(Nico pov)

L'una di notte: a quest'ora fatidica della notte la maggior parte dei miei coetanei dorme, oppure passa la notte in bianco, cazzeggiando sul telefono. Io no. Io a quell'ora rientravo a casa da lavoro, e così andava ogni singola sera: uscivo, rientravo, piangevo, e così a ripetizione, ogni sera. Si contavano sulle dita di una mano monca le volte in cui non avessi pianto. Entrai in bagno, con un odore misto a sperma ed alcool, intento a farmi l'ennesima doccia notturna. Mi guardai allo specchio: per i primi secondi vuoto, non vedevo nulla di strano, poi feci cadere lo sguardo sul mio viso: un viso di un ragazzo di 18 anni, con due occhiaie rosse, viso magro, aria stanca, esausta, occhi spenti, privi di ogni singola emozione, un ragazzo che è arrivato a ridursi in questo stato pietoso. Proprio a pochi centimetri dallo specchio trovai, appesa al muro, una vecchia foto: Io, mia madre, e l'uomo che pensavamo di amare. Quel lurido verme, quel patetico uomo incapace di gestire la propria famiglia: ci aveva abbandonati, sfrattati, privati di tutti i nostri averi, lasciati col nulla. Avevo solo 10 anni quando è successo, ero piccolo per capire. Mia madre riuscì a trovare un lavoro, e così ci mantenemmo, ma appena iniziai le superiori lei si ammalò, a malapena riusciva a muoversi avvolte. Le hanno impedito di lavorare in questo stato, ma senza lavoro non sarebbe riuscita a pagare l'affitto, o già comprare del cibo. Così presi una decisione abbastanza importante per la mia vita: decidere di rinunciare alla mia adolescenza, agli amici, alle uscite, a tutto, per poter aiutare il più possibile mia madre. Di giorno andavo a scuola, appena tornavo a casa mi dirigevo poi ad un ristorante, dove facevo il cameriere per qualche oretta, poi la sera pulivo lo stesso ristorante. Erano 100 euro a settimana, non erano pochi, ma per pagare sia le cure per mia madre e i debiti che aveva accumulato durante l'inizio della sua malattia non erano abbastanza. Verso i 16 anni mi ritrovai per caso in un night club: un signore mi scambiò per uno di quei prostituti, chiedendomi uno di quei favori ecco. Da lì mi hanno assunto, dicendo che "attiravo molte persone", poi a scuola si è sparsa la notizia, ed eccomi qui. I soldi non sono sempre abbastanza, ma me la devo cavare così.
Ripensare al passato, rivedere una foto di me da più piccolo e vedermi ora mi provocò una reazione rabbiosa, non capivo più nulla: vedevo tutto sfocato, sentivo la testa scaldarsi. Cercando di mandarlo via tirai un pugno al muro, o almeno, quello che credevo fosse un muro. Sento una voce familiare.

Madre: Nico! Che succede?!

Iniziai a vederci chiaro, e neanche io credevo a quello che avevo appena fatto: lo specchio tutto spaccato, i pezzetti di vetro cosparsi sulla mia mano, assieme ad un mare di sangue. Guardai mia madre, sempre con quella faccia da insensibile che avevo.

Nico: Mamma devi tornare a dormire.

Madre: Prima mi dici cosa stavi combinando! Perché c'è sangue a terra?? Perché lo specchio è rotto?!

Nel parlare, mia madre, quasi svenne, ma prima che potesse precipitare a terra la afferrai.

Nico: mamma ti prego torna a dormire va tutto bene. Sono semplicemente.... Stanco.... Sono stanco di questa situazione..... Tutto qua...

Madre: sei sicuro...?

Nico: certo Mamma...

Madre: allora perché non smetti di farlo? Se è un lavoro che non ti piace non lo devi fare

Nico: E le cure? E i debiti? Tutte le altre cose? Non posso, non posso lasciarlo. Ci sfratteranno di casa. Tu lascia fare a me. Faccio questo lavoro, ma nel mentre studio, e molto probabilmente se riesco a prendere una borsa di studio la investirò per le tue cure.

Mia madre mi guardò negli occhi, per poi fare un lieve accenno, accompagnato da un triste sorriso.

Madre: Nico devi farti degli amici.

Verità O Pettegolezzi...? 💚Nicolochis❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora