Mi sveglio in un tumulto di battiti accelerati, la fronte bagnata, il respiro affannato non come se avessi corso per chilometri, no.
Precisamente come quando a fatica esci da un incubo violento che vivi come fosse reale.
Stai vivendo quell'incubo.
Lo stai assaporando.
Lo stai sentendo sulla pelle e non riesci a svegliarti, né a muoverti.
Ad un certo punto ti rendi conto di star sognando ma non riesci a venirne fuori. Nel sogno sei cosciente di sognare e non riuscire a svegliarti : "perché non mi sveglio?" ti chiedi ma nulla cambia e allora la tua migliore amica viene a prenderti e ti serra tra le sue grinfie.
È sempre lei ad avere il controllo della mia vita, dei miei sentimenti, dei miei sogni anche a questo punto.
È lei ad avere l'ultima parola, sempre e solo lei da due anni a questa parte.L'ansia.
Mi volto sulla pancia, allungo le mani sotto al cuscino assaporando il fresco delle lenzuala che non so per quale motivo sotto al cuscino sono sempre più fresche. Apro gli occhi e mi guardo intorno, è buio. Tranne per la serie di mini pisellini bianchi che ho attaccato a cascata sulle pareti accanto al mio letto proprio per i miei risvegli violenti.
Guardo le lucine bianche fino a che devo per forza battere le palpebre. Mi rivolto e spingo via le lenzuola. Mi sento scombussolata, un tir mi ha tramortita. La terapeuta mi consigliava ad ogni seduta di scrivere i miei sogni - incubi - appena sveglia e per un po' l'ho fatto poi ho smesso perché, nonostante scriverlo avrebbe dovuto avere un effetto terapeutico d'analisi e calmante, mi prendeva l'ansia e ne venivo strozzata, così ho smesso.
Affronto gli incubi scrollarndomeli di dosso buttandomi in doccia. Bollente possibilmente.
Ho sognato di essere nuda per strada e di correre senza muovermi in cerca di riparo. Le persone intorno a me mi guardavano allontanandosi ma non aiutandomi ed io continuavo a correre senza riuscire a muovere un passo e a gridare aiuto senza emettere fiato perché una grossa palla di qualcosa mi soffocava e con le dita, per quanto cercassi di toglierla via per respirare e chiedere aiuto, non ci riuscivo. Tiravo fuori della roba somigliante ad una gomma da masticare enorme che non finiva mai. Più ne toglievo e più ne tiravo fuori in preda al panico, alla paura di morire nuda e soffocata da una gomma che si attaccava ai denti, alla lingua e mi cadeva lungo la gola. Arriva poi l'ansia che comincia a serrarmi il petto, nel sogno come nella realtà ma, almeno, mi sveglia.
Vedi un po' se devo ringraziare la mia nemica per avermi svegliata!
Vive dentro la mia vita come una presenza, l'ansia è Lei. L'ansia è per me Ansia. Nome proprio di persona perché è così tanto presente nella mia esistenza da essere viva.
Più viva di quanto lo sia io di certo.Sono le 5 e 15 del mattino.
Fuori comincia ad albeggiare, è appena iniziato Maggio. Un mese che odio o meglio, che ho cominciato ad odiare in un punto preciso della mia vita.
La doccia mi rilassa, ne esco in una nuvola di vapore. Inizia così uno dei miei tantissimi rituali : dopo essermi tamponata con l'asciugamano accendo l'asciuga capelli e mi riscaldo così, nuda come sono ancora. Mi do la crema alla vaniglia nera di Bottega Verde in ogni punto raggiungibile, il suo profumo è dolce, confortante, delicato e duraturo.
Indosso le mutandine e un top sportivo perché andrò in palestra. Prendo l'asciuga capelli e me lo punto addosso: sul collo, sulla pancia, tra i seni , sulla schiena. Spanno il vetro e continuo con dei gargarismi con acqua fresca per sciacquare la bocca da quel brutto sapore impastato lasciatomi dal sognare faticoso. Laverò dopo i denti perché tra poco mi preparerò un cappuccino. Mi aggiusto il viso, basterà del correttore, un po' di combo terra e blush , mascara e del burrocacao. Anche questo, nella mia routine non cambia se non per un tocco di eyeliner ogni tanto quando sono in vena e raramente lo sono.
Mi riscaldo un altro po' con il calore dell'asciuga capelli che più scaldarmi mi rilassa il suono. Fa parte dei rumori bianchi, per i bambini è una ninnananna potente. Mi rilassa, mi toglie via di dosso i residui della notte burrascosa.
Indossati i leggins, maglia e felpa, riordino in bagno e vado in camera da letto dove apro le napoletane, spengo le lucine e tolgo via lenzuola e federe che butto nel cesto dei panni sporchi insieme al pigiama.
In cucina mi preparo una tazza di caffè latte tirando fuori dal frigo la tazza con già il caffè preparato la sera prima fattosi freddo a cui aggiungo del latte perché così piace a me: tanto latte, tanto caffè, amaro e freddo anche d'inverno.
Lo bevo al mio tavolino rotondo in legno, nella mia piccola cucina con un libro in mano. Alzando la gamba in modo da poter mettere il ginocchio sotto al mento.
Leggo qualche pagina della lettura attuale: Le lettere d'amore di Esther Durrant di Kayte Nunn.
Una volta finito lavo la tazza, la poso, prendo il libro e lo infilo nella sacca preparata la sera prima con anche l'occorrente per la seconda doccia sicuramente più veloce e il cambio per la giornata e vado via, dritta in palestra.
Sono appena le 6.
Giusto in tempo per l'apertura.
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L'ultima parola
RomanceCamilla, una maestra dell'infanzia, divorata dall'ansia che cerca di uscire da un disturbo di stress post traumatico a seguito della scomparsa del padre e con una madre affetta da disabilità , si è rinchiusa in un suo mondo fatto di regole, responsa...