prologo

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"Ho visto come la guardavi" mi disse sbattendo la porta con il volto imbronciato, facendo risuonare la campanella per tutto l'ufficio.

Si appoggiò sull'angolo della scrivania, accavallò le caviglie facendo rialzare la gonna ed incrociando le braccia sotto il seno, valorizzato tra le pieghe della blusa, le gambe affusolate che penzolavano scoperte dal tessuto aderente, mentre le decolleté beige sbattevano contro il legno scuro della gamba del tavolo sottolineando il suo fastidio.

<<Non ho mai guardato nessuna come guardo te, e sai benissimo che non c'è bisogno che te lo dica>> dissi con voce sicura e suadente, alzandomi dalla poltrona ed aggirando la scrivania, per poi andare verso di lei con passo lento.

Un passo dopo l'altro, le arrivai a pochi centimetri di distanza. Senza pensarci troppo, appoggiai le mani sulla scrivania, circondandole i fianchi ricoperti dalla gonna a tubino chiara e, con un gesto repentino, unii le mie labbra alle sue calde e umide cercando di assaporarle per il maggior tempo possibile.

In bocca mi esplose il sapore ormai familiare del suo burro cacao alla ciliegia. Presa alle strette mi portò le mani dietro alla nuca tirando i capelli corti e arricciandoli tra le dita, costringendomi ad aprire la bocca e ad unire le nostre lingue bramanti dal desiderio, in una danza pericolosa e dal sapore dolceamaro, per poi ricordarci quanto tutto questo fosse tanto giusto quanto fottutamente sbagliato. 

Fu tutto un susseguirsi di ansiti, gemiti ed emozioni contrastanti, che non lasciavano spazio alla pietà per il mio povero cuore, ormai totalmente carico di adrenalina. Le mani non volevano stare ferme, determinate ad esplorare il corpo della donna che non mi apparteneva, ma che desideravo come un sogno proibito. Toccai prima i fianchi, poi le strizzai i glutei ed infine la presi dal il retro delle cosce, per alzarla da terra e spingerla affianco alla sua agenda , per continuare ad infrangere le regole. 

Riuscii a staccarmi da lei prima che fosse troppo tardi per fermarmi , prima di perdere totalmente il controllo del mio corpo andato in black out. Spinsi le fronte contro la sua con il fiatone, determinato a mettere fine a uno dei tanti momenti di limiti che ormai, avevamo superato come fossero acqua.

"Cazzo" dissi in un sussurro appena udibile con quel poco fiato che mi rimaneva, cercando di non cedere ancora e di rimanere immobile per non peggiorare ultimamente la situazione e ricominciare l'assalto al suo corpo.

Riuscii, con non poca fatica, a recuperare lucidità, calcolando che era ancora avvinghiata al mio collo e le sue mani erano ancora nel giro di perlustrazione della mia cute. Mi diedi mentalmente una pacca sulla spalla per il mio autocontrollo, senza però distrarmi troppo e perdere di vista l'obbiettivo: resistere alla tentazione di stenderla sulla scrivania e commettere l'ennesimo errore.

La presi delicatamente per le guance e la staccai dal mio collo, per guardarla in quelle pozze azzurre in cui avrei potuto tuffarmi, data la loro profondità. 

La prima volta che la vidi, mi colpirono i suoi occhi, perché nonostante fossero quasi senza trucco, erano notevolmente grandi e belli, ma la cosa che mi colpì più di tutte fu il suo sguardo: era così profondo, così misterioso e così triste che non riuscii a togliermelo dalla testa per i seguenti tre giorni, quando la rividi e riuscii solo a fare peggio di ci che avevo immaginato.

"Hey, sai che non possiamo qui" le dissi accarezzandole lentamente la guancia morbida con il pollice.

Teoricamente non potevamo farlo ingenerale, ma... Dettagli.

Un lampo di tristezza le attraversò gli occhi e così abbassò lo sguardo circondandomi la vita con le braccia, mentre io la strinsi a me avvolgendole le spalle con un braccio e con l'altro le accarezzai la schiena.

il karma è un bastardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora