Capitolo 5. Little black dress, I can't take anymore

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Drew
Quella mattina venni svegliato dalla sveglia dal suono assordante che avevo impostato la sera precedente.
Sorprendentemente non cercai di rinviare il risveglio o di spegnere la sveglia, bensì mi sedetti sul bordo del letto e la disattivai.
Mi stropicciai gli occhi, ancora assonnato e mi focalizzai sui numeri impressi sullo schermo luminoso del mio cellulare. Erano le cinque e mezza del mattino.
Mi alzai, malgrado il mio corpo mi stesse implorando di concedergli ulteriori preziosi minuti di sonno, e aprii la tapparella.
Dal vetro riuscivo a vedere nitidamente il sole sorgere, circondato da un cielo tinto di singolari sfumature rosate e aranciate.
Aprii la finestra ed estrassi una sigaretta dal pacchetto di Marlboro posizionato sulla scrivania a pochi passi da me.
Me la portai alle labbra e la accessi.
Inspirai a pieno polmoni il fumo che fuoriuscì dal filtro, facendo cadere di tanto in tanto la cenere sul marciapiede della strada davanti al quale era situato il palazzo nel quale risiedevo.
Le strade di San Francisco, solitamente gremite e avvolte da un vociare capace di portarti ad avere un'emicrania impossibile da affrontare, quella mattina erano insolitamente spoglie e silenziose.
L'unica persona in piedi a quell'ora era un'anziana signora che stava stendendo dei panni sul balcone esattamente opposto al mio e che mi lanciò un'occhiata di sdegno.
Non me ne curai, e inspirai i rivoli di fumo che si erano formati in poco tempo.
Improvvisamente la consapevolezza di star per rivedere Clara mi invase, lasciandomi desideroso di posare gli occhi su di lui per l'ennesima volta negli ultimi giorni.
Posai la cicca nel portacenere e chiusi la finestra.
Cercai in tutti i modi di allontanare dalla mente il pensiero di Clara, che avrebbe potuto distrarmi eccessivamente, conducendomi ad arrivare da lei in ritardo e a costringerla ad aspettare.
Il pensiero di poterla rivedere tutta le mattine però mi indusse ad abbozzare un sorriso.
Mi sembrava quasi che il mio cuore fosse in procinto di uscire dalla mia cassa toracica per poi spiccare il volo.
L'effetto che lei riusciva ad avere su di me nonostante fosse a chilometri di distanza in quell'istante mi stupiva ogni volta.
Era il fulcro di ogni mio pensiero fin da quando ne avevo memoria, l'unica che avevo desiderato al mio fianco in tutti quegli anni.
E finalmente potevo appagarmi della sua presenza, che avevo bramato per fin troppo tempo.

Uscii dal mio appartamento con passo felpato e scesi cautamente le scale, cercando di non provocare alcun rumore.
Appena misi piede fuori dalla soglia del portone del mio palazzo una leggera brezza mattutina mi accarezzò il volto e gli avambracci scoperti, per via della maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti.
Il sole era ormai sorto e il cielo si era dipinto di una monotona tonalità di grigio.
Alcuni deboli raggi solari riuscivano a superare una fitta coltre di nubi e a raggiungere la superficie terrestre.
Mi incamminai fino alla mia auto, parcheggiata sul ciglio della strada.
Aprii la portiera e mi sedetti sul pregiato sedile di cuoio.
Infilai le chiavi nel cruscotto e spinsi sull'acceleratore, certo di non trovare traffico a quell'orario.
Abbassai il finestrino, mentre delle folate di vento mi aiutavano a non cedere al bisogno di dormire.

Quando raggiunsi la villa dove abitava Clara erano le sei e quaranta.
Ero in anticipo di dieci minuti, quindi mi limitai ad aspettare in auto.
Iniziai a battere nervosamente il piede, facendo risuonare il rumore della suola che premeva sul tappetino davanti al sedile per tutto l'abitacolo.
Cercai di distrarmi in qualunque modo ma non fu sufficiente.
Contai a guardare lo scorrere dei minuti sullo schermo del cellulare.
Quell'attesa incessante mi toglieva il respiro.
Spostai lo sguardo sulla casa e vidi una figura vicino a una finestra, esattamente sulla facciata dell'abitazione.
Era lei.
Aveva il naso appiccicato al vetro e i suoi meravigliosi occhi scuri brillavano sotto alla luce del maestoso lampadario del suo salotto, rivelando alcune sfumature dorate.
Appena incrociai il suo sguardo le sue guance si arrossarono in modo molto evidente.
Sorrisi.
Lei uscì dalla stanza e io sentii un senso di smarrimento.
Quando però la vidi uscire dalla porta d'ingresso quel sentimento lasciò spazio a ben altro.
Il fiato iniziò a mancarmi.
Fu come se non si degnasse nemmeno di provare a entrare nei miei polmoni.
Il colletto della camicia mi stringeva la gola e la temperatura che il mio corpo percepiva sembrava essere nettamente aumentata.
Mi presi quei secondi per guardarla di sottecchi ed esaminare ogni singolo centimetro del suo corpo.
Mi soffermai sui suoi ricci che erano insolitamente sciolti e che le ricadevano sulla schiena, sulle sue palpebre dipinte di un colore tenue, quasi impercettibile da quella distanza, sulle sue iridi scure contornate da delle folte ciglia nere e da delle sopracciglia delineate e curate, sulla linea scolpita degli zigomi e sulle sue labbra carnose, dipinte da un rossetto vermiglio.
Mi trattenni a stento dall'aprire la portiera, raggiungerla e fiondarmi sulle sue labbra, senza nemmeno mormorare una singola parola.
Abbassai lo sguardo, cercando di non concentrarmi sulle sue labbra così invitanti e soprattutto, così vicine.
Quella fu la mossa peggiore che potessi commettere.
Quando mi soffermai sul suo abito tutte le mie certezze e tutta la mia educazione svanirono.
Indossava un tubino nero che le fasciava il busto perfettamente ma che probabilmente sarebbe stato la mia causa di morte.
Quell'abito aveva un profondo scollo a cuore sul davanti, che non risultava per nulla volgare ma che mi stava facendo impazzire.
Le fasciava il seno, mettendolo in risalto, le curve dei fianchi che avrei voluto percorrere per un tempo infinito, le cosce e infine terminava appena sopra il ginocchio.
Le esili gambe erano avvolte da dei sottili collant neri, che in alcuni tratti risultavano trasparenti e lasciavano intravedere la pelle rosea al di sotto di esse.
Portava inoltre un paio di scarpe nere laccate, che avevano un vertiginoso tacco a spillo, sul quale quasi nessuno sarebbe stato in grado di reggersi.
Ciò che mi sconvolse maggiormente fu il portamento con cui camminava.
Tutta l'eleganza che trasudava mi intimidiva, anche se ero ben cosciente del fatto che lei non sapesse quanto era in grado di ammaliare qualunque persona le ruotasse attorno.
Quando mi voltai, per sfuggire a quella visione, mi accorsi di star stringendo il volante tra le mani a tal punto da fare diventare le mie nocche bianche.
Ritrassi le mani e le infilai nelle tasche dei miei pantaloni, tenendomi il più composto possibile.
Ignorai il fatto che i palmi mi stessero sudando e che il mio corpo si fosse irrigidito.
Dopo qualche secondo raggiunse il veicolo e aprì la portiera.
Avrei tanto voluto comportarmi in modo educato, come meritava, ma non riuscivo a muovermi.
Se mi fossi alzato e le avessi aperto la portiera non avrei avuto via di scampo e avrei commesso azioni di cui mi sarei pentito all'istante.
Lei entró nell'abitacolo e chiuse la portiera.
Il suo inebriante profumo mi invase le narici.
Eravamo a pochi centimetri di distanza e il mio cuore sembrava essere sul punto di esplodere a causa della frequenza cardiaca troppo alta.
" Buongiorno" mi disse, sporgendomi leggermente verso di me, nel tentativo di allacciare la cintura.
Il mio cuore perse un battito.
" Ciao" le sussurrai con un filo di voce.
" Va tutto bene?"
" Si tranquilla"
" Sicuro? Sembri teso"
Scossi la testa lievemente, cercando di riscuotermi.
" Si, scusa, sono solamente un pochino stanco"
" Te l'ho detto, non avresti dovuto venire fino a qui, davvero"
" No" esclamai.
" Non è quello il problema, semplicemente non ho dormito stanotte, avevo...mal di testa"
" Stai bene ora?"
" Si , tranquilla, è passato"
Mi sporsi leggermente verso il sedile posteriore e recuperai una confezione che avevo tenuto dietro per tutto il tragitto.
" Non so se ti piace il caffè, ma mi sono trovato di strada stamattina e l'ho preso lo stesso. Non so nemmeno come lo prendi normalmente per cui l'ho preso uguale al mio, però penso che ormai si sia raffreddato, anche se la commessa mi ha rassicurato che la confezione è termica e che dovrebbe mantenere il liquido caldo e che il caffè era bollente quando lo ha versato e..."
Non feci in tempo a terminare la frase.
Lei si slanciò verso di me e poso le sue morbide e calde labbra sulla mia guancia, lasciando un marchio infuocato sulla mia pelle.
Il mio sguardo inavvertitamente cadde sulla sua scollatura.
" Ti ringrazio Drew"
" Oh, non c'è di che"
" Oddio, ti ho sporcato la guancia, mi dispiace"
Estrasse dalla sua borsa di tela, diversa da quella del giorno precedente, un fazzoletto e lo passó sulla mia guancia.
" Non ho rimediato un granché, ma è il meglio che riesco a fare in questo momento"
Per un momento sperai che leccasse lei stessa i residui, pur di farli scomparire.
Sapevo che mi avrebbero rivolto decisamente troppe domande quando sarei arrivato in ufficio.
" Non fa niente, va bene così" dissi, pur di evitare che si sporgesse nuovamente verso di me e che il suo profumo mi stordisse definitivamente.
Lei spostò appena i capelli dalla spalla, che emanarono quel suo inconfondibile profumo.
Quelle note di gelsomino e cocco stuzzicarono le mie narici, a tal punto che fui a tanto così dall'affondare la testa tra i suoi ricci per inspirare quel profumo e inebriarmi completamente di quei dolci sentori.
Appena però vidi la curva del suo collo e della sua spalla, che fino a quel momento erano rimaste nascoste dai suoi voluminosi capelli ma che non erano coperti minimamente dall'abito trattenni a stento un mugolio.
Avrei voluto annullare la distanza di pochi centimetri tra di noi e posare le mie labbra sulla curva della sua spalla, lasciandole dei baci umidi sulla pelle.
Scossi la testa, allontanando quel pensiero il più possibile.
Lei prese a sorseggiare il caffè, lasciando delle impronte di rossetto sul bordo bianco della confezione.
" È esattamente uguale a quello che prendo io di solito, due cucchiaini di zucchero"
" E uno spruzzo di cannella" completai la sua frase.
Le sue labbra si distesero in un sorriso che fece definitamente sciogliere il mio cuore.
Non avrei mai ammesso l'effetto trascendente che lei aveva su di me a anima viva ma la verità era che qualunque azione compisse, anche il suo respiro regolare, mi faceva completamente impazzire.
Appariva provocante senza comportarsi come tale.
Ero certo che sarebbe stata soggetta a diversi sguardi inquisitori in ufficio e a quel pensiero contrassi la mandibola.
Bastò il lieve tocco delle sue dita sulla mia spalla a far distendere il muscolo che era guizzato poco prima.
Nonostante il contatto fosse impedito dal tessuto della mia camicia, sentii ugualmente un brivido percorrere ogni centimetro del mio corpo.
Appena notó il mio cambiamento d'umore, interruppe quel contatto lasciando un marchio indelebile sulla mia pelle.
Contemporaneamente abbassò lo sguardo sul suo abito.
" Credi che sia troppo volgare?" Chiese, esaminando, la pelle che spuntava dalla scollatura.
" Assolutamente no" replicai.
" È perfetto" bisbigliai.
Anche se non esiterei un secondo se potessi strappartelo di dosso.
" Nei sei sicuro? Non l'ho nemmeno indossato per mia volontà. Mia sorella mi ha obbligata a metterlo"
" Sicurissimo, ho visto altre ragazze mettere di peggio. Specialmente ragazzine a cui mi hanno affiancato per fare lo stage"
Come non ricordare quella ragazzina, che mi pareva ricordare si chiamasse Monica, che aveva 16 anni, cioè esattamente dieci in meno di me, e che fasciava il suo corpo in tubini provocanti per attirare l'attenzione di chiunque, anche se poi avevo scoperto avere un debole per me.
Le avevo poi precisato che avevo dieci anni in più di lei, anche se non sembrava importarle molto, visto che le sue moine nei miei confronti erano continuate per poco più di due mesi, fino a quando il suo periodo di permanenza era terminato e io mi ero finalmente scollato quel peso inutile.
" E poi non è così volgare come pensi. Non lo è affatto"
Lei sbatté quelle sue folte ciglia scure e mi guardò implorante.
" Dimmi la verità, Drew"
Le mani posate sul volante ripresero a sudare e così anche la fronte, ormai madida.
" Ti sto dicendo la verità" sussurrai con un filo di voce.
Il fiato riprese a mancarmi.
Mi sentivo in qualche modo intrappolato.
Spinsi sull'acceleratore e abbassai il finestrino, cercando di far affluire la maggiore quantità di aria possibile.
" Va tutto bene?" Mi chiese, con quella sua voce carica di compassione.
" Si, ho solo bisogno di aria"
" Per qualche motivo in particolare ti senti così ...affannato"?
Mi chiese, marcando appositamente quell'ultimo termine.
Probabilmente si era resa conto dell'effetto che mi aveva su di me.
Mi maledissi mentalmente per essere stato uno stolto tale da farle capire tutto ciò che provavo in quel momento.
" No, nessuno in particolare. Oggi fa semplicemente caldo, non trovi?"
Quell'affermazione in effetti non era del tutto errata, considerato che, nonostante le nuvole che oscuravano il cielo, la temperatura si era mantenuta decisamente elevata, nonostante fossimo solamente a gennaio.
L'unico particolare in grado di tradirmi era la solita brezza mattutina capace di raggelare persino un cubetto di ghiaccio, ma che stranamente era ridotto a un live spiffero quella mattina.
" Si fa decisamente caldo" disse, accentuando subito quella parola.
Mi sentii soffocare, così allentai il primo bottone della camicia di lino.
Lei seguì attentamente il movimento che compii, percuisendomi con il suo solito sguardo inquisitorio.
" Cosa stai facendo?"
" L'ho detto, ho caldo"
Le sue guance si tinsero di un colore simile a quello del suo rossetto, di una sfumatura così accesa di rosso da non risultare di certo inosservato.
" Puoi aprire anche il mio di finestrino, per favore?" Mi chiese, implorante.
" Oh, senti caldo anche tu? C'è un motivo per cui sei così ...affannata?"
Lei mi scoccó un'occhiata in tralice.
Non riuscii a trattenere una risata, che risalì la mia gola fino a sfociare in un suono gutturale.
" Non lo trovo per nulla divertente!"
" Oh, io lo trovo esilarante"
" Ti ricordo che fino a poco fa la situazione era invertita, esattamente opposta"
" Oh, calmati Ribelle, me lo ricordo esattamente"
Oh, eccome se me lo ricordavo.
Ricordavo ogni secondo che era passato da quando aveva messo piede fuori dalla porta d'ingresso di casa sua, poco tempo prima.
" Seriamente, hai visto i film Disney?"
" Oh, mi ritengo un certo fan dei film d'animazione"
" Sinceramente non noto alcuna somiglianza con Ribelle"
" Oh, io ne vedo diverse. Capelli ricci, carattere impetuoso, pronta a scoccare una freccia dritta su di me, anche se non so se saresti in grado di prendermi"
" Per prima cosa non ho i capelli rossi e secondo, se dovessi lanciare una freccia sono sicura che ti prenderei in pieno, ho un'ottima mira, e mi vengono in mente anche un paio di punti interessanti dove colpirti"
" Oh, e sentiamo, quali sarebbero?"
" Puoi benissimo immaginarteli, senza che la mia casta bocca debba pronunciarli"
Trasalii per lo sgomento causato da quella evidente provocazione.
Questa Clara sicura di sé, dalla personalità prorompente e dal sarcasmo piccato mi intrigava molto.
" Magari vorrei sentirli pronunciati da te" sussurrai, sicura che lei avrebbe sentito le mie parole.
Arrossì violentemente.
Nonostante lei fosse cosciente degli effetti che comportava su di me, non era l'unica.
Dal modo in cui arrossiva violentemente quando mi avvicinavo impercettibilmente a lei, mi ero reso conto che non ero l'unico evidentemente a subire gli effetti dell'altro.
" Bene, Ribelle, anche se l'idea di questo soprannome non ti piace, abituati perché ti ho ufficialmente trovato un soprannome"
" Oh, credimi, mi sono già rassegnata, sai essere alquanto testardo"
" Mai quanto te"

Nonostante fossero solamente le sette e un quarto di mattina e ,teoricamente, le uniche persone che avremmo dovuto incontrare sarebbe dovuti essere gli autisti dei mezzi pubblici, rimanemmo comunque imbottigliati nel traffico, con delle auto che che continuavano a suonare il clacson, l'una contro l'altra.
Tra me e Clara era calato il silenzio, interrotto solamente dalla radio, che pareva solamente un lieve brusio di sottofondo.
La tensione era palpabile, nonostante lei non avesse alcun motivo per cui preoccuparsi.
Amavo provocarla e fare battute ma non le avrei mai torto un capello.
La avrei trattato con tutto il rispetto che meritava e avrei fatto del male a chiunque avesse provato anche solo a sfiorarla senza il suo consenso.
Non lo avrei fatto davanti a lei, bensì la avrei allontanata, riportandola in un luogo sicuro e poi avrei massacrato chiunque avesse osato trattarla in modo inadeguato.
Appena mi voltai notai la tensione sul viso di Clara.
Non seppi neppure io come feci a concedermi quella libertà, ma non mi curai di nessuna etichetta che mi impedisse di farlo.
Le posai una mano sulla coscia.
Lei sussultò sotto al mio tocco.
Il calore della sua pelle traspariva dai sottili collant che indossava e che le fasciavano le gambe.
Mi aspettavo che avrebbe ritratto bruscamente la gamba, ma la sua reazione mi sorprese.
Tese una mano verso la mia e poso le sue gracili ma affusolate dite sopra alle mie, stringendole.
Il calore emanato dalla sua pelle contro la mia mi ristorò, donandomi una sensazione di sollievo.
Se solo me lo avesse permesso non la avrei lasciata per alcuna ragione al mondo. Era lei che volevo, sicuramente nessuna delle ragazze che ottenevano con poca fatica un lasciapassare per il mio letto.
Era solamente lei che volevo. Anche se non fosse stato lo stesso per lei avrei comunque fatto in modo di proteggerla, anche a costo di farmi odiare da lei. Perché quando si trattava di lei un senso di protezione si attivava in automatico, come un riflesso involontario.
Appena lei mi rivolse il più dolce degli sguardi la speranza che mi ricambiasse aumentò.
Fu solamente il ricordo di tutto ciò che le stavo nascondendo a smontare quella mia fantasia fin troppo frivola.
Ero certo che prima o poi avrebbe scoperto tutti i segreti che mi stavo portando dietro e nel momento in cui fosse successo non avrei più avuto alcuna ragione per convincerla a fidarsi di me.
Me lo immaginavo perché infondo io stesso avrei avuto una reazione del genere.
Scoprire che la persona che ami ti ha ingannato, che ti ha tenuto nascosto dei dettagli decisamente non poco rilevanti.
Badai bene dal non farmi prendere dal panico, bensì di godermi tutto il tempo che avevo la possibilità di trascorrere con lei, perché sapevo che non era infinito.
Per quanto avrei voluto che lei non si allontanasse per alcuna ragione la avrei compresa se lo avesse fatto.
Perché, di fatto, come puoi fidarti di una persona che non ti ha nemmeno informato del fatto che la conosci da tutta la vita?

Spazio autrice
Ciao, come state? Spero bene, io nel mentre vi informo riguardo ad alcuni account che ho aperto e dove parlo delle mie storie.
Per primo ho aperto un account dedicato interamente alla scrittura su Instagram, se vi va andate a seguirmi, mi chiamo warnersgirlfriendd e ne ho aperto uno anche su Tik Tok dove vorrei iniziare a postare video sulle mie storie, anche lì potete andare a seguirmi, mi chiamo sempre warnersgirlfriendd.
Spero intanto che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia piacendo <3

𝐍𝐄𝐖 𝐘𝐄𝐀𝐑'𝐒 𝐃𝐀𝐘 || Drew Starkey Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora