Xander, Ariete.
Percepisco il mio corpo rigido come un pezzo di legno. Sono sdraiato su una distesa di erba rigogliosa, sembra quasi non finire mai. Ogni tanto, tra i ciuffi d'erba, sbucano dei fiori dal colore aranciato, qualche sfumatura gialla ad accompagnare il colorito, e dei lunghi pistilli al loro interno. I petali sono aperti e soffici. Alzo lo sguardo al cielo, ed è come se tutto il resto sia scomparso: celeste, limpido, pacifico.
D'un tratto, una voce.
Candida, dolce, soave, melodiosa... Un suono appena percepibile, ma che mi fa voltare la testa di scatto verso la provenienza di esso. «Prenditene cura.»
Lo descriverei come il canto di una sirena, se io fossi marinaio.
Ma non lo sono, e posso solo immaginare il suono di quelle creature maestose. E se mi chiedessero di ipotizzarlo, la mia mente riprodurebbe questa voce a ripetizione, come un disco rotto. «Ti prego, prenditene cura.»
Osservo la donna comparsa alle mie spalle, che continua a ripetere queste parole come una cantilena. Una lunga cascata di capelli ramati le avvolge le spalle, fungendo quasi da scudo protettore. Il color smeraldo di cui sono dipinti i suoi occhi sono ipnotici, e il lungo vestito candido e bianco è la pennellata finale che dona un aspetto angelico a questa donna. L'età mi è incompresa, indeterminata, come se avesse smesso di crescere; come se non invecchiasse mai. Forse ha trent'anni, forse qualche anno in meno.
Mi impongo di mantenere la calma, di non produrre alcun suono, di non provocare alcun movimento sospetto e che possa ritorcersi contro di me. Potrebbe sentirsi minacciata e fare qualcosa di violento, imprevedibile.
D'improvviso mi affianca, e un odore fruttato mi avvolge. «Alexander, perfavore. Fa' quello che ti sto chiedendo.» il tono di voce è meno disperato rispetto a quello utilizzato precedentemente, meno supplichevole.
«Devi svegliarti.» stavolta il tono cambia drasticamente, diventa quasi minaccioso. Non mi guarda in faccia, però.
«Cosa? Che vuol dire?» sono le uniche parole che riesco a pronunciare, la voce flebile e la gola secca.
«Svegliati, svegliati!» mi afferra di getto per le spalle, mi scuote – cercando pur sempre di non provocarmi dolore. «Porca troia. Adesso ti butto giù e non rispondo delle mie azioni.»
Il mio viso si contrae in un cipiglio confuso, nonostante ciò non mi sento minacciato. Mi sento solo disorientato.
«Halleluja!» la voce di Dahlia mi giunge alle orecchie come un lamento esasperato. «Diana aveva proposto di colpirti.»
Impiego qualche secondo per capire la situazione: sono seduto, quasi semi-sdraiato, su una panchina a dir poco scomoda. Di fronte a me, a pochi centimetri di distanza, c'è il piccolo viso tondo di Dahlia, la quale mi fissa guardinga: «Tutto bene? Sembri turbato.»
A poca distanza da lei, Diana. Mi fissa con uno sguardo a metà strada tra l'annoiato e il divertito. Scruto attentamente il territorio circostante, deducendo che siamo in un semplice parco poco affollato.
Mi sono addormentato, chissà quanto tempo è trascorso.«Ma ch-» osservo il tatuaggio che simboleggia l'appartenenza a questo gioco, avvertendo un leggero bruciore su di esso e capendo immediatamente cosa sta per succedere. «È morto qualcuno.» pronuncio atono. Un concorrente in meno che gareggia per la vittoria. Le possibilità di portarmi a casa il montepremi sono appena aumentate, anche se di poco.
«Meglio per noi.» afferma Diana, dando voce ai miei pensieri, ricevendo però una lieve gomitata sullo stomaco da parte di Dahlia.
«Egoista.» soffia tra le labbra quest'ultima, utilizzando però un tono ironico.
STAI LEGGENDO
OFIUCO - Il Segno Dimenticato
FantasyTic Tac. Tic Tac. Ferma il tempo, perché ho la sensazione che mi spareranno.