Cap. 2 - La città del vento

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Elaine salutò i suoi genitori e si incamminò verso i due fratelli Ragnvindr che la aspettavano dove la strada di casa sua si immetteva tra i vigneti.

«Hai preso tutto?» le chiese Kaeya mentre sistemava lo zaino sul carro.

«Sì, e chi sei mia madre?»

«Non voglio sentire un lamento quando saremo arrivati e ti accorgerai di aver lasciato qualcosa»

«Non te la prendere, El. Kaeya è da stamattina che si comporta come un cryoslime impazzito» disse Diluc.

«Già ti manca Dawn Winery?» chiese a presa in giro l'amica.

«Voglio solo iniziare quest'esperienza col piede giusto. E voi non aiutate» disse Kaeya risalendo sul cavallo.

Diluc si voltò verso Elaine imitando il fratello e poi scoppiarono a ridere.

«Avete finito? Possiamo partire?» chiese Kaeya.

E trattenendo a stento le risate Diluc prese le briglie del cavallo e partirono alla volta di Mondstadt.


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La città era piena di vita: fiori a ogni finestra, persone per strada, il cinguettio degli uccelli che si univa alle voci allegre.

Per loro non era la prima volta a Mondstadt: quando Crepus Ragnvindr veniva in città per affari, a volte portava con sé anche i due bambini, a cui ogni tanto si aggiungeva anche la piccola Elaine. Allora la città era sembrata lontana e rumorosa, un posto dove stare attenti.

Oggi, invece, li accoglieva come abitanti e da quel giorno sarebbe stata la loro nuova casa.

Si diressero al quartier generale dei Cavalieri di Favonius, dove trovarono altre reclute. Quel giorno, infatti, si sarebbe tenuta la cerimonia di benvenuto per i nuovi cadetti dei Cavalieri e avrebbero ricevuto la loro uniforme.

C'erano tanti ragazzi come loro, più o meno della stessa età, qualche volto già visto durante le selezioni, altri nuovi.

Erano fortunati a essere insieme, sembrava tutto meno difficile.

«Ciao» si sentirono salutare.

«Ciao Jean» salutò Elaine.

«Sono contenta di vedervi. Com'è andato il viaggio?» chiese la ragazza dai capelli dorati.

«Tutto nella norma. Anche noi siamo contenti di rivederti, vero Diluc?» lo stuzzicò Kaeya.

Da quando avevano conosciuto Jean, Diluc non sembrava voler entrare nell'argomento e diventava piuttosto silenzioso quando la ragazza era nei paraggi. Naturalmente il fratello aveva intuito tutto e non perdeva occasione per punzecchiarlo.

«Posso avere la vostra attenzione? Bene, innanzitutto ben arrivati. Oggi è il vostro primo giorno da Cavalieri di Favonius e vi auguro sia il primo di una serie lunghissima. Ora passeremo nella sala principale per l'assegnazione delle uniformi e delle stanze, poi faremo un tour del quartier generale.»

A parlare era stata Mirtha, il cavaliere preposto alle nuove reclute, che li avrebbe seguiti durante le prime fasi di addestramento e di inserimento.

Dopo aver ricevuto l'uniforme corsero tutti a indossarla, impazienti di sfoggiarla come qualcosa di cui si è appena ricevuto il diritto di vantarsi.

«Pensavo fosse più comoda» disse Elaine avvicinandosi ai due amici d'infanzia.

«Dobbiamo abituarci, è per questo che ci faranno addestrare con l'uniforme» disse Diluc da vero esperto qual era dei Cavalieri di Favonius.

«Ti sta bene» disse Kaeya.

E nel suo tono non c'era traccia di ironia.

Elaine non si era aspettata un commento del genere da lui che non smetteva un minuto di infastidirla e di prenderla in giro. La serietà dello sguardo con cui l'aveva guardata le aveva fatto provare qualcosa di strano nel petto.

Anche Diluc si era accorto di qualcosa e fissò il fratello con aria interrogativa per un'istante, prima di passare a fissare il pavimento per non incrociare lo sguardo di Jean che li aveva raggiunti.

«Che ne dite di una foto? Per ricordare per sempre il nostro primo giorno» disse la ragazza.

«Giusto. Mirtha ha detto che fuori c'è il fotografo. Magari possiamo mandare una copia a Dawn Winery» commentò entusiasta Elaine, pronta ad aggrapparsi a qualsiasi scusa pur di non ripensare a quello che era successo un attimo prima.

«Così Adelinde la incornicerà e la mostrerà a tutti gli ospiti di Crepus» disse Kaeya che era tornato al solito tono ironico.

Uscirono tutti e quattro dal quartier generale, le uniformi nuove splendenti al sole, il vento della libertà sui loro visi.

Barbatos li aveva accolti nella sua città. Ma era risaputo; il dio del vento amava giocare.

Onde [Kaeya Alberich]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora