Due bianche stelle che mi scrutavano l'anima

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La sera dopo ci incontrammo nella biblioteca. Io ero angosciato, e facevo bene, il mio corpo mostrava riluttanza ad affrontare quell'essere, era tutto il giorno che mi sentivo fisicamente male, non ero nel pieno delle mie forze, ma non volevo che l'Osservatore passasse una sola notte in più sulla Terra per quello che mi ha fatto e che avrebbe fatto ad altri. Veronica arrivò con un pezzo di legno con avvolto il lenzuolo del suo letto. Anche lei voleva farla finita; glielo leggevo nei suoi occhi ribollenti di odio. Penso che lei volesse salvare i suoi pazienti da quell'infausto destino.

In biblioteca chiedemmo se fosse possibile accedere alla torre, ma ce lo impedirono e a quel punto vidi una parte di Veronica che aveva sempre represso con tutta se stessa. Prese una sedia e con forza la distrusse sul portone per accedere al campanile sfondando anch'esso.

– Cosa ti prende! – le gridai interdetto.

– Lascia stare, andiamo prima che vengano a controllare. – disse in una maniera piuttosto calma nonostante la sua faccia che faceva pensare a tutt'altro.

Salivo le scale con una tensione in corpo che mi fa rabbrividire ogni volta che ci penso. Passo dopo passo scalavo quella vecchia e decrepita torre, sembrava di salire un'infinità di scale, come se ci fossimo trovati in un quadro surreale fatto solo di gradini. Non mi sembrava di vedere una fine, vedevo solo una spirale che, ad oggi, so che mi avrebbe condotto a questo punto della mia vita dove io racconto queste cose a te e tu mi ascolti. Più ci avvicinavamo più facevamo attenzione ad ogni nostro passo fin quando salendo le scale, sempre più marce e deperite, non incappammo nell'inevitabile. Il profondo silenzio che ci circondava ad un passo dall'arrivo alla cima venne interrotto dal suono scricchiolante del legno. Dopo lo straziante suono ricadde il silenzio, anche se il gelo si avvicinava sempre più violentemente. Io e Veronica rimanemmo assolutamente muti, rimanemmo in apnea, tacemmo anche il rumore del nostro battito, la tensione era alle stelle e io ebbi il coraggio di alzare lo sguardo. Vedevo il soffitto del campanile dove in precedenza erano appese le campane e vedevo due bianche stelle... due bianche stelle che mi scrutavano l'anima...due bianche stelle che pervadevano la mia anima e la scandagliavano nei meandri più nascosti del mio subconscio. Vedeva ciò che io avevo represso nel profondo della mia mente, così a fondo che neanche io ero in grado di vedere oltre quella coltre di rovi che mi tenevano al sicuro da un passato tumultuoso. Ricordo perfettamente ciò che vidi quella sera, o meglio, ciò che vissi quella sera nei dedali della mia ragione che pian piano sfumava. Mi risvegliai da quella trance da cui venni colpito. Mi sentivo smontato della mia persona, avevo perso il contatto con la realtà, ma tenni duro. Non vedevo più Veronica o l'Essere e quindi salii rapidamente l'ultima parte di scalini che mi separava dalla cima. Arrivato su vidi l'orrore. L'Osservatore stava giocherellando con l'anima di Veronica. Percepivo che ne stesse traendo nutrimento e che se ne stesse annebbiando. Nonostante non fosse umano percepivo la sua ingordigia mentre consumava il senno di Veronica la quale impotente stava in posizione fetale piangendo e singhiozzando. Estrassi l'arma e premei il grilletto. Il colpo prese il bersaglio di striscio evitando Veronica di poco. La sua essenza fumosa si aprì per lasciarsi trapassare dal proiettile senza arrecargli alcun danno. Così puntò le stelle nuovamente su di me e ricaddi in quel sentimento di angoscia che attanagliava le mie membra consumate. Non so cosa accadde in quel frangente di tempo in cui io ero sconnesso dalla realtà, ma mi ritrovai di nuovo per le scale con l'Osservatore che puntava ancora Veronica ormai svenuta per lo sforzo. Guardai il fondo delle scale mentre la prendevo a stento sulle spalle. In fondo stava ribollendo l'inferno e con un'occhiata più attenta notai che le mani di Veronica erano gravemente ustionate. Corsi giù reggendomi a stento sulle mie gambe che ad ogni passo sentivo più vicine a spezzarsi sotto il peso della fatica. Arrivato in fondo sfidai la morte faccia a faccia, da una parte il Divoratore, e dall'altra le fiamme Dantesche che avvolgevano il legno di cui era fatta la biblioteca. In un gesto disperato spinsi il corpo di Veronica fuori da una finestra con le ultime forze che pervadevano il mio corpo e mi inginocchiai. Guardavo dritto negli occhi quel mostro che ha ridotto la mia vita in un cumulo di cenere avvicinarsi sempre di più. Sentivo il sudore e le lacrime scorrere sul viso per poi evaporare per il caldo. Ad un certo punto l'avanzata si fermò e io sorrisi:

– Che c'è?! Non ti avvicini più di così?! – gridai fuori di senno. –Hai paura!!?? –.

A quel punto calò il buio e sentii le mie terminali forze abbandonare ciò che restava del mio corpo che pian piano iniziò ad ardere in quell'inferno sceso sulla Terra. Percepivo le mie carni dilaniate dalle fiamme, incapace di reagire, ma capace di provare dolore. Non so chi mi abbia salvato da morte certa, ma non so cosa gli sia passato per la mente quando ha pensato di salvare un uomo che stava bruciando. Quando ha deciso che mi sarei potuto riprendere e continuare a vivere una vita normale.

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