Capitolo 6

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Mi sveglio sentendo qualcuno bussare incessantemente alla porta. Sbuffando, mi alzo e vado ad aprire, sapendo già chi mi sarebbe comparso davanti. E infatti, uno di quegli uomini dalla tuta blu mi ordina molto gentilmente di muovere il culo e prepararmi, porgendomi dei vestiti perfettamente stirati. Gli chiudo la porta in faccia prendendo i vestiti e mi dirigo all'altra porta che c'è in camera, che ho scoperto essere il bagno. Mi spoglio e mi butto sotto un getto di acqua ghiacciata. Ormai faccio questo da quasi due settimane: quegli uomini vengono a svegliarmi portandomi i vestiti, io mi preparo, poi scendo per fare colazione in una sala mensa insieme ad altri ragazzi depressi che non scambiano una parola con me neanche per sbaglio, mi fanno altre analisi, pranzo, mi fanno allenare con la magia (uso il minimo indispensabile) fino all'ora di cena e poi mi rinchiudono di nuovo nella mia gabbia, fino al giorno dopo. Che tristezza.
Mi preparo indossando i pantaloni grigi, la camicia bianca e il maglione grigio che mi hanno dato ed esco, trovando lo stesso tizio di prima ad aspettarmi appoggiato al muro. Si stacca non appena mi vede e inizio a incamminarmi verso la sala dove mi fanno le analisi, ma lui mi blocca prendendomi per un braccio.
- Non da quella parte- dice in risposta al mio sguardo confuso - Oggi hai lezione- sorride il tizio, come se fosse una bella cosa. Sospiro e mi volto, dirigendomi dalla parte opposta, incamminandomi insieme a lui. Il ragazzo mi tiene ancora per il braccio, ma la sua stretta è più delicata di quella delle altre guardie.
- Ehm, non è che potresti lasciarmi il braccio?- gli chiedo indicando la sua mano stretta sul mio bicipite.
- No, non posso, mi dispiace. Ti sto facendo male?- chiede e mi sembra davvero preoccupato. Lo guardo stupita e confusa e scuoto la testa. Credo sia la guardia più giovane che abbia visto fin ora, probabilmente ha solo un paio di anni più di me. Gli occhi azzurri e i capelli biondi a spazzola gli danno un'aria angelica e dolce, ma non devo dimenticare che lui è il nemico. Arriviamo davanti ad una porta e lui bussa. Dopo aver ricevuto il permesso di entrare, apre la porta trascinandomi con se. Noto che è un'aula dove alcuni ragazzi stanno facendo lezione. Si voltano tutti a guardarmi e io mi volto verso quella che dovrebbe essere la professoressa.
- Come ti chiami?- mi chiede freddamente.
- Krystal McEvoy- rispondo altrettanto freddamente. Non mi farò spaventare da loro.
- Siediti lì- indica un banco vuoto infondo all'aula - prova a seguire e non disturbare-
Mi siedo e la guardo incrociando le braccia al petto. Lei ricomincia a spiegare e sorrido nel constatare che sono cose che già so.
Noto che il banco ha una sottile striscia e vi metto le dita. Il legno si solleva e rivela uno scomparto in cui ci sono una penna, una matita, una gomma da cancellare, un righello, un temperamatite e un blocco per appunti. Prendo il blocco, la matita e la gomma e inizio a disegnare, estraniandomi completamente dalla lezione.
Dopo un po', sento suonare una campanella e la donna seduta alla cattedra si alza per cedere il posto ad un uomo.
Passano così sei ore in cui io disegno mentre quei tizi spiegano cose che già so. Al suono della sesta campanella, vedo tutti alzarsi e uscire. Li seguo non sapendo che altro fare e mi ritrovo in cortile. Davanti a noi c'è un uomo che guarda tutti con sguardo duro e severo.
- Avanti, mettetevi in coppia e cominciate a duellare. Cercate di non uccidervi, per favore- ordina con tono gelido e vedo tutti formare delle coppie e iniziare a combattere usando i loro poteri. Li osservo incrociando le braccia al petto. Sembrano davvero in competizione, come se ci fosse in palio qualcosa di più di un bel voto o di una lode da quello stoccafisso. Con la coda dell'occhio, vedo una scia rossa sfrecciare nella mia direzione. Mi scanso subito dalla sua traiettoria e cerco con lo sguardo il coglione (o la cogliona) che ha manie suicide. Mi volto e vedo un ragazzo con un'altra sfera infuocata in mano e un ghigno irritante sulle labbra.
Mi metto in posizione di attacco, ricordando a me stessa che non devo usare il fuoco. Il ragazzo lancia le sfere, ma, come prima, le scanso facilmente. Non vincerò mai se non attacco e mi guardo intorno cercando di farmi venire un'idea in fretta. Mi hanno insegnato a ragionare freddamente e velocemente. "Tutto quello che ti circonda può essere usato come arma. Soprattutto il tuo stesso corpo" questo è quello che Jonah, il mio istruttore preferito, mi ripeteva in continuazione. Il ragazzo continua a non darmi tregua e indietreggio verso una fontana poco distante. L'idiota, credendo di avermi ormai in pugno, allarga il suo ghigno. Un'altra fondamentale lezione di Jonah è stata quella di mantenere una perfetta faccia da poker durante i combattimenti. Mai, mai mostrare all'avversario il benché minimo sentimento o potrebbe avere un'arma da usare contro di noi. La mia faccia, quindi, mantiene un'espressione neutra e senza emozioni e, appena sento il bordo della fontana dietro di me, vi immergo la mano, traendo forza dall'acqua. Me ne serve tantissima per ciò che devo fare. Inizio ad attaccare anch'io senza dargli tregua. I miei occhi, dal loro solito colore, passano ad un azzurro pallido, quasi bianco. Quando sono certa di averlo stordito abbastanza per non farlo attaccare subito, mi avvicino velocemente e gli do un calcio nello stomaco e poi, quando si piega per il dolore, una gomitata sulla schiena, facendolo finire a terra. Mi allontano di un paio di passi, ma resto in guardia, nel caso dovesse attaccare di nuovo. Quando sono certa che ciò non accadrà, rialzo lo sguardo vedendo gli occhi sgranati dall'incredulità dei presenti, compresi quelli del professore. Derek, invece, arrivato chissà quando, mi guarda ammirato e annuisce soddisfatto. Distolgo lo sguardo da lui e lo punto sugli altri.
- Beh?- sbotto, incapace di sopportare ancora il loro sguardo puntato addosso -Non avete mai visto qualcuno combattere decentemente?- chiedo sarcastica.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 26, 2015 ⏰

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