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"Brutto figlio di puttana" borbottò a mezza voce, attirando su di sé gli sguardi confusi dei suoi due amici.

"Harry? È tutto ok?" domandò Niall preoccupato, avvicinandosi con cautela all'amico. "Con chi ce l'hai, piccolo?"

Quando il suono di quel maledetto soprannome giunse alle sue orecchie, Harry digrignò i denti e chiuse momentaneamente gli occhi. Pressò poi due dita contro le tempie e le massaggiò con forza, prima di prendere un lungo e profondo respiro nel disperato tentativo di mantenere la calma. Calma che non era nemmeno certo di possedere, se doveva essere onesto.

"Calmo. Devi stare calmo. Ce la puoi fare, Harry" tentò di rassicurarsi, nella speranza che forse, dato tutto il malessere che gravava sulla sua persona da un mese a quella parte, quella sera sarebbe finalmente riuscito a trovare le parole giuste con le quali spiegare ai suoi amici il reale motivo del suo turbamento.

Peccato che, come ogni volta, i suoi pensieri presero il sopravvento, e lo portarono indietro nel tempo a rivivere per filo e per segno ciò che accadde uno specifico venerdì sera di sei mesi prima.

Lo stesso venerdì sera in cui, mentre finiva di sistemare la sua scrivania e si preparava a lasciare l'ufficio per l'intero weekend, ricevette una telefonata totalmente inaspettata.

"Ho bisogno di parlare del numero di punta di lunedì, Harry. Ci sono delle cose che non mi tornano e vorrei chiarirle con te. Subito, se non ti dispiace."

Tuttavia, e prima ancora che potesse anche solo pensare a come replicare, un lungo e consecutivo bip risuonò nel suo orecchio, facendogli subito comprendere che la comunicazione fosse già stata interrotta.

Che strano, pensò. Louis non riceveva mai nessuno dei suoi dipendenti nel suo ufficio. Di solito, se aveva bisogno di parlare con qualcuno, si presentava direttamente nel suo ufficio senza troppe cerimonie.

"Questo è l'unico modo per essere certo che stiate davvero lavorando, e che vi stiate davvero guadagnando il cospicuo stipendio che vi retribuisco", diceva sempre.

Dopo quella considerazione passarono giusto pochi istanti, prima che le parole che Liam gli disse tempo addietro riecheggiassero nella sua testa: "Prima regola, Harry: se mai Louis ti dovesse convocare nel suo ufficio, ti resterà soltanto una cosa da fare: correre."

"Correre. Devo correre."

E detto questo, sistemò frettolosamente la scrivania, lanciò tutti i suoi averi personali nella ventiquattrore e salì di corsa le scale per il ventesimo, punto in cui era sito l'ufficio del loro capo. Solo l'ufficio del loro capo, in realtà.

E anche se il sudore e il fiatone erano decisamente dovuti all'aver appena salito tredici piani di corsa, Harry sapeva perfettamente che il vero motivo della sua agitazione non era dovuto né al possibile ritardo, né alle possibili correzioni da apporre all'articolo, ma a...

"Harry. È sempre un piacere vederti. Prego, accomodati."

... lui.

Lui che, come da manuale, lo aspettava seduto a cosce divaricate sulla sua regale poltrona di pelle nera, una mano posata sull'interno coscia e l'altra a reggere il peso della testa, e la solita espressione divertita accompagnata da uno di quei maledetti ghigni maliziosi che tanto amava rivolgergli.

E fu proprio a causa di quel sorrisetto compiaciuto, se Harry cominciò a prepararsi al peggio e a maledirsi mentalmente per non essere mai riuscito a farsi passare quel brutto vizio di...

"I-io... si. Si, ok."

... arrossire e balbettare frasi sconnesse, e di dubbio significato, ogni singola volta si trovava in sua presenza.

I'm Not Askin' Too Much, Just Wanna Be Loved By You || LSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora