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Guardie ed educatori, muniti di fastiodissime campanelline andarono cella per cella, cercando in tutti i modi la maniera di alzarci.
A fatica mi misi in piedi, ancora strofinandomi gli occhi con il dorso della mano, aspettando che Rosa scendesse dal suo trono.
"Giorno" dissi io, stiracchiandomi, per poi uscire in compagnia di quest'ultima. Seguimmo la folla ed arrivammo in mensa, dove io evitai di fare colazione.
Intanto la mia compagna di stanza addentó un biscotto, insieme ad una tazza di latte.
Io mi ero incantata a guardare lo stesso il tavolo, pensando a quanto mi mancassero i miei genitori e casa mia, che era tanto bella. In questo postaccio mi era vietato fare tutto.
Una volta finito il pasto mi alzai, seguita a ruota dalla mora ed uscimmo in cortile, dove i ragazzi erano già pronti ad osservare con perseveranza le ragazze, con aggiunta di commenti poco casti.
"Vieni Cat, ti devo far conoscere alcune persone" mi tiró dal braccio sgattaiolando dalle grinfie della guardia, che cercava in tutti i modi che le femmine non avessero contatti con i maschi.
Entrammo dentro al campetto, dove alcuni individui erano già presi a giocare a calcio e ci avvicinammo alle panche che erano poste vicino le reti.
"Ue, Eduà" sempre Rosa, richiamò l'attenzione di un ragazzo lí presente, seduto, che subito di alzó avvicinandosi a noi.
Squadrai la figura alta e composta del ragazzo moro, con i capelli tirai all'indietro, che fumava una sigaretta.  "Piacere" allungai la mano, però invano, siccome non venne strinta da costui.
"È una Cava" Rosa incitò il ragazzo a stringere la mia mano, insieme ad un cenno con la testa.
Al suo incipit si lasciò la sigaretta tra le labbra e accettó la stretta stando silenzioso.
"Ti hanno tagliato la lingua?" dissi convinta di me, sorridendo minacciosamente, cercando una replica da parte sua.
Lui ridacchiò soltanto, non proferendo però parola. Forse era veramente privo di lingua.
"Principè', scendi un pó" si abbassò alla mia altezza, incrociando i miei occhi verdi, tentanto probabilmente di incutermi paura, ma senza risultato. Gli rubai la sigaretta dalla mano, portandomela alla bocca, facendo un tiro, mandandogli tutto il fumo nel viso.
Alla mia azione, lo vidi scombussolato e dietro, alcuni suoi amici si avvicinarono, come se riconoscessi il fatto che io sia un pericolo pubblico.
Edoardo indossava una bella camicia nera e d'orata, leggermente sbottonata, perciò evitai di spegnergli la cicca addosso: d'altronde non mi aveva fatto nulla.
Gli feci l'occhiolino per poi sentire la mano di Rosa portarmi via, facendoci tornare nel gruppo delle ragazze. "Che cazzo fai?" mi biasimó lei, incrociando le braccia, portandole al petto.
Le sorrisi soltanto, per poi farmi spazio ed avvicinarmi alla parte femminile, dove mi unii ad una partita di pallavolo, dove presi il posto di alzatore.
Sicuramente gli occhi di Edoardo, strettissimo amico della mia compagna di stanza, aveva gli occhi puntati su di me, sentivo quello sguardo bruciare sulla mia pelle. Ma proprio per questo mi feci valere durante il gioco, così da far vincere la nostra squadra 15-2.
Pallavolo, o anche Beach Volley (sopratutto), erano una delle mie passioni più grandi, amavo fare sport, sopratutto questi due.

Judas ✭ Edoardo ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora