La nostra storia é un intreccio di avvenimenti. Inizia molti anni fa, quando eravamo piccoli e innocenti e non sapevamo cosa la vita avesse in serbo per noi. Ma infondo chi lo sa? La vita é davvero imprevedibile.
Da bambini non pensavamo al domani, ignari di tutto vivevamo le nostre vite come se nulla fosse. Come se il nostro destino non fosse in realtà già scritto. E ci andava bene così, ignari di tutto. É la magia della vita. Non sai mai cosa accadrà. Non ti avverte nessuno, non c'è nessuno che ti indirizza la retta via da prendere, e sfortunatamente, il destino non puoi evitarlo.Luglio, faceva un caldo bestiale, così tanto che il ventilatore sembrava tirare aria infuocata e il sudore lo sentivamo scendere a goccioloni, era lo stesso tutti gli anni, si sentiva proprio l'odore acre dell'estate, puzzo di sudore grondante dalle maglie dei passanti e l'inconfondibile odore di anguria fresca che invadeva il mio quartiere tutte le estati. Il nostro piccolo quartiere in un buco della Sicilia, veniva chiamato ''Il Pozzo'', ormai tutti lo chiamavano così ma non sapevo il reale nome di quel luogo, mia mamma non me l'aveva mai detto e forse neanche lei lo sapeva. A dodici anni non mi importava nulla di sapere come si chiamasse questo stupido luogo, sapevo solo per certo che me ne sarei andata presto. <<Angee>> sentì mia madre chiamarmi da sotto il balcone, teneva una fracca di roba in mano, tra spesa e altra roba. Mi fece un gesto con la mano per intimarmi di scendere per aiutarla, e io anche se controvoglia andai da lei e le diedi una mano. Le buste erano così pesanti che quasi mi staccai un braccio. <<Eddai Angiolina sei una pappamolle>> mi urlò Michele, è il mio vicino da una vita, ha un anno in più di me ma è più basso di me, capelli neri corvino e occhi taglienti che sembrava un corvo, ma gli volevo bene come un fratello <<Piantala, non sono pappamolle, e poi mi chiamo Angelica>> mi chiama Angiolina dai tempi dell'asilo, quando un mio compagno sbagliò a scrivere il mio nome, e da allora è diventata una vera condanna, lo trovava divertente tanto che da allora non si è più tolto dalla testa quel nome. Caricai nuovamente la busta sulla spalla, mentre mia madre parlava con la madre di Michele, che in realtà non è la sua vera madre, è una tizia che lo ha preso in affido tempo fa, quando sua madre è morta, ma sono sicura che non sappia neanche quanti anni abbia Michele, l'ho sempre odiata, aveva quello sguardo da serpe che mi faceva rabbrividire. Michele ridacchiò vedendo che la busta di spesa mi scivola dalla spalla e io gli faccio una linguaccia, lui continuò a ridere e tornò dentro casa ridendo e a crepapelle. Era così lui, rideva per tutto, in effetti è questo che lo distingueva dalla gente normale, perchè lui, infondo di normale non aveva un tubo.
La scuola è finita da poco più di un mese e mia madre mi stressava per i compiti da completare, ero intelligente, mi diceva, ma non studiavo e non mi applicavo quindi non sfruttavo questa mia dote, mia madre si aspettava che fossi diventata un dottore o qualcosa del genere, un avvocato o commercialista, non si aspettava di certo che non finissi neanche le scuole medie e il futuro che mi aspettava non era tanto più fiorito del suo, non c'era niente di fiorito vivendo qui, tutto era cupo, e vivere al Pozzo significava avere una vita cupa, spenta e noiosa, come quella di mia madre, che mi aveva avuta all'età di trentaquattro anni, troppo tardi per la norma, in genere qui una donna rimaneva gravida prima dei venti, avere un figlio dopo i venticinque era come andare fuori dalle regole, eh beh di questo a mia madre dovevo dare atto, è stata trasgressiva in quel senso, si sa, prendersi cura di una bambina da sola, a quell'età non era mica scontato, un altra mi avrebbe buttato nel bidone dell'immondizia in mezzo alle siringhe usate degli eroinomani, e magari sarei morta li di stenti. So per certo che nessuno si sarebbe curato di me. A volte mia madre mi parlava di mio padre, diceva che io e mio fratello Giacomo, tre anni più grande di me, eravamo la sua copia, biondi, pelle diafana e occhi verdognoli, la gente diceva che non sembravamo neanche italiani, al contrario di mia madre, con la pelle olivastra e gli occhi scuri come la pece, eravamo opposti. Non ho mai conosciuto papà, e neanche mio fratello lo aveva mai visto, o almeno non lo ricordava, infondo neanche mia madre lo conosceva, mi raccontava che era un militare, che nel 75' l'anno di nascita di mio fratello, era partito, e poi era ritornato dopo un anno e mezzo, ha ingravidato mia madre dopo un po' e poi non s'è mai più visto, ma chi se ne importa, mica avevo bisogno di lui io. <<Angè, la finisci di fare casino, vorrei dormire>> quasi urlò Giacomo, erano le nove e mezza e lui quel giorno aveva lavorato tutta la giornata ed era stanco, ma io dovevo prepararmi per il compleanno di Anna, la mia migliore amica, Michele mi stava aspettando sotto le scale del palazzo e avevo fretta. Volevo vestirmi carina, magari qualche ragazzo mi avrebbe notata, a dodici anni non ero mai stata fidanzata, neanche un bacio a stampo, mentre le mie amiche si, ero quasi l'unica a non aver fatto niente, Anna mi diceva che non dovevo farmi paranoie, che un giorno sarebbe arrivato qualcuno che mi avrebbe fatto innamorare, non lo sapevo allora, ed era meglio non saperlo. La cipria di mia madre mi cadde di mano spaccandosi in mille pezzi, mi avrebbe uccisa, cercai di metterla tutta insieme inutilmente, ogni tentativo peggiorava le cose, così la buttai nell'immondizia, non se ne sarebbe accorta, non la usava mai. <<Hai finito di fare bordello?>> mi urlò nuovamente Giacomo uscendo dalla cameretta, mi scrutò attentamente ogni angolo e guardò il mio vestito rosa chiaro a balze <<ma che cazzo hai addosso?>> mi schernì con una risatina irritante <<Che cazzo vuoi? Vai a dormire deficente>> gli urlai addosso, avevo voglia di ucciderlo, mi sentivo carina e lui stava rovinando il mio umore <<Lo sa mamma che stai uscendo così?>> mi chiese, ma stavolta non stava ridendo, ovvio che mio madre non lo sapeva, mi avrebbe presa a calci, ma non potevo dirlo a lui <<Certo, ora ciao!>> non gli diedi il tempo di dire nulla e uscii di casa, scesi le scale torbide del palazzo e trovai Michele con suo fratello Nino, era suo fratello più piccolo, aveva sette anni e stava sempre incollato a lui. <<Angiolina>> disse per salutarmi, io alzai gli occhi al cielo e Nino rise per la mia espressione irritata, sapevo che non avrebbe mai smesso di chiamarmi in quel modo ridicolo <<Nino vai a casa, non è mica una festa da bambini>> dissi per prenderlo in giro, anche se era vero che lui era un bambino, ma anche io lo ero infondo, Nino mi ricambiò con una linguaccia e io cacciai una risatina. <<Comunque con questo vestito sembri mia nonna>> mi prese in giro Michele, ma che ne doveva capire lui, non ne sapeva niente di femmine, parlava solo di palloni, scarpette da calcio, mare e cavallette << Parli tu con la maglietta sporca di sugo!>> dissi indicando la macchia rossiccia che aveva al centro della maglietta blu scuro, si intravedeva, ma io la vedevo benissimo, era colpa di Teresa, la sua pseudo madre che non sapeva neanche lavargli i panni, o magari se ne fregava solo di lavarli bene <<Perchè non diventi mia moglie? Così sarai tu a lavarmi i vestiti>> mi fece uno sguardo da volpe che mi irritava alla follia <<Ti piacerebbe eh?>>gli dissi tirandolo per il braccio, gli urlai che eravamo in ritardo, lui manco ci voleva andare a quella festa, ma io lo avevo convinto, e sapevo che per me avrebbe fatto qualunque cosa, e un po' me ne approfittavo, sono onesta.
La casa di Anna era bellissima e grande, una casa da ricconi, o almeno per il Pozzo. Aveva due televisioni, roba da ricchi veri, e aveva una cameretta per conto suo, divisa da quella della sorellina piccola, Stefania, che aveva sette anni. Anna era la mia migliore amica dai tempi dell'asilo, quando tutti mi prendevano in giro perchè un'estate avevo preso tanto sole ed ero diventata a chiazze, facevo paura, sembrava che avessi qualche malattia infettiva con i pus in faccia e in tutto il corpo, lei però mi aveva detto che non dovevo vergognarmi, che una volta una cosa del genere era successa a sua a madre, e mica era morta, stava bene e non aveva infettato nessuno, in quel momento mi fece ridere, e da quel momento in poi eravamo come attaccate con la colla, e pensavo che nessuno mai ci avrebbe separato. Anna aveva un fidanzato che a me stava abbastanza antipatico, non andava più a scuola, era qualche anno più grande di noi e Giacomo diceva che spacciava, ma quello non c'aveva mica la faccia di uno che spacciava, sembrava più uno che se la faceva, che se la sparava in vena come diceva Giacomo, allora io non sapevo neanche cosa significasse, pensavo che la droga fosse l'erba che vedevo che si fumava qualche volta Teresa, che faceva un puzzo infernale e invadeva le scale del palazzo, magari qualche volta l'aveva fumata anche Michele, glielo chiesi una volta ma lui mi disse che ero scema, e che forse l'avevo fumata io per pensare una cosa così. Non sapeva che pochi anni dopo ci saremmo sfondati di canne nel sottoscala di nascosto da mia madre, allora sembrava tutto così sfumato e inverosimile, ma anche uno dei più bei ricordi che conservo con lui.
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Il buio della tua assenza
RomanceNel luogo dove tutto è grigio e sporco, Angelica e Michele cercano la luce. Uniti da un filo invisibile da quando sono piccoli. Da un'amore platonico che è sempre stato nascosto dai loro silenzi, da parole mai dette e da sorrisi dolceamari. Un legam...