Sette anni fa ero un adolescente iscritto al terzo anno di liceo, ancora molto confuso sulla mia sessualità. Mi piacevano gli uomini, lo sapevo, in un certo senso. Li guardavo, annusavo il loro odore da maschio e vibravo di eccitazione, e mi raccontavo che forse era reazione comune, che capitava a tutti, che era conseguenza degli ormoni in subbuglio e cose del genere. Ma i miei ormoni non avevano colpe, si limitavano a svolgere il proprio dovere catalizzatore. E lo capii insieme a Zayn, il mio insegnante di pianoforte.
Zayn era un adulto, avvenente ventiquattrenne dalla carnagione ambrata e due occhi dorati da tigre che mi hanno fulminato dal primo istante in cui i nostri sguardi si sono incrociati. Viveva in un appartamento a nord di Noel Park, a Londra, distante undici fermate di autobus da casa mia. Gli interni erano vivaci e moderni, sempre in ordine; dalle larghe vetrate penetrava un bagliore talmente lucente da inondare le pareti. A volte ero obbligato a strizzare le palpebre per guardarlo con attenzione. Ed io ponevo molta attenzione nel contemplarlo.
Era solito indossare camicie di cotone aperte sotto le clavicole, i polsini risvoltati fino ai gomiti. Portava delle eleganti scarpe verniciate che picchiettavano il pavimento lucente. Un uomo raffinato e dalla parlata convincente, colto, però un po' folle, se devo essere del tutto sincero. Quando mi concedeva un'ora del suo tempo per insegnarmi a suonare il piano – uno dei suoi strumenti preferiti e grazie al quale aveva ottenuto il diploma al conservatorio – scolava almeno un paio di bicchieri da cui emanava profumo infimo di benzina che tintinnavano di aderenza tra vetro e ghiaccio. Un liquore di provenienza italiana, giallo limone. Non ricordo come si chiamasse. C'entrava una figura antica, esoterica, appartenente alla cultura pagana. Strega, forse? Comunque, lui lo adorava. Era la sua malattia e non poteva farne a meno. Nel ripostiglio erano immagazzinate circa quattro o cinque casse stipate di bottiglie ancora vergini.
Di tanto in tanto – spesso, in realtà – nel bel mezzo della lezione schizzava in piedi e scribacchiava su un foglio. Il fruscio della sua biro mi destava dall'ipnosi della concentrazione. Lui mi chiedeva di fargli spazio, pigiava alcuni tasti dello strumento con una certa frenesia, componendo melodie sinfoniche e al contempo schizofreniche e, oh dio, è imbarazzante, ma avrei tanto voluto reincarnarmi in uno di quei tasti. Farmi maltrattare dalle sue dita affusolate, lambire le unghie mangiucchiate dal nervosismo e godermi l'effetto del suo isterico talento.
Un pomeriggio, in qualche modo, le mie fantasie trovarono solidità nel reale. E Lucifero aveva deciso di sottopormi alla visione di quello specifico avvenimento che, pur inconsciamente, mi avrebbe condizionato per il resto della vita.
Ero seduto sullo sgabello foderato di velluto, a pestare i tasti con delicata veemenza nell'eseguire il Preludio n.1 di Chopin; Zayn era accanto a me, più vicino che mai, le sue dita chiuse sul bicchiere annaffiato di distillato giallo; le mie, a fluttuare come onde sulle zanne bianco perla del piano.
«Fai progressi da gigante» si congratulò il mio maestro.
Arrossii. «Merito delle tue lezioni» replicai. Avevo smesso di riferirmi a lui con formalità dal primo incontro; Zayn detestava che gli si desse dei lei. Lo faceva sentire vecchio, da rottamare. Così mi aveva riferito. E io non ho mai esitato ad accontentarlo.
Notai una familiare scintilla accendergli le iridi, e credetti stesse per sgattaiolare ad annotarsi la struttura di un nuovo spartito. Ma non si alzò. Invece, stese un sorriso e lasciò cadere una mano sulla mia coscia.
Non era la prima volta che si stabiliva un contatto fisico così intimo, tra noi, però fu la prima volta in cui ebbi l'ardire di non ritrarmi. Mi ero illuso, già da settimane, che l'attrazione carnale fosse reciproca.
«Se ti lasciassi bere un goccio del mio liquore, tu faresti la spia con i tuoi genitori?» avanzò.
«No» promisi, irrigidendo le braccia.
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Harry's Inferno [Larry Stylinson]
Fiksi PenggemarViaggio nell'inconscio di un peccatore qualunque che scopre di essere semplicemente umano.