21 dicembre

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Entra nella hall dell'hotel infreddolito. Ha un cappellino di lana blu calato sulle orecchie e le nocche rosse perché non ha mai imparato a portare i guanti.

Si guarda attorno con aria circospetta, non che stia facendo qualcosa di sbagliato, ma lo innervosisce comunque pensare che chiunque lo vedrà lì, all'una ormai passata da un po', dedurrà che si trova in quel luogo per incontrare qualcuno. Non che sia un pensiero errato, del resto.

Sospira, guarda distrattamente le decorazioni natalizie che riempiono l'ambiente: un grande albero con palline blu e argentate che svetta nell'angolo alla sua sinistra, lucine un po' ovunque e stelle di Natale posizionate in maniera vagamente casuale.

Si avvicina alla reception, Manuel gli ha inviato un messaggio venti minuti prima per dirgli che si trova già lì. Batte freneticamente le dita sul bancone, nero e lucido, in attesa che la receptionist giunga a registrare i suoi documenti. Arriva dopo qualche minuto, sfoggia un sorriso stentato, probabilmente perché lavorare la vigilia di Natale non è una cosa meravigliosa per nessuno. Accenna un saluto nella sua direzione, tira fuori i documenti e li passa alla ragazza.

«Dovrebbe esserci una stanza prenotata a mio nome» dice piegando un po' gli angoli delle labbra tentando un sorriso. Gli restituisce i documenti qualche minuto dopo aver effettuato la registrazione.

«Stanza cinquantasei» gli comunica con un sorriso di circostanza. «Buon Natale.»

«Buon Natale» biascica in risposta, solleva una mano in segno di saluto e si dirige verso l'ascensore, pigia il numero cinque sul tasterino dopo essere entrato e attende di giungere al piano.

Le porte si aprono dopo qualche minuto, osserva il corridoio mentre si dirige alla porta della camera: ci sono le pareti dipinte di un giallo chiarissimo e delle ghirlande verdi attaccate a ogni porta.

Storce un po' il naso, lui il Natale non l'ha mai sentito in maniera particolare; gli ricorda che da bambino un'aria malinconica riempiva la casa, che sua madre aveva sempre gli occhi lucidi rivolti alla finestra quasi si aspettasse di veder arrivare qualcuno.

Arriva di fronte alla porta con su scritto il numero della propria camera, tentenna un attimo, perché gli sembra un incontro asettico, formale, quando di formale con Manuel non c'è nulla.

Rilascia un po' d'aria in un mezzo sbuffo e bussa sul legno scuro.

Tre colpi. Poi due. Poi ancora uno.

È il loro modo di presentarsi.

Quando la porta si apre una lieve sensazione di calore lo investe.

Che cosa meravigliosa.

Poi è il turno delle luci calde e gialle di cui intravede il bagliore alle spalle di Manuel.

«Finalmente» lo accoglie con il suo tono di voce caldo, lievemente roco.

«Ho fatto tardi» mormora compiendo un passo all'interno della camera. Non si sbagliava sulle luci: un filo è attaccato sul cornicione dell'armadio che occupa la parete, sulla scrivania sono posizionate delle candele rosse e dorate, crede siano addirittura con dei brillantini.

«Quelli dell'hotel lo sanno che hai addobbato la stanza come fosse casa tua?»

Lo sente sbuffare appena. «Già te stai a lamentà?»

«Ed è una canzone natalizia quella che sento?» continua imperterrito, i suoi occhi corrono a Manuel, che richiude la porta di legno scuro alle sue spalle.

«Mi saluti in questo modo?» replica con un mezzo sorriso sulle labbra.

Non lo vede da due mesi, realizza Manuel.

Sette nottiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora