Fighting.||Michael.

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Mi alzo dalla sedia mollando a metà l'ultimo esercizio di matematica, scendo al piano inferiore sentendomi chiamare da mia madre e sbuffo quando arrivo in salotto. <<Stavo studiando mamma, sai che devo recuperare>> sbuffo ancora e la guardo notando il suo umore; <<Cosa succede Mamma?>> l'affianco e lei mi guarda con gli occhi pieni di lacrime. <<E' per te>> sussurra porgendomi un telegramma e deglutisco rumorosamente. 'Michael Clifford disperso in battaglia'- leggo con voce tremante, mentre le mie mani strappano il biglietto. <<Non è vero, non può essere>> mi accascio a terra, incapace di piangere o parlare ancora. <<Mi dispiace Alex, mi dispiace così tanto.. Sii fiero di lui e del fatto che si sia sacrificato per il suo paese>> mi posa una mano sulla spalla. <<No>> urlo alzandomi e guardandola. <<Lui è ancora vivo, io.. lo avrei sentito. Se fosse morto, lo avrei saputo dentro di me>> dico frustrata mentre le lacrime mi rigano le guance. <<Tesoro, so che è difficile e che c'è ancora speranza nel tuo cuore ma il telegr->> la interrompo tirando un pugno contro il muro. <<Smettila di dire bugie>> sospiro bruscamente e corro in camera mia sbattendo la porta. <<Michael..>> sussurro sfiorando con le dita le foto scattate insieme, attaccate alla parete della mia camera, e piangendo silenziosamente.


Esattamente un mese dopo mi ritrovo seduta nella sala di attesa di uno studio medico, con mia madre disperata al mio fianco. Crede che sia entrata in depressione e non parli più con nessuno, un prototipo di pazzia insomma. Ma non è affatto così, sto cercando di dimostrare a tutti di essere forte quando dentro sono vuota e distrutta, col cuore sepolto dalle macerie che temevo prima o poi sarebbero arrivate a schiacciarmi. <<Alex Green>> sento chiamarmi e con assenza mi alzo, entrando nella sala dove mi avrebbero visitata. Dopo una manciata di minuti pieni di domande senza risposte, il dottore mi guarda e sospira alzandosi dalla sedia. Rimango immobile osservandomi intorno, come faccio da un mese a questa parte. <<Ok Alex, sei letteralmente diventata una ragazza da parete.>> si risiede con un libro tra le mani. Lo fisso chiedendomi cosa potrebbe essere, a primo impatto sembra un libro raffinato con la copertina nera in pelle. <<Ma sopprimere le emozioni e tenersi tutto per sè, nuoce alla tua salute. Quindi, immagino che mandarti da uno psicologo non serva a nulla. Tieni questo>> mi porge il libro e lo inizio a sfogliare trovando solo una marea di pagine bianche. <<Puoi scrivere tutto ciò che vuoi lì dentro, anche cose stupide. Ma liberati, svuotati>> mi guarda serio e mi scappa da ridere. Sono già vuota, vorrei rispondergli ma lascio perdere e mi alzo indossando la giacca e posando dei soldi sul banco per la visita. Lo sento sospirare ed augurarmi una buona giornata, che tanto buona non sarà.


Una settimana dopo mi ritrovo sul mio letto a fissare il vuoto, mia madre mi rimprovera sempre più spesso. Mi dispiace farla dannare, ma questa sono io ora e deve accettare i cambiamenti; che, piaccia o no, avvengono per tutti. Mi alzo e sistemo il letto, sono pronta ad accendere il computer ma l'occhio mi cade sul libro con la copertina di pelle che il dottore mi ha regalato. Non l'ho mai aperto, pensando fosse una cosa inutile ma in questo momento mi sembra un modo per potermi avvicinare a Michael, di cui ancora non si hanno notizie. Mi siedo sul davanzale della finestra e apro quel diario, con la penna tra le mie mani tremanti.

Entrata numero uno:

Caro Mikey,

Sai che non sono mai stata una persona sensibile o forte, mi sono sempre mostrata la dura della situazione ma ora..Non ci riesco, come faccio a tornare a camminare se la mia forza è dispersa? Sono arrabbiata, perchè nessuno mi crede, nessuno crede che io sappia che tu sia ancora in vita. Lo so che sei salvo, quindi esci perchè ti sto aspettando. E non importa se sarà tra settimane,mesi o anni; sono sempre qui nella mia camera ad aspettarti. Non mi stancherò mai di farlo, nonostante gli altri cerchino sempre di farmi voltare pagina ma l'unica pagina che volterò sarà quella di questo diario per poter continuare a scriverti e magari starti vicino. Non sei qui fisicamente, ma ti sento. Mi chiedi aiuto, vero? Ma così mi rendi impotente perchè se fosse per me, sarei già lì a prenderti e salvarti dalla guerra. Mi avevi promesso che saresti tornato, possibilmente più fortificato di prima, ed infatti ti sto aspettando. Ma questa distanza, questo tempo che scorre lentamente mi sta uccidendo dentro. Mi sento vuota, perchè ti sento vicino ma costantemente lontano. Ma ti ripeto che so, che sei vivo e tornerai da me. Suonerai quel maledetto campanello e ti stringerò fino a far mancare il respiro ad entrambi. Michael, ho bisogno di te.

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