Capitolo 2.

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La palestra si trova vicino a un'uscita, perciò siamo fra i primi a mettersi in salvo nel parcheggio degli insegnanti. In mezzo a un bizzarro assortimento di veicoli, che va da una station wagon a una Porsche rosso ciliegia, osservo studenti dall'aria apatica che si allontanano dal fabbricato di cemento che costituisce il nostro liceo con passo noncurante,come se fossero invulnerabili al fuoco.
D'altronde neanch'io credo che ci sia un incendio.
La mia teoria è che qualche idiota ha suonato l'allarme per fare lo spiritoso(o la spiritosa), senza avere la lungimiranza per rendersi conto che poi sarebbe stato costretto a rimanere al freddo per un'ora in attesa dell'arrivo dei mezzi antincendio, dell'evacuazione dell'edificio da parte dei vigili del fuoco e,finalmente, della disattivazione di questo allarme assordante.
C'è vento e mi pare di scorgere sprazzi di neve. Ogni folata, mi raggomitolo sempre più nel tentativo di conservare il calore.
Non funziona.
Mentre le orde di studenti si radunano, colgo delle risatine,dei mormorii dovuti, con buona probabilità, al mio abbigliamento. Giurerei di aver sentito lo scatto di una foto fatta col telefonino ma quando, attraverso il mio ciuffo selvaggio cerco di individuarlo, il fotografo è già riuscito a nascondere le prove. Tuttavia gli ultimi echi di una sghignazzata, proveniente da un gruppetto di bulli messi in cerchio, mi mettono in ansia.
Continuo a fissarli da dietro, finché Alex Morgan fa scattare la testa da lucenti capelli corvini nella mia direzione e mi guarda dritto negli occhi. Si direbbe che, prima di abbandonare l'edificio, si sia data il tempo di mettersi un altro strato di eye-liner nerissimo.
Ci sono delle priorità.
Vorrei tanto che adesso ci fosse Jamie la mia migliore amica.
Solo soletto, con una maglietta di ottimo mia-ugurio, colgo frammenti di conversazioni su programmi per il fine settimana, sul fatto che << stiamo saltando il compito in classe>>,o << prendiamo la macchina e filiamocela a fare colazione da Reggie's, già che siamo fuori>>. Stringo ancora di più le braccia attorno al corpo, un po' per proteggermi dal freddo e un po' per nascondere il gatto.
<<Bella Maglietta>>,esclama un affabile voce maschile, che tradisce solo un pizzico di derisione. Usando la mano sinistra come un fermaglio improvvisato raccolgo il ciuffo più che posso e mi giro in direzione della voce.
E poi, il tempo si ferma.
Prima noto il sorriso. È ironico, ma lascia trasparire un equivocabile dolcezza. Prima ancora che il mio sguardo incontri il suo, la mia corazza inizia a cedere e, alla vista di quegli occhi, si dissolve del tutto. Sono di uno scintillante verde, con delle macchioline più scure, incorniciati da ciglia che farebbe invidia a qualsiasi ragazzo.
E stanno guardando me.
Proprio me.
Ancor più della bocca, sono i suoi occhi a sorridere.
Se avessi qualcosa accanto(magari un mobile, una persona, purché non ostile), allungherei una mano in cerca di sostegno fisico, perché in sua presenza mi sento vacillare.
In senso positivo.
Wow.
E poi all'improvviso, svanisce tutto. La maglia, il cellulare, la pallacanestro.
Non c'è nulla, a parte il ragazzo che ho davanti.
A giudicare dal suo aspetto, viene o da Hollywood o dal paradiso. Potrei guardarlo una giornata intera.
<<Grazie>>,rispondo, dopo chissà quanto tempo. Mi costringo a battere le palpebre. Il suo viso mi sembra vagamente familiare, ma solo perché vorrei che lo fosse.
Un momento, mi ricordo di lui?
Ti prego, ti prego, ti prego,fà che mi ricordi di lui.
Scorro rapidamente l'annosa raccolta di volti del mio album mentale. Ma il suo viso è introvabile.
Per una frazione di secondo, la cosa mi rattrista. Ma si fa avanti il mio lato ottimista. Probabilmente mi sbaglio. Dev'esserci,da qualche parte.
Dov'eravamo rimasti? Ah,l'abbigliamento...
<<Sto cercando di lanciare una nuova moda>>,scherzo.
Cambio posizione in modo che il vento mi sposti il ciuffo dal viso,e mi sforzo di notare qualcos'altro,oltre ai suoi occhi.
<<Belle scarpe>>,aggiungo.
<<Oh,Grazie>>, dice imbarazzato, abbassando a sua volta lo sguardo sulle sue converse all star color cioccolato. Chiuso l'argomento scarpe, apre la chiusura lampo della sua felpa marrone chiaro e se la toglie.
Prima che me ne renda conto, me la sta già avvolgendo attorno alle spalle, è come se fossi al riparo dal mondo, oltre che dagli elementi. La fodera felpata conserva il calore del suo corpo e profuma lievemente di sapone, di ammorbidente e di...ragazzo. Di ragazzo perfetto.
È rimasto in maglietta e, per essere uno sconosciuto, sto un po' troppo vicino. La sua t-shirt sembra vintage: è di un gruppo musicale che non ho mai sentito nominare.
<<Grazie>>, ripeto, come se questa parola fosse tra le uniche 10 che conosco nella mia lingua.<<Ma non hai freddo?>>.
Lui ride, neanche gli avessi fatto la domanda più assurda del mondo, e rispondo semplicemente:<<No>>.
<<Okay. Be',grazie>>, dico per la milionesima volta in due secondi.
Che problemi ho con questa parola?
<< non c'è problema, davvero>>,insiste. <<Mi sembrava ne avessi bisogno. Stai diventando blu>>, aggiunge, guardandomi attentamente. <<Mi chiamo Harry,comunque>>.
<<Louis>>, di più non riesco a dire.
<<Bel nome>>, dice con il sorriso disinvolto. Noto fossette sul suo viso. <<Indimenticabile>>, aggiunge. Molto divertente, penso.
Un urlo mi strappa dalla trance in cui mi ha mandato Harry.
<<Louis,che COSA ti sei messo?>>. Jamie Connor grida così forte che almeno in cinque smettono di parlare e si girano verso di noi. <<Shh Jamie, ci stanno guardando>>,e la tiro verso di me per cercare di farla stare zitta.Sento il profumo che la mia migliore amica porterà sempre.
<<Scusa>>,dice,<<ma sei un mezzo disastro>>, aggiunge ridacchiando. La guardo male.
<<Brutta mattinata?>> domanda prendendomi sottobraccio.
<<Già>>, rispondo piano, ben conscio che Harry sia qui accanto. <<Ho dimenticato la maglietta da ginnastica. Di nuovo>>.
Jamie mi da un solidale colpetto sulla spalla prima di cambiare argomento. <<Non voglio nemmeno chiederti di chi è stato a prestarti questa. Hai visto Anthony,qui fuori?>>, chiese perlustrando la folla. Ma il suo interesse per Anthony svanisce di colpo, nel momento esatto in cui scorge Harry. Il mio Harry.
<<Ehi>>,gli fa.
<<Ehi>>, risponde lui. Evita di guardarlo e può darsi che la cosa non mi dispiaccia.
<<Tu chi sei?>>, gli domanda Jamie, con la testa inclinata da un lato come un gatto curioso.
<<Harry Styles>>, risponde, osservandola infine per un istante. <<È il primo giorno alla Meridan>>. Distoglie nuovamente lo sguardo, facendolo scorrere sulla folla come se fosse stufo di trovarsi dove si trova. Mi accorgo che tiene la testa bassa, quasi non voglia attirare l'attenzione.
Jamie non è abituata al fatto che un ragazzo distolga lo sguardo da lei e, sinceramente vista la minigonna e la maglietta aderente che indossa, mi sorprendo anch'io del disinteresse di Harry. Jamie sposta il peso da un piede all'altro, facendo sporgere un fianco, e continua.
<<A che anno sei?>>,chiede.
<<Al terzo>>,risponde Harry.
<<Fico. Anche noi.>>,fa lei. Penso che forse ora la pianterà con le domande, ma niente da fare. <<Perché cominciare di venerdì,però?>>.
Harry la guarda di sfuggita, poi i suoi occhi trovano i miei ed eccolo di nuovo.
È tornato.
<<Non avevo niente di meglio da fare oggi>>, dice schiettamente. <<Abbiamo già disfatto valigie e scatoloni. Perché no?>>
<<Capisco...e da dove vieni?>>
Falla finita!
<<Sono appena arrivato da Boston>>.
<<Non hai l'accento di Boston>>,osserva Jamie.
<<Non sono nato lì>>.
<<Beccato!>>, esclama Jamie buttando indietro la testa per scostare qualche ciocca bionda dagli occhi. È una delle sue mosse caratteristiche(continuerà ad usarla per tutto il college e oltre) e, miglior amica o no, sfodero gli artigli.
Evidentemente mi sono irrigidito, perché Jamie si scosta un po' per guardarmi bene in faccia. Quindi osserva Harry e poi di nuovo me.
<<Mmmh>>, borbotta, e vengo assalito dal terrore che sia sul punto di affermare l'ovvio, invece prosegue col terzo grado. <<Be',dove stavi prima di Boston...>>.
Jamie viene interrotta dal silenzio, improvviso e profondo. Cessato l'allarme, il preside Flowers impugna il megafono e, come se fossimo una mandria, ci spinge a rientrare, con un tono che tradisce quanto detesti ogni singolo minuto passato in nostra presenza.
Jamie e io scambiamo un'occhiata e scoppiamo a ridere per la voce tonante prodotta dal minuscolo preside Flowers. O almeno, e ciò per cui rido io.
Quando ci riprendiamo, torno a guardare Harry. O meglio, vorrei tornare a guardarlo.
Ma se n'è andato.
Scruto freneticamente tra la folla, ma nel mare di colori spenti spiccano soltanto i maglioni bianchi, neri e rosso fuoco delle ragazze pon-pon. Decisamente non è loro che sto cercando. Sento che sto per essere preso dal panico, come quando si perde qualcosa a cui si è profondamente affezionati, l'orologio, la penna o jeans preferiti.
Adesso ci stiamo muovendo, Jamie e io, a braccetto. In effetti, sono quasi sicuro che riesco a muovermi solo perché Jamie mi trascina.
Finalmente, lo vedo.
Il mio stomaco fa le capriole quando individuo la T-shirt di Harry che avanza verso l'edificio.Tiene la testa bassa e cammina lentamente, ma con determinazione, trasmettendo un senso di calma. L'entusiasmo che provo nel vederlo lascia il posto alla delusione. Come ha potuto allontanarsi così?
Abbiamo passato dei bei momenti, no?
Abbiamo passato dei bei momenti, mi ha prestato la sua felpa e se n'è andato. E ora, se ne torna a lezione come se non fosse successo niente. Come se non avesse appena incontrato un interessante, sebbene non precisamente alto, ragazzo dai capelli castani.
Abbiamo passato dei bei momenti e, mentre Harry Styles, di Boston, li ha già dimenticati, io, alla vista del suo fondoschiena, stringo il braccio della mia migliore amica con tale forza da indurla a lanciarmi un'occhiataccia e a divincolarsi dalla stretta.
Di colpo la mia mattinata è ricaduta in basso e mi sento più giù di quando ho scoperto che il mio cellulare era morto. È buffo come il possibile riesca tirarci su. E come la realtà riesca ad abbatterci.
Sono alle spalle di Harry,a sei metri di distanza, e lo osservo mentre percorre a grandi passi il corridoio per la palestra, superando gli spogliatoi, l'aula di educazione stradale e quella di educazione militare, diretto verso l'atrio.
È come se non fosse successo niente. Niente di niente. E forse,chissà,è proprio così.
Eppure, nel momento in cui Harry Styles gira l'angolo scomparendo dalla vista, sono certo di una cosa. Una cosa che mi permette di nutrire una tenue, fievole, minuscola speranza di rivederlo.
Ho ancora addosso la sua felpa.

<< È andata bene la giornata?>>, mi chiede mia mamma quando salto a bordo della Prius.
<<Abbastanza>>, rispondo accendendo la radio.
<<Sei sopravvissuto anche senza cellulare, a quanto pare. È successo qualcosa di interessante?>>. Esce dal parcheggio della scuola e si avvia verso casa.
Scrollando le spalle, rispondo:<<Oggi è arrivato un nuovo ragazzo>>.
Mia madre mi da una rapida occhiata, poi torna a guardare dritto davanti a se. Mi accorgo che sta cercando di non sorridere, ma i suoi sforzi sono inutili.
<<Un ragazzo carino?>>,domanda. Non posso fare a meno di sorridere a mia volta.
<<Si>>.
<<Come si chiama?>>.
<<Harry>>.
<<Ci hai parlato?>>,mi chiede.
<<Un po'. C'è stata un'esercitazione antincendio e ci siamo ritrovati vicini. È piuttosto simpatico>>.
Mia madre resta in silenzio per un momento, probabilmente perché intuisce che sto per mettere fine alla conversazione. Ma poi ficcanaso com'è e sempre sarà, non riesce a resistere e mi fa un'altra domanda.
<<C'era tra gli appunti di stamattina?>>, mi chiede con aria non curante. Prendo in considerazione l'ipotesi di cambiare argomento o alzare la radio a tutto volume, ma, poiché è una delle due sole persone con cui posso parlare della mia condizione, mi giro per guardarla in faccia e rispondo.
<<Questa è la cosa strana!>>,esclamo.
<<Che cosa?>>,domanda eccitata.
<<Be', tra i miei appunti di stamattina non c'era, eppure abbiamo chiacchierato un sacco, e via dicendo>>,le spiego.
<<È stato strano>>.
<<Forse ti eri solo scordata di scriverlo>>, suggerisce mia madre. Abbiamo appena svoltato e stiamo entrando nel nostro complesso. Scuoto la testa.
<<Forse>>, dico: non ho più voglia di parlarne. In realtà so per certo che non potrei mai scordarmi di scrivere di Harry Styles.
Siamo praticamente arrivate a casa quando il cellulare di mia madre, che si trova nel portaoggetti tra due sedili, inizia a squillare. <<Scusa tesoro,devo rispondere>>.
<<Non c'è problema>>, replico, ben contenta di essere lasciata a fantasticare in pace.

Nel cuore della notte, con la penna in mano, sento dileguare la speranza. La felpa di Harry è qui, nel cesto dei panni sporchi, ma il suo volto sta scomparendo. Per quasi tre ore ho cercato di associarlo ai miei ricordi futuri. Mi sono interrogata: c'è qualche corso che seguiamo entrambi? Usciremo insieme? Lo frequenterò negli anni avvenire? Ma mentre l'orologio fa il conto alla rovescia verso le 4:33(l'ora in cui la mia mente si resetta e la mia memoria viene cancellata),sono costretto ad ammettere che Harry Styles è introvabile.
Non si trova nella mia memoria, e ciò significa che non fa parte del mio futuro.
Quando infine l'accetto, la verità scotta. Ma non c'è tempo di rimuginarci su e sono di fronte a due possibilità: riuscire a ricordarmi di una persona che non fa parte della mia vita, o escluderla dai miei appunti per risparmiarmi, domani, di riaffrontare tutto daccapo.
A questo punto, con la mente a pochi minuti dal "reset", mi sembra proprio di non avere molta scelta. Stringo i denti, afferro la penna e faccio ciò che devo.
Mento a me stesso.

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