La Guerra dei Mashkra III

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TERZA PARTE

I soldati dei Varawer radunarono tutti i corpi dei loro fratelli caduti. Uno ad uno li posizionarono sopra delle grandi assi di legno intervallati da grandi quantità di paglia.

<< Non mi importa ci avvistino, lo hanno già fatto.>> disse Morow quando diede l'ordine.

Furono distribuite un grande numero di torce come tradizionalmente si faceva durante i funerali militari, tutti i soldati si posizionarono in cerchio attorno alle numerose pire che erano state costruite. La maggior parte delle tende erano state montate e gli animali messi a caldo, ma la priorità fu data all'ultimo saluto.

Dentro la più grande tra le tende, il capitano era seduto affianco ad un tavolino con una pergamena, una piuma ed un po' inchiostro.

<< Non ho mai scritto niente del genere...>> sussurrò Morow mentre agitava la penna lasciando cadere delle piccole goccioline nere, come lacrime piene di dolore che macchiarono la pergamena pulita. << Non so da dove iniziare...>> la mano sinistra si appoggiò alla testa ed iniziò a farsi largo fra la folta capigliatura dell'uomo.

<< Capitano, ci sono due vie per dare una notizia assai brutta quale questa: la prima è scrivere come un politico, come un Visconte quale è.>> iniziò a frugare nelle tasche della sua lunga tunica grigia. << Sa, potrebbe attingere da alcune frasi che scritto nella mia lunga vita di servizio per suo padre...>>

<< No, la prego. Vada avanti, qual è la seconda via?>> chiese Morow interrompendo l'aio.

<< La seconda via è quello di aprire il proprio cuore. So quanta difficoltà abbiate voi nobili a lasciar trasparire i vostri sentimenti, ma in questo caso, credo sia opportuno che lei scriva qualcosa che le viene da dentro.>> spiegò il maestro avvicinandosi al Visconte.

<< Lei ha servito la mia famiglia per molti anni. Allora mi dica, Aio, quale pensa sia quella migliore da seguire.>>

<< La seconda mio signore.>> rispose poggiando la mano sulla spalla del ragazzo.

Morow tornò voltato verso la scrivania e si sistemò con la schiena ritta. << Così sia allora.>> convenne con il suo maestro. << Vada per favore, vada a dire ai ragazzi che sarò lì fra poco. Vorrei poter scrivere questa lettera al nostro Re da solo, nell'intimità che richiede.>>

L'Aio fece un cenno con la testa e indossando il cappuccio fece per uscire dalla tenda << Si sbrighi capitano, qui fuori la stanno attendendo.>> e se ne andò.

"La Campagna ai confini tra la Contea di Bolonia e Fuoco Freddo ha subito una battuta d'arresto. I ribelli e traditori della Corona nella notte hanno distrutto un accampamento e duecentosessanta-sette nostri fratelli sono caduti. Invierò un altro Merlo con tutti i nomi da ricordare. Prometto, giurando sulla mia testa, sul mio onore e sulla mia posizione, che questa Campagna ci vedrà vittoriosi ed il termine arriverà tosto.

Lunga Vita ad Athen Varawer I.

Visconte Morow Hundergritch"

I rotoli di pergameni erano piccoli, poiché dovevano esser legati attorno alla esile zampetta di un merlo. Molti Ai studiavano la composizione di questi messaggi brevi e concisi, ma scriverlo in prima persona rendeva il messaggio più potente per chi lo riceveva.

Si alzò dalla poltrona ed uscì dalla tenda: i suoi soldati erano stati lì al freddo ad aspettarlo nelle loro tuniche di lana per una ventina di minuti. Il freddo era intenso, la bufera era passata ma il vento notturno e gelido continuava a soffiare da un paio di ore. Morow osservò i suoi fratelli, le pire costruite e comprese di dover fare di più, allora si tolse la sua giacca calda e la fece cadere a terra. Fransis lo vide e sorrise approvando il gesto, per un Nobile era difficile avvicinarsi a gente del rango del soldato semplice, per lo più composti da feccia, ultimi, orfani e dimenticati. Essere come loro era una condanna, ma per commemorare gli eroi caduti, bisognava ricordare che per quanto la vita potesse essere infima, davanti alla morte, la vita è sempre un privilegio.

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