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Il sapore del caffè delle macchinette era, come sempre, una delle cose più sgradevoli che potesse assaggiare: perché allora si ostinasse a continuare a prenderlo lì, avrebbe dovuto chiederlo ad un bravo psichiatra.

Fece una smorfia verso il bicchierino pieno per metà di quel liquido scuro che bevve tutto d'un sorso come una medicina sgradevole, poi lo gettò nell'immondizia.

"Wow, Signor Imperatore! Non mi aspettavo di trovarla in luoghi frequentati dalla plebaglia"

Quel risolino bastò per fargli capire chi avesse osato rivolgergli la parola di prima mattina senza nemmeno alzare lo sguardo. Strinse i denti e gli rivolse un'occhiata scocciata: "Saez".

"L'Imperatore conosce il mio nome? Che onore!"

"Tu non conosci il mio, a quanto pare..."

"Non le piace il titolo di Imperatore?" Ridacchiò.

Alessandro lo squardò dalla testa ai piedi e le immagini che aveva visto qualche giorno prima si sovrapposero alla figura elegante del ragazzo. Il ricordo gli fece fluire troppo sangue alle guance, ma gli diede anche l'idea per una vendetta.

"Preferisco il mio nome"

"Mh...peccato" storse la bocca fingendosi dispiaciuto.

"Per quanto riguarda te..." fece qualche passo verso di lui, si guardò intorno per assicurarsi di non avere occhi indiscreti puntati addosso e sussurrò: "Non trovi questo lavoro poco eccitante rispetto alla tua ultima esperienza?"

Al contrario di quanto avesse immaginato, però, il ragazzo non si scompose: anzi, rise. Di nuovo: "Beh, in realtà ho deciso di cambiare proprio perché era troppo eccitante. Mi distraevo molto facilmente e facevo troppe pause, se capisce cosa intendo..."

Alessandro sbattè velocemente le palpebre, confuso. Poi capì e boccheggió in cerca di aria e parole che non trovò; allora chiuse la bocca, arrendendosi al rossore che immaginava si stesse facendo spazio sul suo volto per l'ennesima volta in pochi minuti.

"Oh! L'ho imbarazzata?" Chiese in un ghigno sadico.

L'uomo prese un respiro più profondo e si schiarì la gola "Mi auguro tu non ti distragga anche qui, allora. Vado a lavorare, fa' lo stesso" e si voltò, dirigendosi verso l'uscita della mensa a testa bassa.

Sapeva di avere ancora i suoi occhi puntati addosso, li sentiva bruciare sulla schiena e immaginava l'espressione che quel ragazzino doveva aver assunto. Soddisfatta per la vittoria e divertita dalla sua reazione.

Salutò con un cenno della testa Noemi già pronta a correre da un lato all'altro del corridoio e si diresse verso il suo ufficio senza trovare abbastanza coraggio da sollevare lo sguardo dal pavimento. Si appoggiò alla porta, chiudendosela alle spalle e sospirò, per poi sobbalzare nel notare la presenza di Pietro.

"In ritardo di un minuto e mezzo rispetto al solito. Hai avuto qualche incontro interessante?"

"Buongiorno anche a te" borbottò, "Che ci fai qui?"

"Dopodomani arriverà quel cliente di cui ti parlavo..."

"Mh"

"Sarebbe carino se ci fossi anche tu"

"No"

"Alessandro!" Sbuffò Pietro allargando le braccia in uno dei suoi gesti plateali che Alessandro non sopportava.

"Te la caverai meglio da solo" rispose irritato.

"Almeno verrai a festeggiare quando accetterà di lavorare con noi?"

"Prima dovreste convincerlo, poi potrete pensare alle feste. E, comunque: assolutamente no"

"Ma sei un cazzo di vecchio!" Ringhiò battendo un pugno sulla sua scrivania. "Non è possibile che tu non abbia uno straccio di vita sociale oltre le serate-pizza con le due pulci!"

"Non chiamare pulci i miei figli" sbottò "E non sono affari tuoi".

"Io organizzerò una festa qui e tu ci verrai. Punto. Devi conoscere le persone che lavorano per te e iniziare a vivere un po' come un essere umano"

"Ah, e come vivrei adesso io?"

"Solo da padre. Una noia!"

"Ah scusa se ho generato una prole...la prossima volta gli dirò di tornare in un ovulo così da prendermi una pausa dall'essere padre, ok?"

"Non intendevo...È che tu non fai altro! L'ultima birra con me l'avrai bevuta quando? Al mio compleanno? Era ad agosto, Alessà! E ora siamo a marzo!" Si alzò in piedi e gli posò una mano sulla spalla "Sei tu che ti imponi questo stile di vita di merda, inutilmente. Dopodomani parteciperai a quella festa e ti divertirai" concluse.

Pietro aveva ragione. Eppure lui non lo pensava affatto come a un problema.

Che fosse padre era un dato di fatto e non poteva cambiarlo. Tra l'altro, quel ruolo gli piaceva, e non solo perché amava i suoi figli: lavorare per loro lo soddisfava decisamente di più di compilare fascicoli e inviare email.

Sapere di doversi occupare di un'altra vita, anzi altre due, dava un senso alla sua.

"Ah, hai già visto i due stagisti? Sono in gamba, pieni di voglia di fare"

"Gli passerà"

"Eccheccazzo" buttò gli occhi all'indietro sbuffando.

"Beh, hai preso una ragazzetta appena laureata, senza uno straccio di esperienza in questo campo, e uno che montava video porno"

"Quindi leggi davvero i curriculum che ti invio?" Aggrottò le ciglia, poi scosse la testa "Non ha importanza. Hanno carattere e sanno quello che fanno. Ti piacerebbero"

"Oh, si, sicuro" disse ironicamente. Pensò allo spagnolo e alla breve conversazione di quella mattina e deglutì. Era solo uno sfacciato senza alcun rispetto per l'autorità, come tutti i ragazzini. Non aveva niente in comune con quelli come lui.

Ne aveva visti di novellini, allegri e sognatori, convinti che quel mondo aspettasse solo loro, la loro creatività, le loro idee...Poi, quando si accorgevano che non importava proprio a nessuno dei loro lampi di genio...qualcuno si adeguava alla realtà, molti di più scappavano via a gambe levate.

NATALE IN UFFICIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora