Pezzi di vita

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Il foglio bianco davanti a sé è quanto di più limpido abbia mai visto.

Non è un grande traguardo, pensa, eppure è visivamente la cosa più ordinata in quella camera, per cui dovrebbe guardarlo con un minimo di piacere. Spiritualmente, però, Manuel crede di aver iniziato a odiare quel foglio almeno un'ora fa, perché è precisamente da un'ora che su quel limpido e bianco vuoto sta proiettando mentalmente la sua confusione.

Manuel con i numeri non ci sa fare, e infatti solo adesso che ha promesso di stilare un elenco si è accorto che il diciotto è un numero davvero grande e che è già troppo se riesce ad arrivare al dieci.

O al cinque.

Non è mancanza di fantasia, è mancanza di fatti.

Manuel di Simone sa tante cose, a volte crede di saperne pure troppe.

Tipo che profuma di mela anche quando fa ginnastica o quando balla.

Tipo che profuma di mela in qualsiasi parte del corpo.

Sa cose che, però, si concentrano negli ultimi due anni della sua vita, perché il resto è tutto vago, buttato lì in racconti sovrappensiero o in tragedie riscoperte di recente.

Sbuffa platealmente, fa scontrare la punta della penna con la carta muovendola su e giù, su e giù, su e giù, fino a ritrovarsi con uno scarabocchio così nero che teme lo inghiottirà a breve se si lascia ancora deconcentrare dal nulla, per sfuggire alla confusione.

«Non ti chiedo se stai studiando perché ho paura della risposta.»

La figura di Anita si palesa sullo stipite della porta della sua camera. Ha in mano un cesto con dei vestiti e la frangetta scompigliata per lo sforzo delle faccende domestiche, accompagnata da una stanchezza sul viso tanto chiara agli occhi di Manuel.

«Te riposi due minuti che dopo t'aiuto io?»

Anita schiocca la lingua contro il palato. «Lascia sta', te vedo...concentrato?»

«Disperato.» la corregge Manuel, con franchezza.

«Disperato.» ripete Anita, annuendo.

«Sto facendo un regalo a Simo.» le dice, con gli occhi ancora fissi sul foglio. «O, almeno, quella è l'intenzione.»

Anita posa il cesto per terra, fuori dalla camera, e compie un passo all'interno prima di poggiarsi al muro con le braccia conserte. «Quindi, Simo...» sottolinea l'appellativo appena utilizzato dal figlio «...ha il grande privilegio di leggere tutte le belle cose che scrivi?»

Manuel sbuffa una risata. «Che ne sai che so' belle?»

«Lo sai il detto napoletano sugli scarrafoni, no?» gli chiede, ironica. «Semplicemente, te conosco.»

Manuel getta frustrato la penna sulla scrivania. Si stiracchia sulla sedia, portando poi le mani dietro la testa e scompigliandosi i capelli da solo, quasi come se fosse un incentivo alle idee per trovare un principio, uno svolgimento e una fine.

«Gli ho promesso...» comincia, per poi fermarsi. Scuote la testa forsennatamente e «In realtà non proprio, mi sono promesso di trovare 18 cose della sua vita che gli facciano capire che il Simone di oggi è ciò che è sempre stato. Ma è difficile e ho solo tre settimane di tempo.» ragiona, sfregandosi il viso con le mani.

«Hai mai pensato di chiedere a qualcuno?»

Quella domanda di Anita sembra ovvia, eppure Manuel – troppo preso dal fatto che fosse una sua promessa, un suo regalo – non ci aveva minimamente pensato.

18 cose vereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora