Parte III

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L'aria era piacevole, il cielo cristallino, qualche nuvola bianchissima e un po' di vento non così fresco. Il sole era alto e di tanto in tanto si specchiava nelle vetrate degli edifici più alti dei padiglioni separati dell'ospedale.

Katsuki, anche se non l'avrebbe mai ammesso, si stava proprio godendo quella piccola passeggiata. Due coperte calde lo proteggevano da quell'aria che avrebbe potuto farlo ammalare. Una sulle spalle e un'altra sulle gambe.

Izuku si era presentato puntualissimo, anzi, forse di un minuto in anticipo rispetto alle undici e lo aveva aiutato a prendere posto sulla sedia a rotelle, fino in ascensore e da lì aveva iniziato a parlare dopo che erano scesi da una delle numerose rampe per le carrozzine per coloro che erano diversamente abili.

– Sei una cazzo di radio, Deku – sbuffò a un certo punto il biondo. – Stai parlando ininterrottamente da quanto? Dieci minuti? –.

Il verdino spingeva dolcemente la sedia a rotella. Prima sorrise, poi borbottò delle scuse e infine sospirò.

– Scusa, Kacchan... il fatto è che sono sempre stato molto solo e sono cresciuto senza amici. Tu che sei il mio primo amico mi fa sentire felice, anzi... in pace –.

– Tsk! Ti accontenti di poco, tu, ah? –.

Izuku scoppiò a ridere con così tanto brio che anche l'altro si lasciò andare, nonostante tentò di camuffare la risata con una mano.

– Kacchan... quando ti dimetteranno, che ne dici di andare al luna park? –.

– Quale? –.

Il verdino gli bloccò le ruote della carrozzina, per poi accovacciarsi dinanzi a lui, tenendo le mani sulle sue ginocchia. Katsuki lo guardò attentamente: aveva davvero un viso fanciullo e delle lentiggini così marcate da sembrare grani di pepe.

Doveva ammetterlo. Era fottutamente carino! Ma neanche sotto tortura lo avrebbe ammesso!

In quel frangente gli tornarono in mente le parole del ragazzino che continuava a guardarlo dolcemente.

Parole d'amore. Una dichiarazione in piena regola.

– Ci andremo, Kacchan? Mi piacerebbe salire sulla ruota panoramica –.

– Basta che non ti metterai a parlare per tutto il fottuto tempo –.

Izuku gli appoggiò la testa sulla coperta marrone che teneva al caldo le sue gambe. Chiuse gli occhi mentre sorrideva ampiamente. Katsuki gli infilò la mano tra i capelli: erano così morbidi e vaporosi!

– Il tempo è davvero una cosa strana... – sussurrò con un'espressione triste.

Il biondo smise di accarezzarlo. – Che intendi dire? –.

Ma Izuku non rispose, perché tornò stupidamente felice e in piedi. Lo abbracciò dolcemente prima di sbloccare la carrozzina e spingerla verso l'entrata dell'ospedale.

– Peccato. E' già finito il tempo. Come vola in fretta quando ci si diverte, eh? – ridacchiò.

Katsuki non rispose. Per un solo istante Izuku gli era sembrato strano. Non si sarebbe tolto facilmente dalla mente quell'espressione malinconica che l'aveva colpito. In diversi e veloci secondi, quegli occhi si erano mutati in due splendide pietre preziose.

I suoi polpastrelli formicolavano ancora. Guardò la mano sinistra che aveva scoperto la morbidezza di quelle ciocche vaporose: sfregò le dita insieme in un lieve rumore raspante.

– Kacchan... mi sento tanto felice! – esclamò improvvisamente Izuku.

– Perché? –.

– Perché ho conosciuto te! –.

Il biondo sentì un brivido lungo la schiena. Lo guardò con la coda dell'occhio.

– Piantala con queste stronzate! Sembra un cazzo di addio! –.

– Te l'ho detto, no? Non me ne andrò facilmente –.

Ma Katsuki non si sentì meglio dopo quelle parole. Tuttavia non trovò la forza di chiedere. Ed entrambi mantennero il silenzio fino a quando non tornarono nella stanza.

Il biondo gemette un po' di sollievo non appena si distese a letto. Izuku parcheggiò la carrozzina vicino alla finestra ma non lo lasciò ancora. Gli si sedette accanto e gli tenne la mano.

– Verrai anche domani? – chiese Katsuki.

– Se vuoi –.

– Ti sei preso tu la briga di rendermi meno noiosi questi giorni di convalescenza, no? Quindi porta a termine il compito, Deku! –.

Izuku sorrise ma improvvisamente divenne triste. Katsuki lo trovò quasi ipnotico.

– Io non voglio andarmene, Kacchan – gli disse flebilmente.

Seguitarono diversi secondi di pesante silenzio, dopodiché il più piccolo gli premette un leggero bacio sulla guancia. Il biondo sussultò un po' per l'improvviso gesto inaspettato ma soprattutto per la freddezza di quel tocco.

– Sei un pezzo di ghiaccio! –.

– Davvero? – ma Izuku se la ridacchiò prima di fare una linguaccia. – Kacchan, verrò sicuramente. Tu riposati e guarisci, va bene? –.

Katsuki corrugò le sopracciglia e allora chiese: – Perché? Domani non verrai? –.

Il verdino non si voltò. Era di spalle. La mano che stringeva lo stipite bianco della porta ebbe uno spasmo. Non gli rispose. Andò semplicemente via...

Meiosei - Soft BakuDekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora