1.

426 14 0
                                    


Con la testa appoggiata al finestrino e gli occhi fissi sul panorama circostante non facevo altro che pensare e pensare. Temevo qualcosa di ignoto, avevo paura per me stessa, e anche di me stessa.
Sospiravo in continuazione, mentre l'autovettura continuava a percorrere la strada, con quella macchinina stretta e nera, con una sirena blu sopra la mia testa: avete capito di che macchina si tratta?
Non facevo altro che riflettere sulla famosa condanna che il giudice mi assegnó. Sicuramente non avevo fatto qualcosa da poco, ma quasi la delusione nei miei confronti prendeva il controllo su tutto. Il mio sguardo si posò sul mare, quello Napoletano, dove la schiuma si dissolveva tra gli scogli e tra le coste, e le onde invece, portavano fino a noi quel familiare sapore di iodio, che tanto inondava le nostre narici.
Improvvisamente in testa mi apparvero tanti di quei ricordi, con amici o familiari, che erano scolpiti sui sassolini o nei granelli di sabbia.
La mia testa, improvvisamente apparve in mezzo ai sedili, guardando dritta nel parabrezza, scorgendo i cancelli dell'istituto aprirsi, rivelando ai miei occhietti un mucchio di gente, per lo più ragazzi, appoggiati alla rete di un campetto da calcio.
Quando la macchina sostò, dopo nemmeno qualche secondo, la portiera si aprii, rivelando una fortissima luce solare, che dopo poco si precipitò dritta sulla mia nuca.
I ragazzi, sfortunatamente solo maschi, continuavano a sbranarmi solo con gli occhi, a divorarmi proprio. "Cazzo avete da guardare!" gridai io, per poi venir nuovamente trascinata dalla guardia, che al collo aveva appesa una tessera.
Salimmo un sacco di scale, fino ad arrivare ad un ufficio, dove dentro ci trovai una signora bionda, non molto alta, con tra le braccia una bambina, imbavagliata di vestiti rosa.
Mi accomodo sulle poltroncine di fronte la scrivania, per poi voltarmi verso la carrozzina, dove la bionda aveva posato la neonata.
Non faccio in tempo a voltarmi, per scorgere il bel visino della bambina, che una manata sul tavolo richiama la mia attenzione, facendomi immediatamente tornare composta.
"Hai commesso qualcosa di grave, lo sai?" abbassa il capo, mantenendo lo sguardo, come se fosse compiaciuta a leggere la mia schedina penale.
Io roteo gli occhi al cielo, facendomi spazio sul tavolo con le braccia. "Bella la bambina" dico fuori contesto, indicandola con un pollice.
"Stiamo parlando di cose serie" continua la direttrice e quel punto sorrido automaticamente.
"Faccio quello che voglio"
mi alzo, per poi venir subito accolta dalle braccia delle guardie che non esita a portarmi ai piani inferiori.
Mi illustra i dormitori, contornati da mura bianche e versi, con stanze piccole e fornite di più meno il necessario. La mia cella era l'ultima e quando arrivo, non faccio altro che scaricare il mio zaino a terra, lanciandolo, per poi buttarmi a peso morto sul letto sotto, socchiudendo gli occhi e rilassandomi.
Pensai un attimo a quando attraversai tutto il corridoio, perimetrato da ragazze con occhi quasi malvagi, ricchi di invidia e cattiveria. Questo è l'IPM di Napoli, la mia bella città, riconosciuta in tutto il mondo per il buon cibo, veramente gustoso e per il famosissimo vulcano.

autor
ciao, grazie per essere arrivati fin qua.
volevo avvisare di piccole cose, ovvero che la storia non segue assulutamente la trama della serie e certe cose non ci sono (ad esempio carmela, l'attuale fidanzata di edo).

Judas ✭ Edoardo ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora