Cap. 5 Urgenza

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Potrei dire che tutto quello che scrivo in questo breve racconto autobiografico sia dettato dall'urgenza. L'urgenza di fare sul serio, di lasciare traccia della mia vita, di dare un senso a questa inquietudine. "Più passa il tempo più l'ossigeno nella stanza si sta riducendo".

Inizio a sentirmi un po' debole, la mia forza sembra avere meno benzina di prima. Cerco di tenermi in riga nel mio proposito interiore, mi propongo degli esercizi ma poco dopo me ne scordo. Voglio continuare ad alzarmi di notte per fare le pratiche come mi ha suggerito Vittorio. "Io quando ero ragazzo mi svegliavo di notte e facevo la meditazione, così ho dominato me stesso ed ho incontrato la prima luce della mia vita" 
Ci ho provato anche io, ho messo la sveglia e per una notte mi sono anche alzato... per un quarto d'ora... poi sono tornato a dormire.

Nonostante sia ancora in forma fisicamente, la mia vitalità si sta riducendo. Mi sento meno volenteroso, meno forte, meno capace. Il vagare senza direzione mi ha reso più lento.

Guardando attorno vedo persone che fanno sforzi veramente eccezionali ma per motivi per me sbagliati: fare soldi, avere più fama... tutte cose che una volta raggiunte non portano una vera risoluzione. Bensì ne volevano di più, di più, di più... Ed il mondo loda questa attitudine. 
Già il mondo...

Cerco sempre un confronto con il mondo attorno a me ma sembriamo su due lunghezze completamente diverse. Vogliamo cose diverse. A me sembra che tutti dovrebbero cercare come sto facendo io, tutti hanno il bisogno di darsi delle risposte ma sembra che a nessuno interessi cercarle veramente.

Quei pochi che le cercano, vogliono che gliele dia qualcuno. Vogliono trovare la risposta. Punto.
Non vogliono trovare la proprio risposta che deriva da un percorso che inizia con farsi la propria domanda. Sentono un'inquietudine, i più sensibili tra loro, e trovano qualcuno che risponde a questa inquietudine. A volte che risponda a domande che loro non si sono mai fatti. Hanno trovato il loro guru, la loro missione ( beninteso la missione di qualcun altro ) e sono a posto così. Sono devoti, ferventi credenti ma appena provi a toccare la superficie di questa integrità senti che dietro non c'è niente. Ci sono solo le parole che gli sono state inculcate, piene di frasi fatte, alcune bellissime ma non loro, frasi di altri.

Poi ci sono quelli che non credono a niente e a nessuno, condannati come spesso mi sento io a una totale insoddisfazione. Questi cercano tramite una razionalità ottusa di dare un senso di logicità a tutto e invece si trovano a vivere vite di miseria e solitudine. Nonostante mi sento simile a loro, non ci vado d'accordo. Guardano il mondo da una prospettiva sterile, la loro, e vogliono ricondurre tutto al loro ordine asfittico... Li vedi arrabbiati per la gestione politica, per come serve un cameriere, per come si comporta un collega... Sono arrabbiati. Hanno idee solo su come gli altri dovrebbero essere ma nessuna di queste idee riguarda loro.

Il resto del mondo che non sta cercando risposte è completamente paralizzato, sommerso da una coltre di sonno da cui non sembrano svegliarlo neanche le bombe, gli attentati, i suicidi... niente. Niente sconvolge la maggioranza delle persone attorno a me. Sembrano tutte solo prese di ciò che gli manca ma nessuno sembra interessato a dare una risposta a ciò che ha: questo momento di vita.

 Negli anni ho trovato "compagni di viaggio", persone con cui condividere anche pochi metri insieme nella ricerca. Persone spesso speciali, assetate di vera linfa vitale ma a anche tanto deboli perché vittime delle numerose trappole che si trovano in questo percorso in cui non ci sono sentieri. I più si sono addormentanti ed hanno smesso di cercare. La nascita di un figlio, il cambio lavoro queste le motivazioni che più hanno allontanato le persone dalla propria ricerca.
Hanno trovato un alloggio sicuro dove sedersi. Letteralmente sedersi, una nuova zona di confort.

La mia mente continuamente cerca il conforto nelle scelte altrui. Non riesce a stare con il disagio di sentirsi sola. Vuole che altri facciano le stesse scelte per avere una conferma. La conferma sociale è una vera trappola. Come è una trappola trovare qualcosa. La mente ha bisogno del conforto di trovare qualcosa in cui fermarsi e sentirsi di aver finalmente trovato. 

Posso gestire un peso così grande?

Quando mi confronto con alcuni modelli del passato sembrano persone imperturbabili non deboli come sono io. Persone che effettivamente hanno una centratura che desidero anche io.
Sono disposto a pagare il prezzo di questo cammino?

Perchè devo farlo? Non basta la vita che sto vivendo ora? Non basta così?
Serve soffrire e sacrificarsi? Per forza?
Oppure devo fare della mia vita una missione senza sosta?
Chi sono io? Chi posso essere? Chi voglio essere? Chi ho deciso essere? Cosa mi basta essere per sentirmi completo?

Questa nuova vita che alcuni testi propongono è veramente così attraente? O invece mi sto solo illudendo e mi può bastare così?
Devo veramente produrre uno sforzo superiore per raggiungere un livello superiore? Voglio a tal punto questa risoluzione da desiderare di fare uno sforzo abnorme?

Esiste un'alternativa reale a questa vita?
Questa vita che sta finendo in ogni momento ed in ogni istante si consuma, nel consumarsi cosa mi lascia? Mi lascia qualcosa di reale?

Sarò io quell'uomo che ce la farà? Sono io la promessa mantenuta? Sono io il risolutore di tutte le mie e le nostre istanze?

Sono veramente pronto a gestire il peso di svegliarmi da questo sonno che mi separa dalla vita che sento esistere?


E soprattutto?
Cosa vuol dire Vivere? Perchè spesso mi sento come se "fossi vissuto"? Non come se stessi vivendo, se fossi attivo nella vita. La vita mi sfugge, ma quando vivo? Quando sono vivo?

Tutte queste domande cercano una risposta pratica, una risposta vera non una risposta teorica.
Ho troppa fame per essere soddisfatto da una riga di un libro o da una piccola esperienza spot.

Ne ho fatte tante di esperienze spot ma nonostante le tante avventure mi sento che non ho ancora trovato.
Ormai le aggiungo alla mia agenda più per bisogno di sentire che sto facendo qualcosa per me che per reale convinzione.



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