~ 3 settembre 1992 ~
A Ginny mancano pochi gradini per arrivare nell'atrio quando una figura si staglia in controluce in cima alla scala. Dopo un attimo di apparente indecisione, inizia a scendere verso di lei con determinazione. Ginny aggrotta le sopracciglia.
«Ma ti svegli mai a un orario normale o conosci solo spaventosamente presto?!» Esclama quando riconosce il suo amico.
Alexander sorride, appoggiandosi al muro, ma l'espressione non raggiunge davvero i suoi occhi. Di fronte a lui, Ginny rispecchia la posizione, sistemandosi la borsa sulla spalla. Pesa. Ha preso tutti i libri della giornata per non dover correre nella sua stanza nella pausa pranzo.
«Che succede?»
Invece di rispondere, solleva la borsa che penzolava verso terra e ci scava dentro. «Tieni.» Le passa qualcosa avvolto in un tovagliolo. «È un panino con la marmellata, mi sembrava ti piacessero.»
«Sì...grazie...» Ginny lo prende incerta. Alexander sta guardando da qualche parta sopra la sua spalla sinistra. «Ma perché? Ho ancora tempo per la colazione in Sala Grande.»
«No!» Si infila le mani in tasca, imbarazzato per lo sfogo. La sua borsa è ormai abbandonata a terra.
«Alexander, che ti prende? È successo qualcosa in Sala Grande?» Capisce di avere ragione quando il ragazzo porta velocemente gli occhi sul suo viso. Ginny prova un moto di preoccupazione per Alexander, chiedendosi cosa possa averlo tanto sconvolto.
«Tutti...» inizia, allungando la vocale finale della parola più del necessario, come se stesse caricando il braccio all'indietro per un forte lancio tra i cerchi. «...parlano di come i tuoi genitori siano venuti a parlare con il preside stamattina presto. Hanno litigato. E tua madre ha urlato contro Silente perché ti voleva a grifondoro.» Fa una pausa. Ginny incrocia le braccia, stringendosi il busto come se le impedisse di provare la tristezza che le stringe il cuore. «Non so quanto di questo sia vero, però.»
Ginny sospira. «E mi hai portato la colazione perché...»
«Così potevi evitare gli altri. Pensavo potessimo andare presto ad incantesimi.»
Impulsivamente, Ginny lo abbraccia. «Grazie, lo apprezzo.» Chiude gli occhi, cercando di riordinarsi. Ha le lezioni da seguire, non può dispiacersi per se stessa. Soprattutto visto che, alla fine, i suoi genitori si calmeranno e tutto tornerà alla normalità. Probabilmente per Natale.
Alexander non dice nulla, ma ricambia la stretta, altrettanto forte. Le sue braccia intorno a lei valgono comunque più di qualsiasi altra risposta, in quel momento in cui sono le parole, più di tutto, a ferirla.
Con le borse in spalla, salgono il resto della scala. L'atrio è quasi vuoto. Passano pochi studenti, o mezzi addormentati o presi dall'ansia della consegna dei compiti estivi. Tutti vanno in Sala Grande senza notare Ginny e Alexander che costeggiano la parete fino alla scalinata, che si affrettano a salire.
La stragrande maggioranza della popolazione di Hogwarts è sveglia e in funzione, ma è ancora troppo presto per trovare gruppi che si dirigono in classe, intasando i corridoi. Che è esattamente l'obiettivo per cui Ginny aveva cercato di non dormire fino all'ultimo. Crescere in una famiglia numerosa significa accalcarsi ovunque: intorno al tavolo per i pasti, intorno al tavolino del salotto, per usare la polvere floo, in macchina. Ginny ama il calore della sua famiglia, ma può essere opprimente.
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Resilienza
Fanfictionresilienza: capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Ginny Weasley non vede l'ora di andare a Hogwarts, dove potrà avere amici che sono solo suoi. Dove potrà essere sé stessa, libera dall'occhio vigile della madre. Questa giovan...