Capitolo 4. Hope I never lose you, hope it never ends

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Drew
Non riuscivo a fare a meno di guardarla.
I miei occhi erano troppo attratti da qualunque movimento facesse, anche il minimo cenno, anche quel ritmico sollevarsi della sua cassa toracica.
Non mi era nemmeno servito un secondo per riconoscerla.
Non potevo quasi a credere ai miei occhi quando la avevo vista entrare nell'edificio.
Pensavo che fosse un crudele gioco della mia stessa mente, come se volesse indurmi a pensare di averla finalmente ritrovata.
Quando però la avevo sfiorata, quando quel contatto di cui ero bisognoso era avvenuto, avevo realizzato che era lì.
Era reale.
E quando aveva scosso quella chioma di ricci disordinati e avevo sentito il suo inconfondibile profumo di gelsomino e cocco, probabilmente uno dei più singolari abbinamenti che abbia avuto il piacere di immaginare, qualunque dubbio avessi era stato spazzato via della consapevolezza di non averla persa.
Avevo intuito subito che lei non mi aveva riconosciuto.
Così come era successo la sera di Capodanno.
Non gliene facevo una colpa.
L'ultima volta che ci eravamo visti, escludendo la festa di appena una settimana prima, abitavo in North Carolina, avevo sette anni e avevo un aspetto completamente differente.
Non potevo aspettarmi che lei capisse subito chi fossi, ma d'altra parte mi sembrava che lei avesse voluto dimenticarmi.
Come se la mia presenza nella sua vita non fosse stata per nulla rilevante.
Esattamente il contrario di quello che lei era stata per me.
In tutti quegli anni non ero mai riuscito ad avere una relazione seria, per via dei sensi di colpa che mi erodevano dall'interno.
Lei invece sembrava che avesse continuato la sua vita senza alcun tipo di problema.
Probabilmente aveva trovato qualcun altro in grado di renderla felice.
Mi irrigidii al solo pensiero.
Lei probabilmente notó questo cambiamento da parte mia.
" Va tutto bene?" Mi chiese, con quel suo tono di voce così dolce capace di cambiare completamente il mio umore.
Lei, in mancanza di una risposta da parte mia, si avvicinò cautamente a me e mi toccò il braccio.
Quel contatto così delicato, compiuto con quei suoi polpastrelli titubanti fece affluire una grande quantità di sangue al mio avambraccio.
" Drew"
Sentire il suo nome pronunciato da lei, con quella sua inconfondibile erre che risentiva ancora del suo accento spagnolo, mi fece tornare a ragionare.
" Si, sto bene, tranquilla" dissi, evitando di farla preoccupare ulteriormente.
Dopo aver salito qualche altro gradino avvolti da un insolito silenzio giungemmo al ventesimo piano, che era uno dei tanti di quell'edificio dove avevano sede degli uffici.
Appena entrammo il familiare profumo di caffè e di pulito che quel luogo emanava sin dal primo giorno che ci avevo messo piede ci accolse.
Diversi sguardi curiosi ci assalirono.
Un espressione sconcertata si dipinse sul volto di Clara.
Mi sentii in obbligo di rassicurarla.
Allungai la mano verso la sua, distesa accanto al suo fianco.
Intrecciai le mie dita alle sue, beandomi del calore che la sua pelle irradiava a contatto con la mia.
" Sta tranquilla, non mordono nemmeno loro" le sussurrai, rendendomi poi conto che il suono che era uscito dalla mia bocca era talmente impercettibile che probabilmente avrebbe dovuto essere molto più vicina a me per sentirlo.
Il pensiero del suo corpo più vicino al mio mi investì.
Pensavi a come sarebbe stato stringerla tra le mie braccia ancora una volta, percorrere tutte le curve del suo corpo anche solo per realizzare che non fosse una presenza frutto della mia fervida immaginazione.
Scossi lievemente la testa, per allontanare il più possibile quel pensiero che era decisamente in grado di distrarmi.
Alla fine, vedendo che lei era rimasta immobile, terrorizzata da quella miriade di occhi puntati su di noi, io procedetti con delle falcate decise, senza però lasciare la sua mano.
Lei alla fine mi seguii, mentre i nostri palmi erano ancora vicini.
Mi fermai davanti a l'ennesima fila di scrivanie unite, dove erano situate la mia e quella che a breve sarebbe diventata sua, visto che era stata abbandonata poco tempo prima.
Lei mi seguì, esaminando ogni singola scrivania.
Il suo sguardo si soffermò sulla sua, che era una semplice e spoglia scrivania bianca.
Le altre erano state riempite invece da diversi oggetti come articoli di cancelleria, piante, finte o vere, vasi di fiori, tomi rilegati in pelle, astucci, portapenne e altre cianfrusaglie varie.
" Non hai alcune ragione per cui preoccuparti, va tutto bene" le sussurrai, avvicinandomi al suo orecchio destro, in modo tale che potesse sentire le mie parole.
Lei trasalì.
" Bene, questa sarà la tua postazione d'ora in poi, come ti ha già detto Maddie ti mostrerò ciò di cui ci occupiamo e come svolgiamo il nostro lavoro"
Lei a un tratto sembrò riscuotersi da quel suo stato ansioso e annuì convintamente.
Appoggió la borsa di tela che teneva in spalla sulla scrivania e io riuscii a leggere la frase che vi era impressa sopra.
Era una frase motivazionale scritta da un certo Joshua J. Marine.
" Le sfide sono ciò che rende la vita interessante, superarle è ciò che le da significato"
Era una di quelle classiche borse che ti offrivano in omaggio alla fine di una mostra d'arte o nelle librerie.
Abbozzai un sorriso, pensando a quanto dovesse piacerle considerato che la aveva portata con sé il suo primo giorno di lavoro.
Lei stava per sedersi, quando interrompe il movimento.
" Cosa c'è che ti fa sorridere?" Mi chiese.
" Oh, nulla, solo la frase motivazionale di quel Joshua scritta là" dissi, indicando la borsa.
Lei si girò e quando la vide un'onda di stupore si fece strada sul suo viso.
Appena si voltò e vidi la sua espressione mi misi una mano davanti alle labbra, cercando di trattenere una risata.
Lei stessa fu la prima a scoppiare in una risata sincera.
Quel suono così melodioso mi scaldò il cuore.
" Ok, questa frase è sinceramente pessima, ma a mia discolpa posso dire che è la prima borsa che era appesa all'attaccapanni e stamattina ero di fretta"
" Cosa ha provocato un ritardo capace di farti utilizzare una borsa con una squallida frase motivazionale come quella?"
" Mi sono addormentata tardi ieri sera e stamattina non ho sentito la sveglia, in più ho dovuto prendere il pullman, dato che abito in periferia, cioè esattamente dall'altra parte della città, che per giunta era quasi del tutto pieno, e odio gli spazi affollati. Poi sono giunta alla fermata più vicina, che dista due miglia da qui e ho dovuto percorrere tutta quella strada correndo" disse.
Lei abbassò lo sguardo.
Notai subito quanto fosse tesa.
Avrei solo voluto avvicinarmi a lei, per avere quei due smeraldi che erano le sue pupille distanti da me solo pochi centimetri, per poter memorizzare tutti i particolari di quella distesa di verde con delle note color nocciola.
Avrei voluto posarle due dita sotto al mento, per alzarle delicatamente la testa, per costringerla a guardarmi negli occhi e a affrontare tutte le verità a cui eravamo esposti.
Abbassai lo sguardo sui tacchi vertiginosamente alti che portava in quel momento.
" Non è stata decisamente la tua scelta migliore stamattina mettere queste scarpe, forse anche peggiore di quella della borsa con la frase di quel Joshua"
Gli angoli della sua bocca sbocciarono in un sorriso, per la quale avrei pagato cifre esorbitanti , solamente per rivederlo in qualunque momento.
" Se può farti piacere potrei accompagnarti io d'ora in poi, la strada si percorre più velocemente in macchina"
" È molto gentile da parte tua, davvero tanto, ti ringrazio ma non è necessario, alla fine il viaggio fino a qui non è poi così male"
Riconobbi subito che quella era una menzogna.
Quando mentiva diventava visibilmente più tesa.
Sapevo bene quanto odiasse mentire alle persone che amava. Quando eravamo bambini non faceva altro che ripetermelo.
Però sapevo bene anche che lo faceva sempre per non far stare in pensiero i suoi cari.
" Quando andavo al liceo dovevo attraversare tutta la città per raggiungere la mia scuola, mi ricordo bene quanto fosse faticoso svegliarmi presto la mattina e fare tutta quella strada, per cui insisto, mi farebbe tanto piacere poterti aiutare. Anche io abito in periferia, per cui non mi cambierebbe moltissimo passare a prenderti"
Non era affatto vero.
Sapevo qual era il suo indirizzo, e la sua villa distava moltissimo dal mio appartamento.
Ma per lei avrei compiuto lo sforzo di alzarmi ancora più presto del solito.
Per agevolarle la vita avrei fatto anche centinaia di notti in bianco.
Lei si morse il labbro inferiore.
Quel movimento mi fece impazzire.
Avevo una voglia malsana di capire quanto quelle dannate labbra potessero essere morbide.
Trattenni quell'istinto, aspettando una risposta da parte sua.
" Davvero Drew, non posso chiederti di fare una cosa del genere, sarebbe fin troppo"
Se solo sapesse tutto ciò che farei per lei, se solo sapesse che lei è l'unica persona che io mai abbia amato nel modo più incondizionato, se solo sapesse che avevo passato anni a sognarla ogni notte, che avevo sentito la sua mancanza per quella che mi sembrava essere una vita.
" Infatti non me lo stai chiedendo, sono io che te lo sto proponendo"
Sul suo viso si dipinse quella sua tipica espressione corrucciata che aveva fin da quando era piccola.
Mi ricordavo bene la prima volta che il suo volto aveva assunto quell'espressione in mia presenza.
Io ero più grande di lei di due anni e di conseguenza ero anche più alto.
C'è stato un periodo in cui non facevo altro che ripeterle quanto fosse bassa.
Un giorno, dopo l'ennesima volta che le avevo ribadito questo dato di fatto, lei si era messa a negare l'evidenza, si era arrabbiata, e non poco, e aveva deciso che la punizione peggiore che potesse darmi fosse lasciarmi solo.
Su due piedi pensai di potercela fare.
Non avevo resistito nemmeno un'ora.
Ero tornato da lei, implorando il suo perdono.
Lei mi aveva ignorato, continuando a tapparsi le orecchie mentre parlavo e scuotendo la testa, fingendo di non sentirmi.
Era davvero testarda, sin da quando era piccola, e anche quel particolare non era cambiato.
L'unico modo in cui ero riuscita a convincerla che fossi veramente pentito fu pagarle un gelato.
Sapeva che odiavo farlo, ma per lei lo avevo fatto.
Perché quando mi aveva lasciato solo, mi ero sentito svuotato.
La sua compagnia era fondamentale per me, tanto quanto lo erano il battito cardiaco, il sangue o l'ossigeno.
Sorrisi a quel ricordo.
Notai il mutamento dell'espressione di Clara davanti.
In quel momento la consapevolezza che lei , la persona che stavo cercando da anni, di cui avevo sognato a occhi aperti, che avevo sperato di ritrovare, era lì davanti a me, mi tolse il fiato.
" Ti prego Clara, lasciami fare almeno questo. È solo un innocuo favore"
E un modo per vederti più ore al giorno.
" D'accordo, se per te è così importante va bene"
" Dovrai venire da me alle sei e cinquanta però. Rischieremmo di rimanere bloccati nel traffico mattutino e di arrivare in ritardo, altrimenti"
La prospettiva di svegliarmi alle sei non mi allettava per nulla, ma poi mi ricordai che avrei passato con lei quasi dodici ore ogni giorno.
" D'accordo, ma a una condizione"
" Quale?"
" Dovrò anche riportarti a casa. Ogni sera. Questa opzione non è negoziabile. È un clausola"
" Di che cosa?"
" Del nostro contratto. D'ora in poi considerami il tuo autista personale"
" Da quando sarà attivo questo accordo, se posso saperlo, autista?"
" Da stasera. Senza discussioni"
" Ma..."
Le posai un dito sulle labbra appena schiuse.
" Ah, niente ma. Come ti ho già detto queste sono delle clausole. Non possono essere contrattate, né in alcun modo modificate. Che tu sia d'accordo o meno"
Lei annuì.
" Affare fatto?"
" Si, ora siamo soci"
" Ora sei il mio capo e io il tuo autista"
" Tecnicamente io dovrei essere una tua cliente"
" Come desideri, cliente, sei anche fortunata, sei l'unica cliente. Sono a tuo completo servizio e a tua completa disposizione"
Gli angoli della sua bocca si arricciarono e le labbra di distesero, formando un altro dei suoi magnifici sorrisi.
Quelle maledette labbra sarebbero state la causa della mia morte, di questo ero certo.
" Diamine, devo aver perso il mio carisma, ormai nessuno ride per qualcosa che dico"
" Non lo hai mai avuto, hai solo troppa fiducia in te stesso" esclamò Carlacia, da un punto imprecisato dietro di me.
" Grazie mille Carl, sempre simpatica vedo"
" Concordo con lei" le fece eco Madison, seduta precisamente accanto a Carlacia.
" Questa è una coalizione, non vale, siete due contro uno"
" Invece vale, idiota" ribatté Carl.
" Se ti molesta dimmelo, mando Maddie, lui ha paura di Maddie" sussurrò Madison, rivolta a Clara.
L'espressione divertita di Clara accese di nuovo qualcosa in me, facendomi distrarre dalla conversazione in cui ero coinvolto.
" Terra chiama Drew, smetti di fissare la ragazza altrimenti penserà che tu sia uno stalker, o peggio, un assassino o qualcosa del genere"
Non riconobbi nemmeno a cui appartenesse la voce che aveva pronunciato quelle parole.
Ero troppo concentrato a squadrare Clara, per poter finalmente godere della vista che avevo davanti.
Quel giorno indossava una camicia di seta bianca, una gonna lunga fino a poco sopra alle ginocchia, che le fasciava perfettamente le cosce e la vita, dei collant neri, che erano quasi del tutto trasparenti, e che lasciavano intravedere la pelle rosea e delicata che vi era sotto a quel leggero strato di tessuto, e infine un paio di scarpe con un tacco alto almeno dieci centimetri, che la faceva diventare alta quasi quanto me.
I suoi soliti ricci arruffati erano raccolti in un'ordinata coda bassa e le sue labbra erano dipinte di una tonalità simile a un rosa antico.
Fu proprio il suo tocco a riportarmi alla realtà.
Mi toccò delicatamente la mano, posando le dita sul mio palmo, rivolto verso il soffitto.
Il suo sguardo era colmo di agitazione e di speranza.
" Va tutto bene?" Mi chiese, iniziando a disegnare dei cerchi concentrici con le dita sulla mia mano.
I suoi polpastrelli lasciavano una scia bollente sulla mia pelle, che mi rimase impressa nella memoria.
Mi riscossi dal mio momentaneo stato di distrazione e tornai a fissare le sue iridi.
" Si, sto bene, tranquilla"
Una domanda balenò nella mia mente .
Come avrei fatto a lavorare insieme a lei, se ogni volta che lei compiva il minimo movimento io mi distraevo?

Alla fine della giornata avevamo realizzato molto più di quanto mi sarei aspettato.
Per compiere quei pochi compiti che le avevo assegnato, c'era voluto molto più impegno di quanto pensassi.
Non perché lei non fosse brava nel suo lavoro, anzi, mi ero accorto fin da subito del suo enorme talento e della passione che riservava per la sua professione.
Lo sforzo immane era stato compiuto da me invece.
A mia discolpa potevo dire che non ero mai stato portato per l'insegnamento, ma avere Clara così vicina complicava ulteriormente la situazione.
Il ricordo del suo respiro caldo sulla mia nuca, delle mie dita sulle sue, le mie mani sulle sue spalle mi investì improvvisamente.
Avevo fatto il possibile purché ci fosse sempre un contatto fisico tra di noi.
Anche il minimo sfioramento, purché avvenisse, perché se non ci fosse stato avrei pensato che lei non fosse reale.
Era troppo perfetta per esserlo.

Quando uscimmo dall'ufficio erano le sei di sera.
Il giorno non era ancora del tutto terminato, considerato l'orario, ma il cielo era già tinto di un'intensa gradazione di blu, tipica delle serate invernale.
La città in realtà non aveva un clima molto rigido, di solito le temperature non calavano molto facilmente, ma durante l'inverno, e specialmente a gennaio, vi era sempre una brezza gelida, capace di penetrare qualunque strato di vestiti.
Clara accanto a me sembrava stesse tremando.
Senza proferire parola mi tolsi la giacca e la appoggiai sulle sue spalle.
Appena la tolsi quel vento gelido cominciò ad avvolgermi, raggiungendo persino le mie osse, ma per quanto potessi sentire freddo, non mi pentii del gesto che avevo compiuto.
Clara mi rivolse un sorriso come cenno di ringraziamento.
Non potei fare a meno di sorridere a mia volta, come succedeva ogni singola volte che notavo una minima traccia di felicità o di divertimento farsi strada sul suo volto.
Dopo qualche metro raggiungemmo la mia berlina nera, parcheggiata sul ciglio della strada.
Aprii la portiera dalla parte del passeggero per fare accomodare Clara.
Mi sedetti al posto del guidatore e dopo aver infilato le chiavi nel cruscotto spinsi sull'acceleratore.
A circa metà strada notai che Clara stava ancora tremando.
Accessi il riscaldamento sotto la attenta ispezione del suo sguardo perquisitorio.
Lei si rilassò finalmente, cullata dal tepore dell'aria calda che fuoriusciva dalle bocchette sul cruscotto e accanto al suo sedile e grazie alla musica soffusa riprodotta dalla radio, sintonizzata su una qualsiasi stazione.
Quando arrivai davanti a un bivio le chiesi quale strada dovessi imboccare per raggiungere casa sua.
Quando giungemmo davanti alla villa in questione lei mi fermò e io accostai.
Lei si stroppicció gli occhi e si voltò verso di me.
" Non so veramente come ringraziarti, Drew"
" Non devi farlo"
" Ma voglio farlo, sei veramente meraviglioso, grazie mille"
" Quindi, come valuti questo viaggio?"
" Un dieci assolutamente è d'obbligo, ottima scelta della musica e l'aria calda era perfetta"
Lei fece per ridarmi la mia giacca, ma la fermai.
" Tienila, non vorrei mai che prendessi freddo"
" Ma devo solamente attraversare la strada"
" Insisto, tienila tu"
Tanto sta comunque meglio a te di quanto stia meglio a me, o a qualunque altro essere vivente.
Lei scese dalla vettura, ma non si allontanò verso casa sua.
Bensì venne dal lato opposto dell'auto, dove ero seduto io, aprì la portiera e ,non con poco timore, si avvicinò e posó le sue labbra sulla mia guancia, dandomi un veloce bacio.
" Grazie mille, a domani" disse, allontandosi verso casa.
Attraversó la strada, reggendosi a malapena su quei tacchi che portava da tutta la giornata, percorse la prima metà del vialetto di ciottoli che la portava davanti alla porta della sua abitazione e dopo essere inciampata almeno tre volte, decise di togliersi le scarpe, per poi proseguire lungo il viale senza più alcuna difficoltà.
Reggendo le scarpe con una mano e le chiavi con un'altra aprì la porta ed entrò, lasciando dietro di sé una sensazione di vuoto, che mi colpì in pieno.
Già sentivo la sua mancanza ed era passato appena un minuto.
Rimisi in moto il motore dell'auto, con la consapevolezza che nulla sarebbe stato in grado di separarmi da lei.

Spazio autrice
Ciao, come state? Spero bene, capitolo veramente lungo, che tra l'altro, confrontandomi con Word, ho scoperto essere di circa dodici pagine. Pensavo sinceramente che fosse molto più corto. Sono rimasta parecchio scioccata da tutto ciò. Spero che il capitolo vi piaccia e che la storia vi stia piacendo <3

𝐍𝐄𝐖 𝐘𝐄𝐀𝐑'𝐒 𝐃𝐀𝐘 || Drew Starkey Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora