"Caro Roberto,
Qualche giorno fa è venuta a trovarmi una ragazza. Una delle prime cose che ho notato è stata la firma presente sul suo tailleur.
Qual è il punto, penserai.
È la stessa del sarto personale di tuo padre. Dubito sia una coincidenza.
Da qui è nata la mia ipotesi che fosse una persona a te vicina, una tua parente di cui non ero a conoscenza probabilmente.
Poi ho notato l'anello.
Un rubino.
La pietra della passione, dell’amore, della devozione… e, cosa più importante, della fedeltà. Non credo sia un caso.
Immagino sia la tua ragazza. In effetti ha tutte le caratteristiche ideali per te. Tuo padre ne sarà sicuramente fiero. Fiero del fatto che suo figlio sia finalmente diventato un vero uomo in tutto e per tutto…
Una cosa splendida.
Mi congratulo con te. Ricordo ancora quando eravamo al liceo e mi raccontavi di come desiderassi trovare una ragazza giusto per non dover più sentire le lamentele di tuo padre riguardo il fatto non avessi ancora qualcuno, ricordo anche quella sera ad una festa in cui qualcuno l'hai effettivamente trovato, ma ormai è passato tanto tempo, rinfrescami la memoria, com'era andata a finire con quella ragazza?
Non ricordo onestamente.
So che sicuramente ero felice per te al tempo. Non che non lo sia adesso. Ti auguro il meglio.
A pensarci però è veramente strano, non ci siamo sentiti per anni e improvvisamente ti incontro cresciuto, molto probabilmente con un lavoro e con una fidanzata ufficiale. Ironico quanto due persone possano prendere strade diverse, non trovi?
Detto ciò, credo di poter concludere qui la mia lettera, non ruberò altro del tuo preziosissimo tempo, perciò ti saluterò con questa domanda:
Dimmi, ti ricordi veramente di me?"Restituisco il taccuino alla donna seduta davanti a me. Dopo avermi guardato confusa per qualche istante, va per leggere la lettera, tuttavia la fermo.
- Non la legga adesso, aspetti di arrivare a casa e lo faccia con il suo compagno -
Inclina la testa perplessa.
- Perché? - mi domanda.
- Come ha detto che si chiama? - la ignoro.
- Sara Loreti, e la pregherei di prestarmi attenzione, perché ha scritto questa lettera? E perché dovrei leggerla con il mio fidanzato? - insiste.
- Se le ho detto di leggerla dopo c'è un motivo, si fidi, capirà tutto stasera - spiego tranquillamente.
Sara mi guarda cercando di capire se sia effettivamente serio.
- Ok, non le farò altre domande a riguardo - si arrende poco dopo con un sospiro.
La osservo per un po'.
- Quindi, cosa ha intenzione di fare adesso che ci ha portato qui? -
Nathan è seduto accanto a me su un divanetto, mentre Sara è davanti a noi su una poltrona.
Mi guardo intorno. Il suo studio è molto ordinato. Anche la scrivania alle sue spalle sembra non avere una minima cosa fuori ordine. Le pareri sono prive di quadri e completamente bianche, come il resto della stanza d'altronde. Piuttosto triste a mio parere.
Non sarebbe un'esagerazione affermare che la cosa più colorata e viva in questa stanza sia Nathan il quale in questo momento sta sorridendo come suo solito.
- Posso spiegarvi la situazione? - chiede Sara timidamente.
Annuisco. Fa un bel respiro.
- Innanzi tutto vi starete domandando come ho fatto a portarvi qui, ma anche se non vi dovesse importare ve lo dico, poiché se dovessero chiedervelo dovrete dare spiegazioni: io sono una sua parente - dice rivolgendosi a Nathan.
- Ehi tesoro, mica ti offendi se un parente ti giudica, vero? - chiede Nathan sistemandosi gli occhiali sul naso e dandole subito del “tu”.
Sara sussulta leggermente.
- Non so perché dovrei offendermi… - si volta verso di me - e per lei sono… -
- Allora cara ti consiglio di bruciare il tuo armadio, se tutti i tuoi vestiti sono di questo stile hai bisogno di un aiutino - la interrompe.
Nathan è cieco… Non può vedere la donna e non l’ha mai “analizzata manualmente” come ha fatto con me. Perciò non ha la minima idea di cosa indossi, del suo aspetto fisico e tutto il resto. Probabilmente punterà sul fatto che Sara prenderebbe sul serio qualsiasi provocazione, pur sapendo che non è vero…
Mi volto verso di lui. Intelligente Nathan. Fare degli insulti generali senza mai andare nello specifico per non essere contraddetti. Bella idea…
- Ma… - prova a replicare Sara.
- Ah, la palestra esiste, ti consiglierei di farti un abbonamento annuale… Ne hai bisogno, inoltre potresti provare una maschera antirughe, sai iniziano ad essere piuttosto visibili -
Arrossisce.
Sbuffo.
Sara avrà su per giù qualche anno meno di me e qualche più di Nathan. Non può avere le rughe ad un’età così giovane, eppure sta credendo ad ogni singolo parola che sente.
Quanto è infantile…
- G-grazie vedrò di rimediare… Comunque - dice tornando al discorso iniziale - invece per lei sono un'amica stretta -
- Perché non può essere una parente di entrambi? - chiedo.
- Perché: primo, siete troppo diversi per essere congiunti, secondo, lei non ha nessun parente in vita e la gente non può resuscitare -
Assottiglio lo sguardo. Come fa lei a saperlo? Sono maggiorenne, perciò nessuno al carcere si è degnato di chiamare un mio familiare adulto.
- Adesso passiamo alle cose importanti. - afferma.
Annuiamo.
- Sono una giornalista. No, non siete qui per rispondere alle domande di un’intervista, almeno non per ora. Ho studiato entrambi i vostri casi ed avete molte cose in comune. Innanzi tutto siete entrambi in prigione per un omicidio doloso molto cruento, nessuno di voi due ha provato a dimostrarsi innocente ammettendo subito di essere colpevoli, le ferite mortali che sono state trovate sulle due vittime sono state fatte a mani nude, perciò avete ucciso senza un’arma, gli omicidi sembrano essere accaduti su per giù verso l’ora di pranzo per uno e di cena per l’altro, la vittima ha il volto contorto, come stesse provando dolore, l’ipotesi è che l’abbiate uccisa mentre era ancora viva, tuttavia non è chiaro come abbiate fatto a non far sentire a nessuno le urla degli uomini, poiché sono stati ritrovati in luoghi piuttosto affollati a tutte le ore -
- Come ha fatto a far rimanere fuori le guardie? E come facciamo ad essere qui insieme? - la interrompo.
Sara esita un attimo a rispondere, guardando prima me e poi Nathan.
- Ho varie conoscenze piuttosto importanti-
Sta chiaramente mentendo, ma sinceramente non mi va di continuare a chiederglielo.
- Ora capisco come mai porti questi vestiti di seconda mano… Spendi tutti i tuoi risparmi per pagare la gente affinché facciano ciò che chiedi - la provoca Nathan.
- N-non sono di s-seconda mano, i-io… - si blocca, non sa come rispondere probabilmente.
Nathan sorride.
A quanto pare non sa che quegli abiti sono stati fatti su misura da un sarto…
- E, adesso che ci ha spiegato questa cosa, possiamo tornare nelle nostre celle? -
- Em… Ho fatto in modo che vi mettessero nella stessa cella, tanto non siete pericolosi, non rischiate di ferirvi gravemente tra voi, giusto? - chiede leggermente preoccupata.
- Ma tesoro, quando capirai che il tuo fratellone sa cavarsela da solo? Inoltre cosa vorresti fare tu per aiutarmi con quel corpicino privo di un singolo muscolo? - la stuzzica Nathan autoproclamandosi fratello di Sara.
Sara indietreggia sulla sedia con un'espressione leggermente offesa.
- Su sorrida, non vorrà salutare il suo fratellone con quella faccia -
Adoro come Nathan la stia punzecchiando. Tuttavia Sara non sembra affatto spaventata, ma alla fine Nathan l'aveva detto di non amare le persone terrorizzate.
- Bene adesso che abbiamo riappacificato sorella e fratello possiamo tornarcene nelle celle? - chiedo leggermente spazientito.
Questa stanza non mi piace. Ha un cattivo odore.
Sara annuisce. Si alza e, dopo aver aperto la porta, chiama delle guardie che portami fuori prima Nathan.
- Em… scusi, potrebbe aspettare un attimo prima di uscire? Volevo dirle una cosa adesso che siamo da soli - chiede mentre sto per uscire.
Mi volto verso di lei. Annuisco.
- Io non so perché lei mi abbia detto quelle cose prima, né se questa frase avrà significherà qualcosa per lei, in ogni caso il mio fidanzato è Roberto Zanzi… - ammette timidamente.
La guardo apatico fermo sull’entrata.
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False Speranze
General FictionSolo quando avrai imparato ad accettare il fatto di odiarti potrai iniziare ad amarti.