La scatola magica

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9. LA SCATOLA MAGICA

“Il proprio momento magico, nel quale i vecchi universi vengono distrutti e si creano nuove stelle.”
(Paulo Celho)
 
Artemis notò subito che il luogo oltre il cancello era una copia del Bayou. Era buio ma non faceva paura, anzi era un'oscurità piacevole. Il cielo era una distesa luminosa di stelle incandescenti.
"È bellissimo."
"Noi streghe sappiamo il fatto nostro." Rispose Dana.
"Perché vivete nella copia del Bayou? È il territorio dei lupi."
Dana superò il ruscello e imboccò un percorso di ciottoli fra gli alberi.
"In origine questo territorio era delle streghe, che poi si sono spostate in città e i lupi lo hanno occupato. Le antenate che hanno creato questo aldilà hanno deciso di tornare alle origini."
"Dov'è Miriam? Credevo fosse qui."
"Miriam è qui, ma deve ancora riprendersi dall'incantesimo degli spiriti. Per quella magia Oscar ha sfruttato la forza degli spiriti e li ha sfiniti."
Dana si fermò e Artemis quasi andò a sbatterle contro. Davanti a loro si apriva uno spazio di terra su cui erano disposti a cerchio una decina di massi bianchi. Al centro un falò bruciava senza creare calore.
"Volete uccidermi? Non sono buona cucinata sul fuoco."
"Questo è il luogo di ritrovo delle antenate. Vai, ti stanno aspettando."
Dana le diede una leggera spinta e Artemis superò la linea di sale che circondava il luogo sacro. 
Ed eccole lì: dieci streghe di tutte le epoche che la stava aspettando.
"Artemis Dumont, sei al cospetto delle streghe antenate di New Orleans."
Artemis fece un mezzo inchino, era ridicola ma non sapeva cosa altro fare.
 "Non capisco questa convocazione. L'anno scorso mi avete cacciata perché non volevate parlare con me."
Una donna si alzò, era vestita di blu, lunghi capelli rossi e occhi verdi che sembravano guardarti l'anima.
"Ti abbiamo cacciata perché non ci fidavamo di te. Ma nel corso del tempo abbiamo visto che non hai mai usato il tuo potere a tuo vantaggio. Non hai mai modificato le emozioni altrui a tuo piacimento."
"Questo ti fa onore." Disse un'altra donna.
Artemis si mise le mani in tasca e arricciò il naso.
"Dana dice che sapete come uccidere Oscar."
"Sì." Disse la donna in blu.
"Mi state prendendo in giro?"
"Mi chiamo Alexandra Dumont. Secondo te posso prendere in giro la mia bis bis nipote?"
Artemis strabuzzò gli occhi. Alexandra ricordava vagamente i tratti di Yvette. Era bello e spaventoso ritrovarsi al cospetto di una Dumont.
"Come posso uccidere Oscar allora?"
"Non sarà facile e potrebbe costarti la morte."
"Lo accetto."
 
Una settimana dopo
"Hope, riprova." Disse Klaus.
"Papà, basta. Ho tentato quindici volte l'incantesimo di localizzazione e non c'è traccia di Artemis."
Klaus sospirò, era troppo stanco e sofferente ma non poteva fermarsi.
"Va bene. Grazie, Hope. Adesso torna a lezione. Ci sentiamo dopo."
"Avvisami appena trovi Artemis."
Quando Hope chiuse la chiamata, Klaus sprofondò nella sedia e stappò il bourbon per bere direttamente alla bottiglia.
Artemis era scomparsa da una settimana. L'avevano cercata dentro e fuori New Orleans. L'avevano cercata a Chicago. Di lei non c'era traccia. Freya sospettava che fosse rimasta bloccata fra i piani astrali.
"Niklaus, devi riposare." Esordì Elijah.
"Mi riposerò quando sarò morto. Adesso la mia priorità è trovare Artemis."
"Nona troverai se crollerai." 
Klaus ignorò il fratello e bevve ancora. Il dolore fisico era brutto, ma perdere Artemis era un dolore inimmaginabile.
"Tu non capisci Elijah. Io devo trovarla."
Elijah si sedette di fronte a lui e si versò da bere.
"Lo capisco. Sei innamorato di lei, è scontato che tu voglia trovarla."
"È più di questo. È più che semplice amore. Io...lei..."
"Sì?"
Klaus abbassò lo sguardo, quasi si sentisse colpevole a provare quei sentimenti. Era una creatura spregevole ma la vita gli aveva donato qualcosa di epico.
"È la mia anima gemella. Artemis è la mia persona. Lo sento. Per la prima volta nella mia lunga vita sento di aver trovato il pezzo mancante."
Elijah sorrise, era questa la salvezza che aveva tanto desiderato per il fratello.
"Allora cerchiamo la tua persona. Andiamo, chiediamo alle streghe del Quartiere di aiutarci."
 
Due settimane dopo
Klaus ormai passava il tempo a fissare il cancello in attesa che Artemis tornasse. Erano passate tre settimane dalla sua scomparsa. L'avevano cercata ovunque e grazie all'aiuto di chiunque, ma di lei non c'era traccia. Freya aveva tentato di trovarla fino a svenire, quindi Keelin l'aveva portata fuori città per riprendersi.
"Nik, vieni con noi? Oggi ho la prova dell'abito."
Rebekah interruppe i pensieri lugubri del fratello con la sua proposta.
"Sono contento per il tuo matrimonio, ma a dirla tutta non mi interessa molto. Scegli la torta che preferisci, alla fine sei sempre tu a scegliere."
La bionda sbuffò, ogni volta che il fratello era di cattivo umore riusciva a rovinare tutto.
"D'accordo, resta pure qui a crogiolarti nel dolore. Tanti cari saluti!"
Hayley salutò Klaus al volo e seguì Rebekah, che faceva risuonare il rumore dei tacchi in modo così drammatico.
"Chi non muore si rivede!"
Klaus scattò in piedi non appena Artemis entrò in cortile. Per un attimo pensò fosse una allucinazione. Ma era reale.
La ragazza stava bene, si era cambiata i vestiti e si era sistemata i capelli. Era serena.
"Ehi, Mikaelson!"
Klaus corse ad abbracciarla. Gli sembrò di tenere stretta fra le braccia la sua stessa vita. Affondò il viso fra i suoi capelli, gli erano mancate anche quelle ciocche che al sole diventavano ramate.
"Sei tornata."
"Tornerò sempre. Questo palazzone mi piace un sacco."
Klaus, senza indugiare oltre, la baciò. Fu come tornare a respirare. Stranamente Artemis gli allacciò le mani intorno al collo e ricambiò il bacio. Si stavano baciando...
"Sei davvero tu?"
"Sei impazzito?!"
Klaus si toccò le labbra e, sì, erano decisamente i baci di Artemis.
"Tu mi stavi baciando, il che è assurdo. Dov'è il tranello?"
Artemis rise e gli accarezzò la guancia dolcemente. Nei suoi occhi c'era una strana malinconia.
"Sono solo felice di rivederti. Nessun tranello. Ma se non vuoi che ti baci..."
Klaus sentì un'esplosione di gioia nel petto. In quel momento contava solo lei. La strinse di nuovo a sé e le diede un bacio da mozzare il fiato. Artemis rise nel bacio e approfondì quel contatto.
"Mi dispiace interrompere il momento di passione."
Kol se ne stava impalato davanti a loro, dondolandosi sui talloni per l'imbarazzo. Klaus si staccò di malavoglia e lanciò un'occhiata feroce al fratello.
"Sì?"
Kol guardò Artemis, la stava squadrando come se avesse tre teste e sei braccia.
"Dove sei stata? Tre settimane sono tante."
"Tre settimane? Ma se sono andata via ieri!" disse Artemis.
Klaus adesso non sorrideva più. La realtà gli era piombata addosso come un proiettile.
"Artemis, sei scomparsa per tre settimane. Dove sei stata?"
Artemis sbatté le palpebre come a volersi svegliare da un incubo. Il problema è che non si stava svegliando. Le streghe l'avevano trattenuta nell'altra parte per tre settimane quando a lei erano sembrati a stento due giorni. La magia che la circondava era fin troppo potente.
 
"Allora? Sta bene?" chiese Klaus.
Kol stava esaminando Artemis come fosse un dottore. In lei non c'era niente di anomalo.
"Sta bene. Non è disidrata né denutrita, la temperatura corporea è normale, non ha tremori."
Artemis si alzò dal divano e si allontanò dai due vampiri per prendere aria.
"Sono stata dall'altra parte, non sono stata mica rapita dagli alieni. Sto bene. Anzi, sto più che bene."
Klaus la osservò, c'era qualcosa di diverso in lei anche se non riusciva ancora a capire cosa.
"Quindi le antenate ti hanno tenuta con loro per tre settimane e tu stai bene? Che strano, considerato che le stesse antenate l'anno scorso ti hanno cacciata."
"Che cosa vogliono da te?" Domandò Kol.
Artemis abbassò lo sguardo, non poteva continuare a nascondere la verità.
"Vogliono che io uccida Oscar. Mi hanno mostrato come fare."
Klaus scosse la testa. Non si era mai fidato delle antenate, tantomeno adesso che volevano che Artemis diventasse la loro arma.
"E cosa devi fare?"
Poi Kol lo vide prima di tutti. Un baluginio dorato negli occhi di Artemis, una sorta di scintilla che le bruciava dentro.
"Dimmi che non hai fatto quello che sto pensando. Dimmi che loro..."
"Di che stai parlando?" Disse Klaus, preoccupato.
"Ho assorbito il potere di dieci antenate. È l'unico modo per risolvere la situazione."
Klaus chiuse gli occhi e si appoggiò con i pugni alla scrivania. La ragazza aveva fatto molte cose stupide, ma quella le batteva tutte.
"Artemis, non puoi sopportare tutto quel potere. Tu morirai."
Artemis rimase ferma come una statua, l'espressione imperturbabile. Sembrava fatta di acciaio, immobile e indistruttibile.
"Ho tre giorni prima che il mio corpo inizi a cedere."
"Artemis..."
"Diamoci da fare." Disse lei.
 
Mabel se ne stava seduta a sorseggiare tè senza dire niente. Brenda al suo fianco si era versata due dita di whiskey mentre Artemis raccontava cosa era successo.
"Quindi adesso ho il potere di dieci streghe, undici se contiamo anche il mio."
"È un sacco di potere." Commentò Brenda, frastornata.
"Ma è la quantità di potere che mi serve per contrastare l'Ancien Vudù. L'hai detto anche tu che mi sarebbe servito un potere immenso, e adesso ce l'ho."
"Ma non ho detto che avresti dovuto rischiare la vita. Mabel, dille qualcosa!"
Mabel alzò gli occhi dal suo tè e fece spallucce.
"Non posso dirle niente. È adulta, agisce come vuole. È libera di fare le sue scelte."
Brenda la fulminò con lo sguardo e fece una smorfia di disgusto.
"Nostra nipote rischia di morire e tu la prendi così alla leggera?"
"Io ho sacrificato la mia libertà per salvare questa città. Yvette ha sacrificato la sua vita umana per salvare sua figlia. E adesso Artemis sacrifica tutto per salvare tutti. È una caratteristica delle donne Dumont."
Brenda non disse altro, non sarebbe servito. Conosceva la forza di quelle tre donne, niente avrebbe fatto cambiare loro idea.
"Allora cerchiamo di eliminare Oscar."
Artemis sorrise e si sedette, adesso poteva iniziare a fare sul serio.
"In queste tre settimane che cosa è successo?"
"Niente. Assolutamente niente." Rispose Mabel.
"Davvero? Neanche un attacco? Altri uccelli morti? Gente morta? Strani rituali?"
"Niente di niente. Oscar sembra svanito." Disse Brenda.
"Oppure si sta preparando." aggiunse Mabel.
"Lo avete localizzato?" 
"Ci abbiamo provato ma ovviamente è impossibile. Chissà cosa sta pianificando." Disse Brenda.
All'improvviso il campanile tremò al suono della campana. Erano le dieci a un quarto del mattino, non avevano senso quei rintocchi.
"Ma che..." Incominciò Mabel.
Artemis si affacciò alla finestrella rotonda del campanile e vide nubi nere cariche di pioggia.
“E’ meglio tornare a casa. Questo tempo peggiorerà.” Disse Brenda.
 
Erano le quattro del pomeriggio e non aveva smesso di piovere. Anzi, il temporale aumentava di ora in ora. L'intera città era inviluppata in un diluvio che aveva portato un vento gelido.
Artemis se ne stava nella sala da pranzo da sola. Si era seduta al pianoforte di Elijah e aveva iniziato a suonare qualche nota.
"Please never leave me, blue and alone if you ever go. I'm sure you'll come back home because I love you. I love you, I do..."
"Quanto sei smielata."
Miriam comparve sullo sgabello accanto a lei. Sembrava più pallida del solito, strano per una che era morta.
"Ti sei ripresa?"
"Sto meglio, sì. So che hai conosciuto quel gruppetto di streghe fantastiche.”
"Sei sarcastica?" domandò Artemis.
"Ovvio. Detesto le antenate, non danno mai ascolto a nessuno perché pensano di avere la verità assoluta nelle loro mani."
Artemis chiuse il pianoforte e si allungò per prendere la tazza di tè sul tavolino accanto a sé. Faceva troppo freddo per sopportare quella giornata senza una bevanda calda.
"Ma le antenate sanno come combattere Oscar."
"Sì, mia madre mi ha aggiornata. Non sono d'accordo sulla faccenda. Rischi grosso, Artemis."
"Oscar deve morire a qualunque costo."
"Anche se il costo è la tua vita?" fece Miriam.
"Sì. Quel mostro ha ucciso centinaia di persone innocenti per i suoi sacrifici. Ha fatto esperimenti su di noi. Ha manipolato le nostre madri e le ha uccise. Deve morire."
Miriam rivide se stessa in Artemis. La stessa rabbia cieca, la stessa voglia di vendetta, ma soprattutto lo stesso senso di vuoto.
"La vendetta è un veleno. Non ti sentirai meglio dopo."
"Ma almeno Oscar non ci sarà più."
Miriam la seguì fuori dalla sala e insieme andarono nella camera di Artemis. Era lussuosa come il resto del palazzo.
"A proposito, che fine ha fatto Oscar? Tre settimane di inattività sono sospette."
Artemis si buttò sul letto e abbandonò la tazza sul comodino.
"Lo so. C'è qualcosa che non mi torna. Oscar ha sempre avuto un asso nella manica, ogni volta ha trovato il modo per metterci i bastoni tra le ruote. Adesso invece non fa assolutamente niente."
"Non fa niente proprio mentre non ci sei." Rifletté Miriam.
"Perché sta facendo sicuramente qualcosa." Disse Artemis.
"Beh, Elijah e Rebekah hanno trovato la scatola?"
"Sì. La tengono chiusa nello studio di Klaus."
Miriam si avvicinò alla porta e fece un cenno alla sorella.
"Andiamo, dai. Sai aprire una cassaforte magica, no?"
 
Freya aveva sigillato la cassaforte con la magia del sangue, perciò Artemis recuperò una benda sporca del sangue di Klaus e la sfregò sull'apertura che si sbloccò. Si tolse i guanti - usati per recuperare la benda - e frugò nella cassaforte grazia alla torcia del telefono.
In casa non c'era nessuno, per fortuna poteva agire liberamente.
"Eccola!"
Tirò fuori un involto e lo posò sulla scrivania. Scoprì il panno di velluto e Miriam fece un verso di disapprovazione.
"Questo è tutto? Che misera scatola."
Infatti si trattava di una banale scatola di legno con un corvo intagliato sopra il coperchio.
"Avverto una certa carica magica." Disse Artemis.
"Davvero è questa la cosa che conterrà i tuoi poteri? È ridicola!" sbottò Miriam.
Artemis doveva ammettere che la sorellastra non aveva tutti i torti. La scatola possedeva un'aura magica ma non era potente come si era immaginata.
"Qualcosa non va." 
"In che senso?"
Artemis si lasciò cadere sulla poltrona di Klaus e poggiò la fronte sul bordo della scrivania. Le faceva male la testa a furia di pensare.
"Questa scatola non è in grado di contenere la mia magia. Credo che Oscar ci abbia ingannati."
"Ma suppongo ci sia dell'altro." Disse Miriam.
"Se non è questa la scatola, allora quella vera com'è e dov'è?"
"Forse la sta ancora fabbricando, ecco perché nelle ultime tre settimane è sparito."
Artemis ripensò a Oscar, al suo sguardo crudele, alle sue azioni disumane.
"Oscar è troppo organizzato per costruire la scatola all'ultimo momento."
"Lui gioca sempre d'anticipo." Disse Miriam.
"Gioca d'anticipo e lo fa senza che nessuno se ne accorga..."
Artemis chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Vincent le aveva suggerito di provare a meditare per avere la mente più lucida.
"Se dai una testata alla scrivania ragioni meglio." Suggerì Miriam.
Artemis si alzò di scatto e si mise a camminare avanti e indietro con le mani in tasca. Le sue dita afferrarono un oggetto che ormai portava con sé per abitudine e conforto. Osservò l'amuleto che le aveva regalato Mabel prima di partire per il Marocco. Il pendente a forma di occhio allungato brillava come illuminato da una luce invisibile.
"Cazzo." 
Miriam raddrizzò la schiena come se fosse appena scattato l'allarme antincendio.
"Oh, no. Non dirmi che hai appena realizzato qualcosa di terribile."
"Devo assolutamente parlare con Kol."
 
Kol osservò l'amuleto e alla fine fece spallucce.
"C'è qualcosa di sospetto in questo amuleto. Sta luccicando come un faro nella notte. Insolito per un amuleto di protezione."
Klaus entrò in cortile mentre si infilava una maglietta pulita. Aveva appena cambiato la fasciatura e applicato un nuovo strato di unguento. L'unico modo per guarire era uccidere Oscar e liberarsi dalla sua maledizione.
"Cosa avete scoperto?"
"Che la collana brilla." Rispose Kol.
"Ho un pessimo presentimento." Disse Artemis.
Klaus fece saettare lo sguardo su di lei, come se potesse difenderla anche solo con gli occhi.
"Quale?"
"La scatola che Rebekah ed Elijah hanno trovato è magica, ma non è un grado di sopportare la mia magia. Non è quello il contenitore con cui Oscar vuole assorbire i miei poteri."
Kol guardò prima la collana e poi Artemis, poi di nuovo l'amuleto e poi la ragazza.
"L'amuleto è la scatola. Abbiamo pensato ad una scatola in senso letterale, invece dovevamo pensare semplicemente a qualcosa capace di assorbire la magia."
"Esatto! Credo che l'amuleto serva a rubarmi i poteri."
"Ma l'amuleto è un regalo di tua nonna." Obiettò Klaus.
"Oscar ha già manipolato le persone in passato, mia madre e Bella ne sono un esempio."
"Quindi pensi che Oscar abbia manipolato Mabel affinché ti regalasse quell'amuleto?"
"Sì. Oscar sapeva che mi sarei fidata di Mabel e di quel suo regalo all'apparenza innocente. Inoltre, Mabel non ha battuto ciglio quando le ho detto che sono disposta a morire. Una nonna farebbe di tutto pur di proteggere la nipote."
"E ora brilla perché avverte che la tua magia è cresciuta." Disse Kol.
Artemis annuì e indicò l'occhio che pulsava.
"È un faro, hai detto bene. E sta segnalando a Oscar che i miei poteri sono più forti."
"Dobbiamo fare due chiacchiere con Mabel." Disse Klaus in tono minaccioso.
 
Klaus e Kol avvertirono il sentore di sangue non appena scesero dall'auto. Era buio ormai e il Bayou appariva più sinistro che mai. 
"Artemis, resta..."
Artemis puntò un dito contro Klaus per farlo stare in silenzio.
"Non resto in macchina. Sta zitto e cammina."
Kol ridacchiò e si mise in cammino, era lunga fino alla capanna di Mabel. Klaus affiancò Artemis e camminarono insieme.
"Hai freddo." Disse l'ibrido.
Artemis si strinse nel corpo e affondò il naso nella sciarpa. Era pieno marzo e in Louisiana di notte si arrivava a tre gradi.
"Sto bene. Pensa a camminare."
Klaus le scoccò un'occhiata divertita, adorava punzecchiarla.
Proseguirono in silenzio, bastavano i gufi a cantilenare nel buio. Più si avvicinavano e più i due vampiri sentivano odore di ferro.
"Klaus, lo senti?" esordì Kol.
"Sì."
Artemis evitò la radice di un albero e iniziò a pizzicarle il naso.
"Lo sento anche io. Che puzza!"
Kol guardò Klaus, che a sua volta guardò Artemis e le impedì il passaggio col braccio.
"Artemis, forse è meglio se resti qui. Se anche tu senti l'odore di sangue significa che deve essercene molto."
Artemis capì al volo a quale possibilità si riferiva. Le lacrime le punsero gli occhi ma si trattenne dal piangere.
"Sì, forse è meglio. Vi aspetto qui."
Klaus annuì e le accarezzò il mento col il pollice, poi raggiunse Kol e andarono avanti.
La capanna di Mabel era visibile già da quella distanza. Faceva freddo ma il camino era spento e non c'era neanche luce all'interno.
Dopo qualche metro i vampiri rallentarono il passo per captare eventuali pericoli.
"Non c'è nessuno." Sussurrò Kol.
Klaus aprì la porta e usò la torcia del telefono per fare luce. La vista lo costrinse a chiudere gli occhi.
"Kol..."
Kol rimase pietrificato. Neanche nei film horror si vedevano scene del genere.
Mabel era inchiodata alla parete con un pezzo di legno conficcato nello stomaco. C'era una pozza di sangue che si allargava sotto di lei a causa della emorragia. Intorno al corpo c'era una scritta fatta con lo spray che diceva "sono sempre cento passi avanti". 
"Oscar l'ha manipolata e poi l'ha uccisa quando non gli è servita più." Disse Kol.
Klaus uscì dalla casa e respirò per controllare la rabbia. Era così in collera che avrebbe potuto dare fuoco al mondo intero. La ferita all'addome e il pensiero di Artemis lo fecero desistere.
"Torniamo a casa. Qui non è sicuro."
Artemis vide due ombre camminare nel buio. Dapprima ebbe timore che fossero gli Esiliati, poi Klaus andò verso di lei con espressione contrita. 
"C'è mia madre lì dentro?"
Klaus l'abbracciò e lei si abbandonò con la testa sul suo petto.
"No. C'è Mabel, è stata uccisa."
Artemis non conosceva bene Mabel, credeva di avere tempo per farlo, e adesso sentiva un vuoto nel petto che non riusciva a spiegare. 
"È stato Oscar. L'ha sfruttata e l'ha uccisa per liberarsi del problema."
Kol era a pochi passi da loro. Sorrise sotto i baffi nel constatare il modo in cui Klaus accarezzava i capelli di Artemis, il modo in cui la stringeva, il modo in cui le parlava all'orecchio per rassicurarla. Poi quel momento fu sostituito da un vociare confuso in lontananza.
"Abbiamo compagnia. Dobbiamo andarcene."
"Dobbiamo proseguire a piedi. Sono vicini all'auto." Disse Klaus.
New Orleans distava molto dal Bayou, ma andare a piedi era l'unica soluzione. 
Si incamminarono fra gli alberi e cercarono di guadagnare terreno. 
"Io chiamo Elijah e gli dico di venirci a prendere da qualche parte." Disse Kol.
Artemis intanto camminava con espressione assente. Klaus le cingeva le spalle col braccio e ogni tanto la guardava. Non piangeva, ma stava soffrendo e glielo si leggeva in faccia.
"Potrai piangere quando tutto sarà finito."
"Lo so." replicò lei.
 
Elijah li recuperò sulla strada statale. Avevano camminato per un'ora prima di raggiungere la strada. Klaus era affaticato e la ferita all'addome gli procurava dolore. Lentamente Artemis lo aiutò a sedersi in auto. Kol saltò sul posto davanti e fece cenno al fratello di partire.
"Mi dispiace, Artemis." Disse Elijah.
"Grazie."
Artemis non sapeva gestire il lutto. Anche quando Yvette era morta - o credeva che fosse morta - non sapeva come reagire alle condoglianze e agli sguardi impietositi. Lei non voleva pietà, voleva essere lasciata in pace.
Il cellulare di Elijah squillò e lui mise il vivavoce.
"Hayley, noi stiamo tornando."
"Non tornate in città! Gli Esiliati sono ovunque!"
"Tu dove sei?" Domandò Klaus, preoccupare.
"Io sto andando a Bell House. Ci vediamo lì."
Elijah fece inversione così velocemente che Artemis sentì lo stomaco in subbuglio.
"Cos'è Bell House?"
"È la nostra casa di campagna. Andiamo lì quando a New Orleans non possiamo entrare."
"Elijah, io devo tornare in città." Disse Kol.
"Sei impazzito?"
"Al campanile sono rimasti tutti i nostri appunti. Non possiamo perderli!"
"Kol ha ragione." Disse Artemis.
"Tu non torni in città!" gridò Klaus.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo e gli diede un pugno sulla spalla.
"Tu non devi dirmi cosa posso o non posso fare!"
"Scusami se non voglio perdere la donna che amo!"
Un silenzio imbarazzante calò in auto. Elijah e Kol si guardarono di sottecchi ma non dissero una parola.
Artemis guardò Klaus come se avesse appena bestemmiato. 
"Beh...questo non cambia niente. Andrò con Kol a recuperare gli appunti."
Elijah suonò il clacson per fermare quel litigio.
"Nessuno andrà da nessuna parte. Chiederemo a Vincent di recuperare tutto il materiale. Gli Esiliati aspettano noi, ma non cadremo nella trappola."
 
Erano le dieci di sera quando Freya e Keelin arrivarono a Bell House. Distava mezz'ora da New Orleans e l'intera villetta era nascosta da un incantesimo di occultamento.
Freya corse ad abbracciare Artemis non appena scese dall'auto.
"Mi dispiace così tanto per Mabel. Era una donna in gamba."
"Grazie."
Artemis non riusciva a dire molto. Anzi, non riusciva a pensare molto. Era presa da così tante cose da non riuscire a focalizzarsi su niente.
"Entrate in casa!" le richiamò Hayley.
Kol aveva preparato drink alcolici per tutti, un modo per allentare la tensione. Artemis allontanò il bicchiere rifiutando di bere.
"Mi preparo un tè."
"Te lo preparo io." Disse Klaus.
Artemis sbuffò e si mise seduta sul divano insieme agli altri.
"...adesso si spiega." Diceva Kol.
"Cosa?" domandò Artemis.
Freya, in piedi davanti al camino spento, le fece un sorriso triste.
"Ti ricordi che Patrick avvertiva la tua magia nonostante l'occultamento? Ecco, ti percepiva perché controllava Mabel. Le streghe della stessa famiglia hanno in comune l'essenza della magia."
"Quindi Oscar sapeva sempre dov'ero."
"Sì. È sempre stato davanti a noi." Confermò Freya.
"Ha ucciso Mabel per farcelo sapere." Disse Hayley.
Klaus tornò una decina di minuti dopo con una tazza fumante di tè. Malgrado fosse bianco come un cencio per la ferita, si era dedicato a quella bevanda calda con amore.
"Ecco, tieni. Ho aggiunto poco zucchero e molto limone, come piace a te."
Artemis lo guardò con sospetto. Non era abituata a gesti gentili, di solito la gente si prendeva gioco di lei. Annuì e bevve un sorso.
"Buono. Grazie."
Mentre beveva un altro sorso il tè le si rovesciò tutto a terra. La casa iniziò a tremare e il lampadario in corridoio si schiantò sul pavimento.
Una luce accecante invase il salotto, costringendo tutti a chiudere gli occhi.
Klaus afferrò la mano di Artemis e la tirò verso di sé per proteggerla da tutto ciò che stava cadendo a terra.
"E quello cos'è?" strillò Hayley.
"Nik!"
Rebekah aprì la porta d'ingresso e si lanciò contro Keelin per evitare che un candelabro di vetro la compisse.
"Ma che sta succedendo?" disse Elijah nel caos.
Il terremoto si fermò di colpo. Sembrava quasi che non ci fosse mai stato. Pochi secondi dopo riprese tutto a muoversi.
Artemis si mise carponi e strisciò fino alla finestra. Le scosse le facevano girare la testa, ma arrivò ai vetri e spostò la tenda.
"Guardate!"
Il cielo era illuminato da cinque fasci di luci bianca: quattro ai lati e uno al centro.
Freya raggiunse Artemis e si mise in piedi per guardare meglio.
"Oh, no..."
"Cosa?"
"l'Ancien Vudù si è agganciato al nostro mondo totalmente. È qui. La magia nera è tutta qui."
 
 
Salve a tutti! 💕
Ormai i minuti sono contati…chissà cosa succederà!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio!
 
 

BLOODY WAR 3 || Klaus Mikaelson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora