Capitolo 2: Amore, finalmente ci incontriamo

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Il messaggio di invito all'evento aveva punti dove non avrebbero dovuto esserci, spazi doppi fra una parola e l'altra che l'avevano indignata, parole grandiose che risultavano farlocche, posticce, da lecca palle. Che schifo, st'animale non sa neanche come si scrive un messaggio in italiano! Ma si può? Ma non era neppure il peggio, quello. Yor guardò il cielo e pregò, Dio, ti supplico, non oggi. Non far piovere proprio oggi!

Una ventata gelida le tagliò come una lametta le caviglie scoperte. Si dovette affrettare a chiudere la porta in vetro e ferro battuto quando vide che Melissa Guarino, tailleur sui toni del vinaccia che le spegneva il viso pallido e i capelli tinti di un color albicocca (che fosse una finta autumn woman?) le aveva rivolto un'occhiata sdegnosa, come a dire "Che diamine ci fa questa qui se non sa neppure preoccuparsi di noi ospiti?".

Che la dottoressa Guarino non si ricordasse neppure il nome di chi avrebbe dovuto occuparsi di lei era assicurato, ma Yor non avrebbe potuto farci niente comunque, perché lei era una junior (due anni di seniority, forse superati i dieci sarebbe stata considerata senior? Non esisteva un cazzo di step intermedio?) e il suo compito era solo fare "gavettagavettagavettafinoamorire, Yor!", le aveva detto una volta Sasha piangendo disperata, ancora impressa dentro di sé la forma dell'uccello di Davide Desmond.

Si trovavano tutti rinchiusi lì dentro – lei, la Spai International, i dipendenti della Bround che si riversavano a fiotti di reflusso gastrico dentro la sala che Yor era riuscita a prenotare, con enorme successo, per il dieci aprile. Una gabbia grigia che la separava dal mondo esterno, un nuovo girone infernale in cui mettere a dura prova la sua sopravvivenza o, come avrebbe detto Yuri, per fare "palestra emotiva". Come se vivere a Milano, dopo essersi trasferita dalla realtà piccola e circoscritta di Monza, non lo fosse già. Poggiò una mano su una delle tante lastre di vetro incorniciate da riquadri di ferro e supplicò ancora il cielo: le fronde degli alberi si scuotevano, impazienti che una goccia di pioggia bagnasse le foglie per poi crollare giù al suolo. Alcune radici erano emerse dal terreno come i tentacoli di una piovra atlantica, rendendo discontinua la superficie, come se quel cortiletto inglese facesse fatica a contenerle. Yor si sentì empatizzare così profondamente con quelle radici che le si accaldarono gli occhi, un palloncino invisibile che iniziava a gonfiarsi dietro il naso, dietro i bulbi oculari. Imputò la causa di quel tracollo emotivo alle mestruazioni e asciugò il muco che le aveva tagliato in due il labbro.

"Yor! Cara!" si voltò. La signora Bartolomeo le correva incontro come una bambina corre incontro a sua madre dopo le lezioni, o una madre che corre incontro a sua figlia dopo averla spedita una settimana dai nonni per un viaggio con le amiche a Barcellona (sì, le ricordava proprio quella scena lì). In ogni caso, Yor le sorrise con affetto spontaneo e stese le braccia, anche se sapeva che la signora Bartolomeo non l'avrebbe abbracciata per una sua difficoltà nell'esprimere affetto. Si vennero incontro e rimasero entrambe così, con gli arti rigidi e tesi, una posizione di danza classica, un abbraccio virtuale che Yor apprezzò come se l'avesse stretta al petto. D'altronde, anche lei non amava il contatto fisico, gli abbracci travolgenti e pieni di calore, specialmente con le persone del suo stesso sesso; diversamente dal modo in cui avrebbe mangiato di baci, stritolato, morso il suo fratellino Yuri.

"Yor" ripeté con occhi che brillavano dall'entusiasmo. "Ma oggi è il tuo compleanno, o sbaglio?"

Yor annuì e disse solo "Lo è" e quella rispose, facendo un passo verso di lei come a volerla abbracciare di nuovo, ma senza farlo davvero: "Ma che meraviglia! Ne sono ventotto, giusto?".

Yor decise di non chiedersi perché la signora Bartolomeo riuscisse a ricordare date rilevanti e compleanni di tutti i dipendenti dell'ufficio. Che se lo segnasse sul calendario del cellulare? Che fosse un suo modo per nutrire quel vuoto che dentro di lei strillava "Guardatemi! Datemi affetto! Datemi affetto cazzo!"? Non lo sapeva, ma, ad ogni modo, non aveva motivi per dubitare della spensierata generosità con cui le era venuta a fare gli auguri e con cui le stava porgendo ora un regalo davanti agli occhi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 05, 2023 ⏰

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