ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 4

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𝐀 𝐒𝐈𝐆𝐍 𝐅𝐑𝐎𝐌 𝐆𝐎𝐃

𝐄𝐍𝐑𝐈𝐂𝐎

"Il Destino mescola le carte e noi giochiamo."
ARTHUR SCHOPENHAUER

Gesù, dammi la cazzo di pazienza.
Ma quanto parla?

<<Oddio, sì! Non ti fermare, non ti fermare!>>

Il cigolio delle molle, la testata del letto che sbatacchia inarrestabile contro il muro e i gemiti sincopati della puttana sotto di me mi stanno venendo a noia. Il mio cazzo entra ed esce dalla sua fica calda e umida a un'andatura frenetica, mentre il sudore cola con flemma sulla fronte aggrottata per la tensione dei muscoli. Li sento contrarsi a ogni spinta, la sua eccitazione che luccica lungo le cosce aperte, il culo piccolo e tondo che impatta ritmicamente sull'inguine.
L'ho sculacciata un po' prima di montarla sino a sentire le dita della mano formicolare come un nido di vespe, nella speranza di provare qualcosa punendola per essersi intrufolata nel mio attico senza il mio permesso, anche piccola. Ma nulla, se non un moto di irritazione nel vedere naufragare un altro tentativo.

Niente è cambiato, ed è così da un paio di mesi. L'anedonia guerreggia con la neofilia e io mi ritrovo tra due forze inconciliabili, a cercare di preservare un equilibrio ormai precario, mentre la puttana si fa sbattere senza alcun rispetto e gode beatamente.
La sua testa è compressa contro il cuscino accanto al tanga lacero e si china di lato per incontrare i miei occhi, le tette grandi e sode traballano a ogni onda d'urto, sul viso una smorfia di dolore e piacere nel risucchiare il mio uccello, ma la stretta sui suoi capelli biondi le impedisce di muoversi più di così. Si regge con le ginocchia malferme che affondano nel materasso, il culo in su e le mani legate dietro la schiena da un paio di manette di cuoio. 
Rispetto alla compagna, che giace al suo fianco abbandonata nel sonno, questa ha dimostrato maggiore resistenza.

<<Cazzo, sì. Sto per venire>> ansima, il rossetto sbavato sulla bocca e sul mento, quando al cazzo aggiungo le dita massaggiandole il clitoride turgido, e la sua fica si stringe al membro con la forza di un laccio emostatico. Lei si dimena, accecata dal godimento. <<Ah! È incredibile, oddio...>>

<<Chiudi quella cazzo di bocca o alle manette ci aggiungo un bavaglio>> avverto, laconico.

Più che eccitarmi, mi sta provocando un mal di testa con quella sua voce del cazzo. 
Prontamente, si morde il labbro e serra le palpebre, stentando a reprimere i mugolii che le escono dalla gola sottile.

Sono ore che la scopo in tutte le posizioni possibili e inimmaginabili, sia per mezzo di strumenti appositi che senza, intervallando le prestazioni a momenti di recupero. 
Ore che rincorro un orgasmo che non accenna ad esplodere come vorrei. 
Ho eiaculato e cambiato il preservativo più volte, ma in nessuna di queste ho provato quel terremoto interiore in grado di ottenebrarmi la vista e la ragione. La sensazione di varcare un qualche confine, di esplorare un nuovo antro dell'ignoto, di superare un limite. Di morire.
Al massimo un lieve tremore mentre svuotavo le palle nella fica di una e me le facevo poi succhiare a dovere dall'altra, studiando apatico la ricrescita sulla chioma di capelli rossi, poi gli occhi scuri e la bocca vogliosa allargarsi attorno all'asta e ingoiarla centimetro dopo centimetro, intanto, che, con la mano, provvedeva a darmi piacere sulla base.
Li ho scrutati a lungo, quegli occhi. Sono maliosi, eppure lontani dall'incarnare il vero peccato, o quanto meno il bagliore del suo fuoco. E la sua bocca, per quanto assomigli alla lama argentea di un coltello, non è affilata al punto giusto. Graffia, ma non taglia.

𝔇𝔢𝔳𝔦𝔩𝔦𝔰𝔥 𝔓𝔩𝔞𝔶 [𝒾𝓃 𝓇ℯ𝓋𝒾𝓈𝒾ℴ𝓃ℯ✍️]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora