Come mia madre mai! Come mia madre no!
Io non sono sola.
Io e la mia creatura non saremo mai sole. Ho Babbo Carlo. Ho Mamma Marta. Non sono sola.
La mano mi tocca. Mi accarezza. E la pancia smette di colpo di pulsare impazzita. I morsi si fermano. Non sento più graffiare, raschiare e scavare nella carne. Lì sotto, mi sembra quasi di sentire il respiro. Se faccio attenzione, in un attimo, sento i battiti del cuore miei. E quelli più leggeri della mia piccolina. Le dita: sento le dita ossute della vecchia che corrono sulla pancia. Da sopra a sotto e poi al centro. E poi da destra a sinistra. Una croce. E ogni movimento, il verso di quella litania che le scivola dalle labbra senza che si muovano.
- Hveh Ih Na, Santa Bina vieni qua...
Basta... Vorrei urlarlo ma la voce non vuole saperne di venire fuori. Basta. Tremo. Tremo forte e tutto attorno mi sembra girare. Tremo. E quell'ombra si fa sempre più densa. E la luce della porta sempre più lontana. E sempre più piccola, come se la porta si stesse stringendo.
Basta.
Vorrei solo che quelle dita la smettessero di disegnare croci sul mio maglione, in fondo, sulla mia pelle. Ma non ho la forza di parlare. Quasi non ho nemmeno la forza di respirare. Sento mani ossute e forti, come quelle della strega in quella bara, che mi afferrano dalle spalle e mi scuotono. Mi scuotono con tutta la forza del mondo, con tutta a forza del cielo...
E intorno di colpo non c'è che buio. Buio denso e fitto. Buio che ti affoga, che ti entra nelle narici, nella bocca, fino nelle orecchie. E ti cola giù...
E soffoca.
E non mi sembra di essere più niente. E sento solo freddo. E quella voce, come una ninna nanna, a cullare il solo battito che sento ancora: quello del cuore della mia creatura. Sempre più flebile, sempre più debole, sempre più solo.
Hveh Ih Na, Santa Bina vieni qua... Hveh Ih Na, Santa Bina vieni qua... Hveh Ih Na, Santa Bina vieni qua...
E nella luce in cui mi risveglio, seduta alla sedia appoggiata tra tante lungo la parete della sala del commiato, la figura che ho di fronte non è quella della vecchia prefica. Di fronte ho un signore con una uniforme scura e cucita sul taschino della giacca la sigla delle onoranze funebri ed il logo dell'agenzia.
- Signorina Varesi... Signorina Varesi... Benedetta...
- Scusi...
Non so nemmeno di cosa mi stia scusando. Di essermi appisolata? Di aver sognato? Di aver vissuto qualcosa che non so nemmeno cosa sia, dove sia, quando sia stata?
– Signorina, se vuole possiamo procedere. Il direttore della clinica ha dato il benestare alla cremazione.
Annuisco appena. Cerco la borsa, gli occhiali che non trovo perché ho dimenticato in macchina, il telefonino – Babbo Carlo mi ha chiamato, giusto?
Mi alzo.
Faccio qualche passo verso la porta, sotto gli occhi straniti di quel beccamorto che si chiede perché non vada a salutare la bara e la vecchia strega di mia madre. Sono quasi fuori quando le mani, d'istinto, tornano sulla pancia. Tornano ad accarezzare la mia creatura, a rassicurare quei piedini che sono tornati a muoversi come sempre.
- Signorina, non mi ha dato disposizione per le ceneri.
Vorrei solo dirgli che non so cosa farmene, delle quattro ossa bruciate a polvere di quella strega. Vorrei solo dirgli che può buttarle al cesso, spargerle sulla tomba di chi vuole, oppure lasciarle lì nel crematorio, a spandersi dimenticate in mezzo alle ceneri di chissà quanti altri.
Invece, mentre sto per dirlo, sento qualcosa di diverso, di nuovo, nella pancia. E una voce, la mia, che senza nemmeno volerlo, ripete quelle parole... Hveh Ih Na, Santa Bina vieni qua.
Adesso s'è fatto silenzio.
Sento i piedini della mia bimba che si fermano. Sento il respiro della mia creatura che si fa piccolo piccolo... come se aspettasse di sentire se ho davvero il coraggio di dirlo. Sento le sue manine, ognuna delle sue dita, premere contro il sacco, toccare la placenta e provare a scavarci contro. Come se fossero piccoli artigli che vogliono imparare a graffiare. Artigli che mollano quella presa acida solo quando mi scopro a rispondere senza volere.
- Vorrei tenerle, la prego... Anche solo un pungo in un sacchetto andrà bene.
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Il respiro della cenere - Archology 0.003
HorrorBenedetta non ha mai amato sua madre. Oggi è chiamata ad accompagnare i suoi resti nell'ultimo viaggio, fino al crematorio. Ogni elaborazione di un lutto è una esperienza difficile. Quando assieme a quel dolore si aggiunge poi il dover fare i conti...