R - Sindrome dell'impostore

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Pubblicazione 02/07/2022

II

« Non è questo l'obiettivo per cui le risorse umane ti hanno spedita fin qui. Ti devo ricordare il richiamo disciplinare del mese scorso? Potresti giocarti il residency comportandoti in questo modo. »

Quella grassona della mia psicoterapeuta mi ammonì con il suo viso tondo e il suo caschetto corvino. Quel taglio di capelli non faceva altro che ingigantirla. La dottoressa Candice Girard era l'incarnazione di tutto ciò che disprezzavo nel genere umano: arroganza e spocchia.

« Ricominciamo daccapo, Renesmee. Perché sei qui? » chiese con voce stridula fischiando aria come una teiera.

« Per il mio evidente burn out, un semplice stress lavoro-correlato. Lo hanno tutti i sanitari prima o poi. » le spiegai facendole notare quanto mi annoiasse essere lì in quel momento.

Dieci minuti e la seduta sarebbe finita.

La mia interlocutrice sorrise togliendosi gli occhiali per pulire le lenti sul suo poncho rosa confetto ricoperto di peli di gatto. Portò le dita sulla sua carpetta ricercando con i polpastrelli qualche parola chiave per poter continuare quell'insulsa seduta. Dopodiché diede dei colpetti sulla carta, spazientita dalle mie risposte.

Era lei che stava mettendo a dura prova la mia pazienza. Se non fossi stata costretta ad essere psicanalizzata, avrei anche potuto mangiarla. Assaggiarla e gustare il sangue da quel collo flaccido, sputando via gli strati di adipe che mi separavano dal muscolo.

« Il mio predecessore ha scritto che hai assaggiato il sangue di un paziente. Prima hai accarezzato la ferita e poi ti sei portata le dita alla bocca. Spiegami se questo rientra nella sua definizione di burn out. »

Ero sicura che anche Candice avrebbe abbandonato il mio caso, cedendolo a un nuovo psicoterapeuta più paziente di lei. Come si chiamava il precedente? Derek, l'uomo baffuto con le orecchie da elefante.

Nove minuti. Leonard mi aveva lasciato una grande passione, quella per il tempo. Perfino il più banale degli orologi, quello analogico posto sulla scrivania, attirava la mia attenzione più di Candice.

Che brutto nome Candice. Ti chiamerò Candy. In fondo assomigli a una grande caramella.

« Per te questo a cosa corrisponde, Candy? » chiesi interrogativa, incrociando gambe e braccia.

« A un trauma. È evidente. Le tue ultime interazioni con il sangue, sono state...? »

« Fisiologiche. Mestruazioni. » la bloccai infastidita.

Candy rispose contrariata spulciando tra i fogli inseriti sulla sua carpetta: « Ti leggo la tua cartella clinica, così puoi rinfrescarti le idee. »

Otto minuti. Gli orologi sono così rassicuranti.

« Anzi, sei un medico. Leggila e dimmi cosa ne pensi. » disse porgendomi il suo scettro del potere.

Diagnosi psichiatrica: nessuna.

Disturbi somatici: tremore essenziale (da stato ansioso), insonnia, astenia.

Nessuna malattia pregressa.

Infortuni ed eventi traumatici: incidente automobilistico, ferita da taglio (?)

Eloquio: forzato, solo in risposta a domande; bloccato, da parte del paziente è presente un rifiuto ostinato a rispondere alle domande. Non collaborante.

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