II

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Manuel Ferro possedeva un cervello, davvero. Infondo gli esseri umani non possono viverne senza, quindi doveva averlo per forza.

Tuttavia, molte volte si dimenticava di usarlo. Cosa di cui ㅡ in sua difesa ㅡ, era benissimo al corrente. I suoi amici non smettevano, tra l'altro, di ricordarglielo. Ci scherzavano su praticamente sempre, il che era discutibile.

Il punto era che, non aveva bisogno di un cervello. Non necessariamente. Infatti, la maggior parte delle volte si dimenticava di averne uno. Altre volte si impegnava attivamente a cercare di dimenticare che ne aveva uno, più che altro voleva farlo tacere. Era lì che la musica gli veniva in aiuto; gli ricordava di non pensare. Era quello il motivo per cui l'amava così tanto. Era liberatoria. Non doveva pensarci, rifletterci, ragionarci. Rendeva il suo corpo più leggero, lo immergeva in uno stato di libertà.

Dopo le esibizioni, Manuel riusciva sempre a cadere in un quieto sonno, come un bambino, soprattutto perché donava il suo cuore alla musica e vendeva così tanto di se stesso che quasi dimenticava che cosa era la realtà. Beh, quello, assieme alla cara vecchia Mary Jane lo aiutavano nel farlo addormentare. Fumava sempre una canna prima di esibirsi. Gliel'aveva proposto Matteo, dicendogli che l'avrebbe aiutato a gestire l'ansia. Era vero. Lo faceva sempre sentire molto più rilassato.

L'unica cosa negativa, era il cerchione con cui si ritrovava a convivere il giorno dopo. Lo stesso cerchione che Manuel stava provando mentre Giulio scuoteva le sue spalle «Manuel!»

Quest'ultimo emise un lamento per poi girarsi dall'altro lato del divano, gli occhi ancora chiusi. Non era una persona mattiniera. «Manuel, so le due, sta venendo il proprietario de casa, te ne devi anna'!» Okay, non era neanche una tipo pomeridiano.

Manuel annuì «cinque minuti, Giu» mormorò con voce roca, tirando le coperte fin sopra la sua testa.

In un attimo però, quelle stesse coperte furono tirate via da lui e le tapparelle furono tirate su lasciando che la luce illuminasse la stanza «Manuel te devi alza'!»

Manuel strizzò gli occhi a causa della luce improvvisa «ma vaffanculo, va'» disse, seguito da uno sbadiglio. Si strofinò gli occhi e si alzò piano, il cervello ancora annebbiato dal sonno. 

«Aiutame a pulì» disse Giulio

«Seh, seh, damme un minuto.» di rimando l'altro gli lanciò una lattina vuota di birra mirando alla testa «che cazzo!» non aveva fatto veramente male, ma Manuel era scazzato, visto e considerato il modo in cui era stato obbligato a svegliarsi. Sentiva il diritto di lamentarsi per ogni singola puttanata.

«Muoviti, Ferro, non voglio che me caccino»

Manuel si alzò raccogliendo la lattina «okay, okay t'aiuto, gesù» mormorò prendendo una busta nera e buttandoci via tutta la spazzatura che stava sparsa per il pavimento e sul tavolino.

In dieci minuti resero l'appartamento decente. Per essere l'appartamento di Giulio, s'intende. Lui gli passò una seconda busta nera, spingendolo verso la porta «getta anche questa già che ci sei» disse.

Manuel roteò gli occhi «non t'ha detto mai nessuno che non se trattano così gli ospiti?»

Giulio rise «te hai smesso de esse' n'ospite du settimane fa quando hai deciso di trasferitte qui»

«Scusa se non ho soldi pe' affitta' n'appartamento a Roma!» Manuel si infilò le scarpe e il bomber, appoggiando le buste della spazzatura sulla spalla.

«Non c'ho bisogno de sorbirme pure la lagna tua, vattene» Manuel gli rispose con un dito medio, per poi aprire la porta e camminare lungo il corridoio. Incrociò quello che presumeva fosse il proprietario di casa di Giulio lungo le scale, facendogli un cenno con la testa. Gettò le buste fuori dalla porta e sospirò, passandosi le dita tra i ricci. Aveva bisogno di un caffè.

Rock 'n Roll ♡ SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora