Ginevra sentì le goccioline di sudore scorrerle lungo le tempie mentre si ritrovava a dover inclinare la testa indietro per guardare l'enorme facciata in pietra che si stagliava contro il cielo azzurro. Il grigio di tutti quei giorni era sparito, dov'erano finite le nuvole? Era felice che la pioggia non minacciasse più di inzupparle i vestiti, e che l'azzurro - il suo colore preferito fino a qualche giorno prima - dominasse il cielo di fine estate. Quella bella giornata in qualsiasi altro momento l'avrebbe resa felice, perché avrebbe significato passare tutto il giorno in giardino dopo la scuola, ma in quel momento era tutto diverso, tutto era cambiato. Niente più scuola, niente più amici. Non si sentiva affatto felice. Guardare il cielo non le piaceva più, così come cercare i disegni che le nuvolette creavano era diventata una cosa stupida.

Si portò una mano al viso per nascondere gli occhi da un sole che cercava di accecarla. Provò a guardare meglio quella che le avevano detto sarebbe stata la sua nuova casa. No, non le piaceva affatto. E aveva provato anche a dirlo che una nuova casa non la voleva, ma le parole non erano mai riuscite a oltrepassare le labbra, come attaccate con una colla super resistente alla gola.

"Orfanotrofio degli Innocenti" recitavano le grandi lettere dorate, rovinate in molti punti dalla pioggia e dal sole, ma che riuscivano comunque a spiccare contro tutto quel grigio dell'edificio. Come avrebbe mai potuto piacerle una casa di quel colore? Era noioso e anche triste, quasi quanto lei. E poi tutte quelle finestre... quante erano? Ginevra era certa che fossero più di un miliardo e lei fino a un miliardo sapeva contare, ma non le andava molto in quel momento.

La signora, che aveva guidato quella brutta macchina - gialla e sporca, con un forte odore di cavolo bollito, - per due ore, scese dall'auto e le aprì la portiera senza guardarla neanche una volta. Non la guardava quasi mai, e quando la bambina incontrava i suoi piccoli occhi, la signora distoglieva subito lo sguardo come se ne avesse paura. Si chiamava Signorina Castelli, o così le aveva detto due giorni prima, quando si era presentata alla stazione di polizia mentre lei beveva un succo di frutta. Alla pesca, che schifo!

Molte volte in quegli ultimi due giorni si era ritrovata a domandarsi perché i genitori di Signorina avessero scelto quel nome per lei, era strano, e prima di allora non lo aveva mai sentito. Non le aveva chiesto da dove venisse quel nome perché non era né simpatica e né gentile. Inoltre, non le aveva quasi mai rivolto la parola. Per tutto il viaggio erano state in silenzio. A Ginevra non era dispiaciuto, neanche lei aveva molta voglia di parlare. Anzi, non ne aveva affatto, anche se, durante quelle lunghe ore, le avrebbe chiesto volentieri di accendere l'aria condizionata, però era rimasta in silenzio. Si sentiva molto triste. E sola, si sentiva sempre così quando non era con la sua mamma.

Stava osservando un piccolo uccellino posarsi su un cespuglio di fiori blu, quando il portone di legno dell'orfanotrofio si aprì e una giovane donna uscì correndo. Anche da lontano riusciva a vedere quanto fosse bella: indossava un vestito azzurro che le arrivava alle ginocchia e che le svolazzava tutto intorno alle gambe, i capelli scuri erano raccolti in una crocchia disordinata sopra la testa, il viso dolce e privo di rughe, non come quello di Signorina Castelli che poteva anche avere l'età di sua nonna, con quei capelli bianchi e gli occhi piccoli e cattivi. Non che avesse mai conosciuto sua nonna, ma tutte le nonne che aveva visto - i suoi amici di scuola avevano tante nonne che li aspettavano sempre in cortile per riportarli a casa al suono dell'ultima campanella - le erano sembrate simili a Signorina Castelli.

La giovane scese i tre scalini di pietra scura, inciampando nell'ultimo, afferrò in fretta il corrimano per non cadere lunga distesa per terra. La bambina cercò di non ridere mentre la ragazza ritrovava l'equilibrio e le raggiungeva, fermandosi solo una volta di fronte a loro, una mano sul fianco e il fiato corto. Aveva corso per chilometri? Quanto poteva essere grande quel posto? Ginevra lanciò un altro sguardo veloce all'edificio. Era enorme da fuori, ma immaginava dovesse essere solo per fare una buona impressione ai bambini come lei, in realtà dentro doveva essere uno schifo! E non era così ingenua da cascarci.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 27, 2023 ⏰

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