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La prima volta che Manuel sente le labbra di Simone avvicinarsi alle sue, si trovano in un museo del quale neanche ricorda il nome.

A pensarci bene, forse dovrebbe, dato che è da allora che tutto nella sua vita ha iniziato ad andare a rotoli.

Le labbra di Simone però non hanno neppure il tempo di sfiorarle le sue perché lui lo sta già strattonando, spingendo via, gli sta urlando contro semplicemente perché ha avuto il coraggio di lasciarsi vedere per quello che è.

La seconda volta che Manuel sente le labbra di Simone, sono sotto un cantiere, riparati da un ponteggio la cui stabilità ricorda tanto quella delle loro vite in quei frangenti, ed è lui che ha baciato Simone, perché probabilmente per la prima volta ha voluto che qualcuno vedesse lui per ciò che realmente è.

La terza volta che Manuel si avvicina alle labbra di Simone, Simone è steso sul suo letto, ha mal di testa, è stato appena dimesso dall'ospedale e lui si sente schiacciato, annientato dal terrore. E poiché il terrore di perdere Simone ha spazzato via ogni cosa nei giorni precedenti, quel terzo bacio diventa poi un quarto quando Simone poggia le mani attorno alle sue spalle e lo tira verso di sé, invitandolo ad accasciarsi su di lui.

E «non ti voglio fare male.» sembra essere l'unica cosa che Manuel è in grado di dire ma ciò che Simone non sa è che l'altro non si sta riferendo al braccio ingessato, schiacciato tra i loro corpi, quanto piuttosto alla confusione che vive nel suo cervello e che urla, urla fortissimo e tace solo quando le sue labbra incontrano quelle di Simone e i suoi occhi sono chiusi e quei quattro baci si trasformano in cinque, sei, cento, forse mille.

Cerca di dirglielo più e più volte Manuel che il suo cervello fa rumore, perché è del cervello che si tratta, non può essere il cuore, il cuore è straordinariamente silenzioso perché ha trovato la sua pace.

Ci prova un pomeriggio mentre Simone ha la testa poggiata sul suo petto e stanno fingendo di prestare attenzione ad un film. Sono schiacciati in un angolo del divano nonostante ci sia spazio per entrambi se solo si allontanassero, se solo non avvertissero il viscerale bisogno di somigliare sempre più ad un corpo unico.

«A te piace il silenzio?» mormora, mentre gli passa una mano tra i capelli ed avverte un brivido lungo la schiena semplicemente perché è da quando si sono baciati quel pomeriggio dopo le dimissioni dall'ospedale del più piccolo che si comportano come due fidanzati.

«Non c'è silenzio ora, c'è il film.» ridacchia Simone.
«Stai quasi a dormi'.» gli fa notare lui.
«Mi stai rilassando!» protesta allora il minore e lui, beffardo, subito ritrae la mano.
«Okay.»

Simone sbuffa, senza voltarsi recupera a tentoni la sua mano e la piazza nuovamente tra i suoi capelli, facendolo ridere. Manuel sente il cuore esplodere quando, distrattamente, prima di riprendere le sue carezze, ci lascia un bacio, tra i riccioli neri di Simone.

«Comunque non mi piace il silenzio... soprattutto da dopo... dopo che ho- insomma hai capito.»

È Simone e parlare dopo un po' e lo fa spostandosi appena, piegando la testa all'indietro sul petto di Manuel così da poter incastrare gli occhi nei suoi.

«Di che hai paura?» chiede subito dopo, lasciando il ragazzo spiazzato.

«Paura? Non ho paura di niente.»

Manuel cerca subito una via d'uscita, ma inutilmente.

«Il silenzio è il nemico di chi ha paura, di chi soffre. Se stai bene, non hai niente contro il silenzio...» afferma infatti Simone, alzando un sopracciglio e lui non sa come rispondere, non sa come dirgli che il silenzio con lui diventa casa, ma il silenzio senza di lui è l'inferno.

Can I be the one?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora