L'inizio del piano

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Quella sera parlammo del piano che si sarebbe seguito il giorno dopo, mentre stavamo sotto la luna a fumarci qualche sigaretta in compagnia. Dovevamo incontrarci il pomeriggio seguente, finito il mio turno al videonoleggio, a casa di Dustin dove si era programmata la partita di DnD. Dopo che sarei tornata a casa avrei dovuto convincere mia sorella a venire con me inventandomi una scusa applausibile in modo tale da portarla a casa del nostro amico. 

Sembra semplice ma mia sorella è intelligente e riesce benissimo a leggere tra le righe quando una situazione, in verità, è una banale trappola. Tuttavia volevo tentare di aiutare mia sorella come Eddie voleva dare una mano a Lucas che stava saltando scuola in questi giorni.

Tornai nel mio caravan e mi distesi sul divano aspettando che il tempo passasse velocemente: l'ansia di non riuscire nel piano era alta quanto l'adrenalina di compierlo. Mi addormentai dopo qualche mezz'ora ma, purtroppo, mi svegliai bruscamente a causa di un forte rumore proveniente dal bagno. Confusa mi alzai velocemente dal divano: a causa dell'improvviso risveglio, la mia testa girava come i miei occhi cercavano qualcosa a cui aggrapparsi. Trovai un mobiletto vicino e ritornai in equilibrio.

Silenzio. Corsi verso la stanza dove si era sentito il rumore e notai che la porta era leggermente socchiusa. Si intravedeva una luce fiocca all'interno del bagno, aprì la porta e vidi mia madre sul pavimento. <Mamma che succede?> domandai allertata mentre lei tentava di rialzarsi in piedi.

<Scusa per il baccano, non volevo svegliarti> spiegò lei appoggiandosi al lavandino.
La guardai negli occhi e la mia attenzione si focalizzò sulle sue scure occhiaie che dipingevano la maggior parte degli zigomi. Probabilmente non dormiva da giorni: faceva l'infermiera e la barista ogni giorno e faticava a mangiare regolarmente. Era dimagrita, la vedevo più affaticata, malsana e persa. 
Lei fece un sacco di sacrifici per me e Max, dopo la morte di nostro padre e di Billy: rinunciò alla sua giovinezza per occuparsi di noi.
Non stava vivendo ma sopravvivendo, a fatica trall'altro.

<Perchè non ti prendi qualche giorno di pausa?> chiesi aiutandola a camminare.
<Ila, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo> rispose lei sedendosi sul divano.

Senza dire altro, mi affrettai verso la cucina per prepararle qualcosa di veloce, visto che doveva lavorare, ma l'unica opzione era un semplice panino al prosciutto. Glielo portai in salotto ma la sua reazione mi sconvolse: <Mangialo tu, ti prego>.
<Per favore mamma, devi nutrirti anche tu> dissi supplicandola accanto a lei.

Accettò il panino forzatamente, sembrava quasi come se volesse accontentarmi di quel gesto che davo con cuore. <Vedi di riposarti> dissi iniziando a preparmi per il lavoro.

<Anche tu> mormorò lei per poi dare un altro morso al panino che avevo preparato per lei.
Mi voltai e le sorrisi come per dirle 'Lo farò, mamma. Tranquilla'.
Mi misi la giacca addosso e avvolsi il mio collo con una pesante sciarpa che riscaldava il mio mento nascosto.
La salutai e mi incamminai verso il videonoleggio. Non possedevo ancora la patente ma desideravo guidare una moto quando sarei stata abbastanza messa bene economicamente.

Quella mattinava ascoltavo 'Take me Out' di Franz Ferdinand  aspirando del fumo dalla sigaretta che ormai avevo acceso per strada. Ci misi qualche mezz'oretta ad arrivare e, quando giunsi a destinazione, rimasi sorpresa nel vedere Robin.
<Robin!> la raggiunsi frettolosamente al bancone principale dove passavamo la maggior parte del tempo.
<Ila! Temevo non venissi> disse lei guardando l'orologio per poi invitandomi in un abbraccio.
<No, è solo che vengo a piedi e a volte le strade sono bloccate. Dipende dai giorni> iniziai a spogliarmi appoggiando la giacca in uno stanzino insieme al mio zaino.

<Adams oggi non c'è e ci ha dato un solo compito, ovvero quello di ordinare gli scatoloni nuovo> spiegò lei avvicinandosi a una decina di scatole ancora chiuse con lo scotch.
<Se ci impegniamo possiamo uscire prima, giusto...?> le domandai con fare sfidante.

Senza rispondermi, corse ad aprirne uno e subito cominciò a sistemare alcuni vinili in ripiani lotani. La raggiunsi: ormai era diventata una gara.
Cd, poster, vinili e annunci erano sparsi in giro negli scafali del negozio. Per quanto possa sembrare caotico, il tutto rendeva più autentico il negozio che iniziava ad apparire più completo di prima.

In alcuni momenti ci scontravamo e in quei piccoli istanti ridevamo come due bambine mosse dalla voglia di vincere.
<Quanti ne sei riuscita a fare?> chiese lei ansimando e alzandosi le maniche della divisa.
<5, tu?> affermai io riprendendo fiato.
<5... pareggio?> iniziò a ridersela sotto i baffi per l'unitile gara.
<In compenso possiamo uscire prima, ti va di venire a casa di Dustin con me e Max?> la invitai per avere maggior compagnia nel piano.

Mi guardò sorpresa.
Iniziò a togliersi la divisa e a sistemarsi i capelli in piccole mollette.
<Andiamo!> rispose lei con le chiavi del negozio in mano.

[...]

<Max, com'è andata oggi a scuola?> domandai a mia sorella che giaceva nel tavolo in cucina a fare i compiti.
Si voltò e notò subito la figura di Robin che attendeva seduta sul divano. <Bene, che ci fai già a casa e con lei?> inziò ad interrogarmi.
Mi sedetti di fronte a lei iniziando così la mia proposta: <Noi tra poco andiamo a casa di Dustin, vuoi venire? Magari ti divertirai> tentai.
<No, devo studiare> rispose seccata.

Posi il mio sguardo su Robin che, imbarazzata dalla situazione, cercava qualcosa su cui concentrare i suoi occhi: mi indicò un vecchio poster che si trovava appeso sul muro.
<Se vieni ti regalo una cassetta di Kate Bush> affermai confidentemente guardando mia sorella negli occhi.

E fu quello il momento che attirai l'intera attenzione di Max: <Come so che non mi inganni?> continuò a piazzarmi un'altra domanda nel campo minato.
<Sono tua sorella, Ila. Dovresti fidarti di me> provai ad aggirare il suo trucchetto che usava di solito nel smascherarmi.

Continuando a guardarmi dritta negli occhi, chiuse il libro di letteratura inglese che stava studiando e si alzò in piedi. <Ci sto ma ricordati della promessa> continuò lei per poi raggiungere Robin in salotto.

Mentre mia sorella si voltò di spalle, esultai dalla gioia tanto da far ridere la mia collega.
Ci preparammo tutte e tre per uscire ed iniziammo ad incamminarci verso casa di Dustin.

[...]

<Finalmente!> esclamò una voce dall'altra parte del portone che si aprì in pochi secondi.
<Eccola...!> disse Dustin vedendo me accompagnata da mia sorella e Robin.
<Oh porca merda...> mormorò lui lasciandoci lo spazio per entrare e scioccato dalla presenza di Max.

Notai subito come il gruppo si era organizzato per giocare: il salotto era occupato da un'enorme tavolo allestito da un campo da gioco al di sopra con numerose pedine.
Mi guardai attorno e iniziai a cercare Eddie con lo sguardo. Come potevo portare avanti il piano senza di lui? Dopotutto lo avevamo preparato insieme la sera prima, mentre ci immaginavamo i due tornare insieme.

<Dustin è finita la carta igienica, mi spiac-> disse una voce alle mie spalle.

Mi voltai e vidi subito i suoi occhi scuri che già mi esaminavano da qualche metro di distanza. Lui rallentò il passo per sembrare più calmo e 'normale' agli occhi di mia sorella che già lo inquadrava con difficoltà.
<Vi consocete?> chiese Dustin notando l'intenso conflitto tra me e lui.

Mi girai verso Dustin ma qualcuno mi precedette nel rispondermi: <Sì, lavora nel locale dove suono> spiegò Eddie avvicinandosi al piccolo gruppo che si era formato vicino all'entrata.
<Ok, tra poco arrivano gli altri> avvisò il piccolo proprietario della casa avviandosi verso la cucina per portare qualcosa da mangiare.
Max, non avendo nessun altro con cui parlare, se non me, decise di raggiungerlo e quindi colsi l'opportunità di parlare con Eddie: <Ora?> domandai.

Si avvicinò a me e, abbassando il busto, si avvicinò all'orecchio per sussurami: <Tu lascia fare a me, non preoccuparti>. Notai un ghigno dipinto sulla sua faccia che formava due piccole fossette.
Alzò il capo dal mio collo e si rimise composto; la mia impulsività prese il sopravvento e decisi di alzarmi sulle punte per arrivare alla sua spalla: <No, voglio partecipare anch'io> dissi a bassa voce.

Dopo essere tornata alla mia posizione iniziale, mi voltai vedendo gli altri tre in cucina che si sparavano in bocca un tubo di panna.

<Se vuoi partecipare, non distrarti> affermò Eddie di fronte a me bloccandomi la vista di lato con una mano e continuando a guardarmi negli occhi.

<Qual è il piano, quindi?> chiesi incrociando nuovamente il suo sguardo.
<Giochiamo, tu e Max state sempre in salotto ma a guardare. Poi finita la partita e, dopo che tu le avrai parlato, andrò a dare qualche consiglio a Lucas-> lo interruppì con una leggera risata.

Si allontanò di poco e ,confuso, con gli occhi mi interrogò: <No è che... quando hai avuto il tempo di pensare a tutta questa situazione? Sembra molto accurato come piano...> dissi senza farmi sentire dai tre nell'altra stanza.
<Vuoi aiutare tua sorella, o no?> domandò lui.

<Si, lo voglio>

Obsession - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora