelle cornici splendenti, nei vetri limpidi delle finestre.

Non attendono ospiti nel salone, ma l'unica abitante di quella casa si premura di accertarsi che venga lasciato sempre in perfette condizioni. Draco e Hermione si accomodano al lungo tavolo al centro della stanza, portando due sedie più vicine. Nessuno dei due dedica un'occhiata al punto sul pavimento un tempo macchiato del sangue di Hermione: nessuno dei due lo considera sporco o lurido o guasto, ormai, ma c'è voluto più di un secchio d'acqua e uno straccio. C'è voluta, tra le altre cose, la più oscura delle magie, ma luminosa e trasparente.

«È arrivata questa dal Magiavvocato per te» gli comunica, porgendogli la lettera che ha lasciato lì prima.

Draco ne scorre il contenuto in silenzio, quindi guarda lei. «Non vivremo mai qui» le dice, come in una rassicurazione.

Hermione non manca di rilevare che non ha riflettuto affatto. Gli tocca il dorso della mano con cui tiene la pergamena: è fredda. «È la casa in cui sei cresciuto, in cui i tuoi genitori ti hanno amato» nota nel tono più neutro possibile.

«È anche la casa in cui ti hanno...» Suo marito scuote la testa, incapace di rievocare a parole gli incubi che hanno lasciato nel passato. «Ci resterà mia madre, e noi verremo a trovare lei fino a quando avrò ancora un genitore.» Reprime un singhiozzo. «E poi un giorno... non dovrà rimanere nostra.»

«Sei sicuro?»

Non lo è.

C'è ancora la sua scopa giocattolo nella rimessa nel giardino sul retro, una sciarpa della sua squadra di Quidditch nell'armadio in camera da letto, una foto del suo primo compleanno in un altro salotto più piccolo.

Ci sono le stanze in cui si sono visti, conosciuti.

Draco le mostra un'espressione smarrita.

Hermione gli si avvicina ancora di più. Sussurra: «Dici di desiderare una villa di campagna per i nostri weekend, e io so che pensi a un luogo come questo. Non rinunceremo a vivere nella casa che abbiamo scelto insieme a Londra, ma non dobbiamo gettare via il passato, se non lo vuoi davvero.»

Accenna un sorriso, per lui.

«Il senso è nella memoria, ricordi





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Eccoci arrivati alla fine!
Per ogni amante del lieto fine come me, non era Draco il signor Malfoy alla cui morte si fa riferimento all'inizio della storia.
Spero che questa breve fanfiction vi sia piaciuta. Vi ringrazio per il tempo dedicato alla lettura e per ogni interazione qui su Wattpad.
Possiamo continuare a tenerci in contatto anche su Instagram, dove il mio nickname è __legar__ e dove sicuramente annuncerò ogni futuro progetto di scrittura (tra una chiacchiera e l'altra su letture e serie TV!).
Grazie ancora, di cuore.
Legar

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