capitolo 5

2 0 0
                                    

Ero completamente incapace di formulare anche solo una parola. Temevo che un respiro troppo pesante, facesse evaporare via la lettera che tenevo in mano o che, con un movimento brusco, avrei cancellato l'unica prova che mio fratello c'era ancora, e che non se fosse andato come Rall.

Con le mani tremanti rilessi ancora un paio di volte quello che c'era scritto nel retro della busta nera, che non smetteva di muoversi per colpa delle mie mani tremanti.

Mi girai verso i miei genitori sempre con gli occhi rivolti alla lettera, con il terrore che potesse essere solo un sogno e che al mio risveglio le mie mani sarebbero state vuote.
A quel pensiero mi si chiude lo stomaco.

Io avevo un fottuto bisogno di quelle lettere , anche se non lo avrei mai ricevuto.

"È sua" dissi in un sussurro appena udibile, continuando a guardarla, e inconsciamente, il mio pollice cominciò ad accarezzare dolcemente la scritta, come per sicuro che fosse ancora lì, al suo posto.

Damon.

C'era scritto questo, con l'inchiostro dorato e con uno stile che mi faceva venire le lacrime agli occhi. Era la tipica scrittura sbarazzina, ma con tutti i puntini sopra alle i di Randall.

"Aprila, tesoro" mi sentii dire, ma quelle parole suonarono a vuoto, tanto ero concentrata ad osservare i segni lasciati dalla solita penna, ormai familiari.

Lui aveva toccato quella lettera, l'aveva tenuta in mano, ma non era venuto insieme a lei.

"Erin" Disse mio padre leggermente più forte di quanto avesse detto mamma. Dal suo tono di voce non traspariva rabbia, ma solo profonda preoccupazione di un figlio di cui non aveva notizie da più di un anno, e tutto quello che gli era concesso, era una misera lettera al mese.

Cercando di fermare la tremarella alle mani, girai la lettera, verso la linguetta di apertura, lo scollai e lo sollevai, rivelando un cartoncino ruvido, nero come la carta.

Lo tirai fuori lentamente, con la paura di poterlo rompere o danneggiare.

Dispiegai il foglio, e con la stessa penna dorata di prima lessi le solite tre frasi che scriveva ogni volta.

Mi mancate.
Sto bene.
Mi dispiace.

E Come al solito il mio cuore faceva un sospiro di sollievo.
Lui stava bene.

Sentii un sospiro di sollievo da parte di mia madre e quando alzai la testa, vidi che erano abbracciati, o meglio, erano aggrappati l'uno all'altra, come per tenersi a galla a vicenda, ma la verità è che stavano semplicemente affogando insieme , solo più dolcemente. 

Ogni volta che quelle lettere arrivavano il mio cuore si spezzava ancora di più. Gli mancavamo, ma lui stava bene, lui stava andando avanti, ci riusciva. Noi invece eravamo sempre lì, pieni di tabù e frasi non dette. In realtà stavo affogando anche io insieme a loro, solo che la mia discesa non era dolce, era solitaria.

Ritornai con lo sguardo sul cartoncino e lo osservai bene. Era uguale identico a tutti gli altri che ci aveva mandato. Uno al mese. 
Ne percorsi i bordi con lo sguardo, finché, non scorsi una piccola traccia d'oro, che si andava a nascondersi dietro al mio pollice. 

Il mio respiro si fermò, così come il mio sguardo che si aggrappava pieno di speranza ma anche terrorizzato in quell'unica strisciolina quasi invisibile. Potevano essere notizie brutte, come potevano essere belle. Potevano essere la salvezza, come potevano benissimo essere l'oscurità più assoluta.
Se se ne fosse andato pure lui, io lo avrei preso per mano e lo avrei seguito.

Spostai leggermente il pollice, giusto per scorgere la prima lettera: T

I miei occhi si puntarono in quel singolo punto.
Facendomi forza, presi un bel respiro e spostai il pollice definitivamente, e...

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 07, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

il karma è un bastardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora