Capitolo 2

54 4 0
                                    

Era passata quasi una settimana dall'inizio dell'anno. La mia compagna di stanza tutto sommato non era male. Si chiamava Lucy e, purtroppo per me, amava cantare. Ma sembrava quasi simpatica. Le lezioni procedevano bene, e, iniziavo a farmi degli amici: Blaise, Pansy, Draco e... Bhe ecco diciamo che... Non saprei definire il rapporto tra me e Mattheo. Ci parlavamo, e stavamo insieme quando c'erano gli altri ma definirlo amico mi sembrava un pò esagerato.
Avevo lezione di pozioni con il professore Piton, così mi diressi in classe e, poichè ancora era praticamente deserta, mi sistemai in terza fila e tirai fuori il mio libro: It Ends With Us. Mi ricordava i miei genitori. Ma, stranamente, non avevo voglia di leggere, così mi guardai intorno. Mi soffermai prima sul vecchio calderone del professore, poggiato sulla cattedra, poi sugli scaffali pieni di fiale colorate, quando sentii lo porta scricchiolare ed entrò uno studente. Poi un altro e un altro ancora. Metà classe era arrivata quando vidi Mattheo entrare e camminare con passo deciso verso l'ultimo banco. Stavo per dire un semplice "ciao", ma qualcosa mi ha bloccata. Il suo sguardo. Mentre camminava, si è voltato leggermente verso di me e giuro di non aver mi ricevuto uno sguardo come quello.
Quei brillanti occhi color nocciola, mi scrutarono, come se mi stessero leggendo dentro. Mi sentii come indifesa. Priva di barriere. Come se, quello sguardo, le avesse agnentate tutte e avesse, in quel millesimo di secondo sentito tutte le mie emozioni e i miei pensieri. Quel semplice sguardo. Sbattei le palpebre e lui era già seduto nel banco in fondo.
Sentivo come se una minuscola, piccolissima ed apparentemente insignificante parte di me, stesse sperando che mi si fosse seduto accanto. Ma non volli ammetterlo. Mi costrinsi a seguire la lezione.
La lezione dopo era di difesa delle arti oscure. Avevamo una pausa di dieci minuti, così mi appoggia al muro del corridoio per leggere, ma non feci in tempo a tirare fuori il mio libro che una voce mi chiamò "Signorina Silver, c'è una chiamata dal telefono delle emergenze per lei, è sua sorella minore" disse il professori Piton.
Mi sentii mancare. Cazzo. Lo so. So che si tratta di quello stronzo di mio padre. Corsi al telefono e sollevai la cornetta "Pronto?" Chiesi nel panico "Y/n!" Disse mia sorella tra le lacrime. "Ehi Rylee che succede? Questo è il telefono per le emergenze" "Y/n... S-sento la mamma e i-il papà che u-urlano, di nuovo. Papà ha bevuto e-e sento che lancia degli oggetti! Sento la mamma che grida e ho tanta paura!" Spiegò mia sorella tra i singhiozzi. "Tesoro, calmati, ascolta, dove sei?"
"In camera" mi rispose
"Non uscire. Non uscire per nessuna ragione ok?"
"M-ma la mamma?" Chiese mia sorella piangendo. Non sapevo cosa risponderle.
"Tu non uscire" dissi, con voce rotta, sull'orlo del pianto.
"Sorellona non sento più nulla" "Sorellona"
"Sorellona ho paura" continuava a ripetere.
"Shhh sta tranquilla, io rimango al telefono con te"
"Credo che se ne sia andato, ho sentito s-sbattare la porta di ingresso. Posso scendere a vedere come sta la mamma?"
Cosa avrei dovuto dirle? No perchè se fosse morta o in condizioni gravi non vorrei che la vedessi così? E poi io non sono a casa se fosse in condizioni gravi sarebbe l'unica che potrebbe chiamare il pronto soccorso.
"V-va bene"
La sentii scendere e poi chiamare mia madre. "Portala immediatamente al pronto soccorso" dissi. "Mamma la sorellona dice che dobbiamo andare in ospedale".
"Dammi il telefono" sentii dire a mia madre "Y/n sto bene non preoccuparti" disse "No! Lo so che non è vero come tutte le volte! Tu non-" poi rittaccò. Scoppiai a piangere cazzo. Mente piangevo sbattevo la cornetta del telefono come se dovessi riattaccare in continuazione e ripetevo "No tu non stai bene". Non riuscivo a respirare. Mi sentivo impotente. Mi maledicevo, mi maledicevo per non essere abbastanza forte da proteggere mia madre e mia sorella da quel tossico di mio padre. Mi sentivo debole, debole per non avere la forza di costringere mia madre a chiamare la polizia, perchè sapevo che lo amava. E, anche se non volevo ammetterlo, per quanto detestassi mio padre, per quanto orribile fosse, mi detestavo per non avere la forza di chiamare io la polizia e di farlo arrestare. Per quanto lo detestassi, era pur sempre mio padre, anche se non lo vedevo più come tale da molto tempo, lui mi aveva cresciuta, o meglio, ci aveva provato. Perciò non ce la facevo. La classica frase: "Lo detesto come persona, ma gli voglio bene come figlia". Quel poco bene che bastava per impedirmi di comporre un semplice numero al telefono.

Sentii una voce alle mia spalle "Ehi ehi ehi" ma la ingnorai ed appoggiai la testa al muro continuando a singhiozzare.
"Ehi" sentii un tocco dolce e caldo sulla spalla sinistra che mi costrinse a voltarmi. I suoi occhi nocciola mi guardarono preoccupati. Appoggiai la fronte sul suo petto e continuai a piangere. Mi appoggiò una mano sulla schiena, "Chi era? È tutto apposto?" Chiese con voce rassicurante.
Mi limitai a fare cenno di no con la testa. "Vieni, ti porto in un posto" disse prendendomi per il polso. Le lezioni erano già iniziate, ma non mi importava. Mattheo Riddle mi stava portando non so dove e lo conoscevo neanche da una settimana, ma non me ne importava. Non mi importava di nulla al di fuori di mia madre. Fa sempre così, dice che va tutto bene, che non le fa male, ma non è mai vero nulla.
Quando ero a casa, la costringevo io ad andare al pronto soccorso, ma... adesso io non sono a casa e non posso fare più nulla.
Ero troppo impegnata a pensare per rendermi conto di dove mi stesse portando. Solo quando ci fermammo, mi resi conto di essere in una torre. C'erano poche finestre, tutte circondate da sbarre di bronzo. Era la Torre di Astronomia. "Io vengo qui quando... Qualcosa mi preoccupa e non voglio parlarne. E considerando che io non voglio mai parlarne posso dire che ci vengo ogni volta che qualcosa mi preoccupa. È un ottimo posto per pensare" disse accendendosi uno spinello.
Mi sedetti accanto a lui sul pavimento ed appoggiai la schiena al muro. "Posso?" chiesi indicando la canna. Me la porse e feci un tiro, iniziando subito a tossire. Lo feci un altro e continuammo così per un pò passandoci la canna, finchè lui non disse:"Così... chi era al telefono?"
"Mia sorella minore"
"E perchè piangevi?" Chiese ancora.
"Per colpa di quello stronzo di mio padre" feci una pausa.
"Ha di nuovo picchiato mia madre".
Stette in silenzio per qualche secondo, guardandomi, come se cercasse di capire l'emozione che mi dominasse di più in quel momento.
"Si, hai ragione... È proprio uno stronzo".
Rimanemmo in silenzio per un tempo che sembrava un eternità.
Gli stessi pensieri continuarono a frullarmi per la testa, ma erano sempre meno coerenti per via della canna.
"Grazie" dissi facendo un altro tiro, prima di perdere completamente la lucidità.
"Di cosa?" chiese. Mi persi per qualche istante nei suoi occhi prima di rispondere. "Per avermi portato qui, avevi ragione, questo posto è perfetto per pensare".
Mi guardò, quasi non si aspettasse quella reazione da parte mia. Mi fissò per qualche istante, con la bocca leggermente aperta per parlare, poi distolse lo sguardo e disse "Non c'è di che".

Spazio autrice:
Ciao a tutti! Spero che la storia vi stia piacendo, se si lasciate una stellina e commentate!

~Un Semplice Sguardo Può Mandarti In Tilt Il Cervello~ Mattheo Riddle x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora