ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 2

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𝐃𝐄𝐀𝐃 𝐌𝐀𝐍 𝐇𝐔𝐍𝐓

𝐄𝐑𝐈𝐂𝐀

"Per secoli si è punito l'omicidio con la pena capitale, eppure la razza di Caino non è scomparsa."
ALBERT CAMUS

Come ci si riprende da un omicidio?
È una domanda che non ho mai avuto motivo di pormi, nemmeno mentre ascoltavo i podcast di Elisa True Crime sul cellulare, ma suppongo che ci sia una prima volta per tutto, no? 

Come mi è capitato in altre occasioni di cercare le cose più stupide, dalla prova scientifica dell'esistenza degli alieni alle maschere nutrienti fai da te per i capelli, entro su Google. Il clic dei tasti si riverbera per la cucina semi buia e taciturna, mentre digito sul motore di ricerca con dita frementi. Un secondo dopo, mi si apre il mondo. Letteralmente. Un portale di informazioni che mi travolge e mi trascina nel suo abisso di conoscenza. La luce del display mi acceca, al che sono costretta ad abbassare la luminosità. Scrollo i risultati, gli occhi che corrono a leggere i titoli comparsi. Finita la prima pagina, ne apro un'altra e ripeto l'operazione. Eppure, arrivo alla stessa conclusione. Non visualizzo un solo sito che sappia fornirmi una risposta afferente, solo link che indirizzano a siti includenti definizioni estrapolate dal Codice penale e a svariati PDF in cui viene analizzato sommariamente cosa sia l'omicidio, le diverse tipologie, ad esempio il delitto passionale o quello d'onore, le motivazioni, le pulsioni che lo scatenano e l'impatto a livello emotivo su chi lo compie e su chi lo subisce come spettatore. Per non parlare di quelli in cui viene ricostruito il profilo psicologico-comportamentale del serial killer. 

Avendo del tempo libero a disposizione (una volta tanto) e non sapendo come sfruttarlo diversamente, decido di soffermarmi su quest'ultimo sito. In attesa che la pagina si carichi – il mio WiFi fa schifo ultimamente - ne approfitto per versare dell'altro vino rosso nel calice. E conoscendomi, sarà il primo di molti altri.

Deposito la bottiglia sull'isola, mi sistemo meglio sullo sgabello incrociando le gambe e mi stiracchio la schiena come un gatto assonnato, la felpa oversize che accompagna il movimento e sfiora morbidamente la pelle. Di sfuggita sbircio fuori dalla finestra. Anche oggi è una giornata uggiosa, perfetta per starsene in casa e tracannare vino. Tra lo studio e il lavoro al Prince of Wales - il pub in cui lavoro come cameriera da tre anni a questa parte - sono poche le occasioni in cui posso concedermi questo piccolo lusso, e senz'altro andranno diminuendo una volta iniziata l'università, ovvero tra meno di una settimana.

La pagina finalmente si apre, quindi comincio a leggere interrompendomi ogni tanto per bere. Il sentore corposo e deciso del vino inebria subito le papille gustative e attenua la tensione che mi gravita sulle spalle e lungo la schiena, nonché la frustrazione di una notte passata in bianco.

Proprio quello che mi serviva.
Non mi sono ancora ripresa dall'accaduto e, nonostante mi sia fatta la doccia più volte, mi sento sudata e sporca. Rivedo costantemente il sangue sulle mani e le unghie incrostate di terra. E di certo quello che sto leggendo non mi aiuta a dimenticarlo. Non c'è niente qui che legittimi l'omicidio, solo elenchi di citazioni di noti luminari che lo condannano. Di psicologi e di psichiatri che lo trattano come un fottuto problema psichiatrico. Di moralisti del cazzo che consigliano di aborrire il rancore e mettono al rogo la vendetta. Ma vaffanculo! E a chi dovrei rivolgermi? Alla polizia? Beh, non c'è mai. Non c'era per me quando ne avevo bisogno e non c'era per Meghan la notte scorsa.

𝐃𝐄𝐕𝐈𝐋𝐈𝐒𝐇 𝐏𝐋𝐀𝐘 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora