Scream

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<Quello mettilo lì> disse la mia collega indicandomi uno scafale mentre tenevo in mano un disco dei The kinks.

Guardai dietro di me e posai con delicatezza il cerchio incustodito in un cartone scuro.

Lavoravo in un videonoleggio di Hawkins da poco tempo per aiutare mia madre con le spese mensili e per mettere da parte qualche soldo per il futuro. Aspiravo diventare registra e trasferirmi in California, tuttavia vivevo in un campo caravan dove abitavano prevalentemente famiglie con difficoltà finanziarie e quindi le probabilità che il mio sogno si realizzasse erano pari a 1 su 50.

C'era un detto che mi disse mio padre quando ero piccola: "concentrati sullo scalino di fronte a te, non su tutta la scalinata".

Mi votai nuovamente verso l'altra che nel frattempo giocherellava con il filo del telefono intrecciando le dita e notai che alla televisione, situata sopra il bancone, annunciavano l'uscita di un nuovo film. <Robin, tu a che ora stacchi?>

<In teoria alle 17:00, a meno che il signor Adams ci trattenga per altro> disse lei lamentandosi del capo che ogni giorno la faceva restare di più al negozio.

<Stavo pensando...> iniziai un discorso incrociando le braccia e avvicinandomi lentamente verso di lei per proporle timidamente una 'folle' idea.
<Cosa..> abbassò il tono aspettandosi il peggio.

Appoggiai le mie braccia al bancone dove lei stava per darmi una spinta e saltai su, sedendomi sulla superficie di esso.
Cominciarono a passarmi per la testa una serie vaga di frasi che potevano aiutarmi nel convincerla ma nulla di queste sembrava efficiente. <Dai, spara!> mi riportò alla realtà con un colpetto alla coscia.

<Ma se ce ne andassimo prima e... andassi al cinema a vedere il nuovo film di cui tutti parlano?> sorrisi forzatamente guardandola.
Si staccò di poco dal ripiano e mi osservò stupefatta. Sembrava non credere alle mie parole ma per mia fortuna intervenne Steve, il nostro collega riconosciuto spesso come 'Il ragazzo dal ciuffo volumizzato' oppure come 'mamma'. Fece da madre in multiple occasioni a mia sorella e ai suoi amici ed è per questo che a volte lo prendiamo in giro con ciò.

<Ottima idea, mi sono già rotto le palle di stare qui> intervenì lui avvicinandosi ad entrambe.

Sorrisi all'idea di star avendo successo.
<Non ci sto, e se il signor Adams vedesse che abbiamo chiuso prima del previsto? Ci licenzierebbe nell'immediato!> iniziò a farsi un sacco di paranoie.

Non aveva tutti i torti: se ci beccasse probabilmente perderei il mio unico lavoro e finirei nel portare ulteriori difficoltà in casa. La mia proposta con il passare dei secondi si stava deteriorando dal nucleo fino a sembrare senza senso. Perchè volevo andare così tanto al cinema per vedere un film quando potrei farne uno? Basta avere pazienza.

<Karla, non stare ad ascoltarla. Quante possibilità ci sono che il signor Adams torni dalle vacanze proprio oggi?>

Dimenticavo che era in luna di miele a Napoli,in Italia. Forse era questo l'ultimo pezzo del puzzle.
Ritornai alla mia tesi continuando a sorridere con fare malizioso alla mia amica.

<Non fare così, non posso perdere questo lavoro> affermò lei agitata e continuando ad andare avanti e indietro dietro il bancone.
Mi illuminai e decisi di saltare giù dal ripiano tornando con i piedi per terra. Chiusi la mano in un pugno e iniziai ad agitarlo lentamente esclamando <Sasso, carta, forbice>.
Robin mi guardò infastidita e iniziò a puntare tutto sul destino. 

<Sasso, carta, forbice!> aprì il palmo della mano e alzai gli occhi per vedere la mossa della mia avversaria.
Sasso!

<Mi spiace Robin, ma ora muovi il culo e prendi le tue cose. Si va!> aggiunse lui agitando le chiavi tra le dita.

[...]

<Non so guidare!> esclamai dopo che Steve mi lanciò le chiavi addosso.
La sua auto, una BMW 733i, si trovava dietro le mie spalle ma il timore di poter ferire i miei amici o la macchina mi portava in basso, dove i miei piedi si fluidavano per cementarsi.
I loro sguardi mi mettevano troppa pressione: loro non sapevano niente del mio passato e quindi niente del mio incidente. Tuttavia accettare ciò per accontentare gli altri finendo per rimanerci male, non è secondo i miei principi, la mia morale, me stessa. 
<E' meglio se passo oggi, guida tu> le rilancia verso il mio collega Steve Harrington che mi scrutava con curiosità. Probabilmente nella sua testa saranno sorte una serie di domande ma, vedendo la mia velocità nel ridargli le chiavi, avrà capito che non era il caso di insistere su quell'argomento.

Mi voltai di spalle ed entrai nel sedile posteriore, mentre gli altri due si sistemavano davanti a me: Robin che tentava di guidare e, di fianco, la 'mamma' che provava ad aiutarla a voce.
Per mettere più gusto al viaggio mi sporsi in avanti e allungai il braccio destro per raggiungere la radio di fronte a me. Canale dopo canale, trovai la canzone "Seven Nation Army" dei The White Stripes e quindi, successivamente, d'istinto iniziai a battere i piedi sulla sporca moquette che si trovava dentro l'auto.
Imitai il gesto di suonare alla chitarra posizionai le mie mani sulle immaginarie corde seguendo il ritmo insieme alla mia testa.
<Ila, la sai suonare?> chiese Steve voltandosi verso di me con occhi impressionati.

Non suonavo da anni perchè purtroppo quando mio padre morì non toccai più una chitarra. In quell'istante il mio corpo agì d'impulso: non prendendo più in mano una chitarra da tempo, dimenticai come ero abituata, ma oggi, in questo momento, avevo sognato ad occhi aperti.
Alzai lo sguardo e incrociai quello di Steve.

<Sì, ma ho perso la mano> risposi ricomponendomi e sistemandomi i capelli.
<Un giorno ce la farai sentire?> domandò Robin guardando dallo specchietto in alto per vedere meglio i miei occhi.

Cominciai a pensare quale scusa potevo dire: <Ci penserò>. Era l'unica cosa che mi venne in mente per deviare altri discorsi.
<Robin, attenta!> esclamò Steve ritornando a seguire la collega che stava per schiantarsi contro un camion per quanto si era distratta.
<Scusami, comunque siamo arrivati> affermò lei mentre parcheggiava cautamente.

Scesi dalla macchina e iniziammo a incamminarci verso l'entrata del cinema.
Notammo subito che c'era un sacco di fila, persone su persone attendevano il loro turno per pagare il biglietto. Ma, per nostra fortuna, Steve conosceva un certo tizio, conosciuto come 'Rick Spinello' che faceva superare la coda in cambio di pochi soldi (meno rispetto al totale di noi tre).
Lui ci accompagnò in un corridoio a parte e ci indicò una porta.
Spinta dall'adrenalina iniziai a correre per arrivare prima ma, nel momento che tirai in giù maniglia, una persona si scontrò davanti a me.

La mia testa arrivava al suo petto che era coperto da dei lunghi capelli ricci. Notai subito il materiale della giacca che indossava: era denim e al di sotto portava una t-shirt nera dei Metallica. Iniziai a pensare chi potesse venire da quella porta isolata e chi vestisse in quel modo.
Mi sembrava di essere alla ricerca di un ago nel pagliaio.

<Scusami> mormorò il ragazzo posando le mani sulle mie spalle.
Alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi: erano profondi, cupi e quieti. Nel loro colore scuro si poteva capire un certo senso di tenerezza.

<Ho vinto...> affermai sotto voce e girando il volto verso i due dietro di me che mi stavano raggiungendo con fare affrettato.
Il ragazzo andò indietro di un passo e mi scrutò. <Hai vinto?> chiese lui di sfuggita.
<Si, stavammo facendo una gara a chi arrivava per primo alla porta> spiegai io ricambiando lo sguardo.

<Sono secondo!> esclamò Steve con dietro Robin.
Il ragazzo osservò noi tre e poi aggiunse <Ci si vede> assecondato da un piccolo inchino.
Seguì il suo passo con i miei occhi. Ogni sua mossa, come picchiettava il muro per creare una piccola e breve melodia, come saltellava allegramente inciampandosi a tratti e come si era voltato un'ultima volta verso di me.
<E' un tipo strambo, non pensarci. Andiamo!> mi riportò alla realtà Steve allontanandomi per spalla.

Iniziò il film.



Obsession - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora