I. L'Ombra

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Il fastidioso mal di testa che si era preoccupato di svegliarlə e accompagnarlə durante le ore successive stava iniziando a mettere alla prova una pazienza che non sapeva di essere di per sé inesistente. Avrebbe svelato presto il motivo di tanta insistenza, non senza risparmiare a Ludna un ulteriore capogiro... Di solito adocchiare uno spirito o permanere nelle sue vicinanze non lə recava particolari disagi, se non il pronto risvegliarsi del sesto senso e il mettere sull'attenti l'istinto; ma ciò rientrava nel brivido dell'avventura. Quella volta, dunque, il tutto si apprestava a coglierlə di sorpresa.
Al capogiro, Ludna mosse inconsciamente un passo indietro, finendo per schiacciare con l'alta suola della scarpa una lattina vuota abbandonata sul marciapiede. Il rumore improvviso lə riportò alla realtà e dopo uno sbuffo infastidito decise finalmente di concedersi una pausa dalla passeggiata; con un po' di fortuna avrebbe trovato ancora in funzione il distributore della gassosa contenuta nella carcassa metallica a cui aveva dato il colpo di grazia giusto qualche secondo prima. Lentamente riprese a camminare, schivando le proiezioni colorate che lə guardavano con curiosità, e imboccò il vicoletto successivo a destra per raggiungere la meta desiderata, il distributore sarebbe stato esattamente dall'altro capo della via. Ormai aveva imparato a memoria come destreggiarsi tra i blocchi di cemento fatiscenti che componevano quella cittadina dimenticata dal tempo in un eterno tramonto e dall'uomo ad un incombente caos. Lì ognuno aveva imparato ad arrangiarsi come meglio poteva. Ne dette prova un gruppetto di nuove figure che aveva appena fatto capolino dalla direzione opposta. A quel punto Ludna arrestò il passo e si appiattì al muro, sparendo alle spalle di un cassonetto ricolmo d'immondizia.
Rimase in attesa per una brevissima manciata di secondi, il tempo necessario per assicurarsi che non fosse statə già avvistatə, poi affacciò frangetta asimmetrica e occhi per sbirciare. Contò esattamente quattro ragazzini... e cinque ombre. Cinque? Le sue mani andarono leste a liberare dai capelli scuri le proprie orecchie ingioiellate e rimase in ascolto.
I quattro ragazzini non erano che alcuni dei giovani vandali scalmanati che gironzolavano giornalmente per le strade alla ricerca di brio, nulla che per Ludna potesse costituire un'effettiva minaccia. Era la quinta ombra a destare sospetto: mentre quelle degli attaccabrighe proiettavano alla perfezione i movimenti dei loro padroni contro le pareti, la quinta non aveva di per sé un corpo. Come un parassita gravava sulle spalle di un ragazzino in particolare, avvolgendogli il busto in una morsa all'apparenza inconsistente. Nessuno oltre Ludna sembrava essere cosciente di quella presenza (che tra l'altro non avrebbe azzardato definire "spettro"), ma temevano invece l'effetto che essa stava producendo sul biondino prigioniero.

«Acca! Ti diamo proprio noia oggi, eh?»
Una voce squillante rimproverò l'ennesimo sospiro al quale l'accusato si era abbandonato e un paio di occhi color caramello si abbassarono alla sua altezza. Adesso il biondino aveva catturato l'attenzione di una ragazzina non molto più grande d'età, forse sui quattordici anni, il cui visetto vispo era incorniciato da disordinati e corti ciuffi bordeaux. Le radici castane dei suoi capelli erano mal coperte da una bandana a strisce che ogni tanto la ragazzina cercava di aggiustare sulla testa, come avrebbe fatto in quel momento se non fosse stata tanto assorta dallo sguardo inespressivo che si era messa ad osservare.
«Ma che ti prende? Acca?»
"Acca" ricevette presto una scrollata dalla maggiore e Ludna notò come l'Ombra nera sulle sue spalle ne sembrò turbata abbastanza da espandere il proprio macabro abbraccio con un sibilo. In risposta, Acca emise un sospiro ancora più profondo e abbassò il capo in direzione dei propri piedi.
Fu a quel punto che una terza figura si decise ad aprire bocca, senza però distrarsi dal proprio da fare: con le mani ben salde a ciò che rimaneva della metà di un palanchino arrugginito, stava cercando di scassinare il distributore delle bibite. «Gis' lascialo stare, se oggi non farà il proprio dovere come si deve allora domani dovrà arrangiarsi.»
«Ma è il secondo giorno di fila che fa così, gli toglieranno la paga...»
«Niente paga per Acca, niente paga per Acca!» Scimmiottò il più piccolo della comitiva, additando con particolare divertimento il compagno.
Fu proprio quest'ultima esclamazione a suscitare una nuova reazione nell'animo del biondino, il quale non ne fu però colto positivamente.
«Io non posso... non posso tornare a casa senza paga...»
Quello sguardo ancora spento serrò le palpebre e smosse tutto il viso costellato di piccole lentiggini e brufoletti in una smorfia di dolore, poi Acca si accasciò lentamente al suolo in ginocchio, con le mani strette al petto, e iniziò a piangere a capo basso. Gis, sbalordita, si precipitò a sorreggerlo. «Acca! Acca stavamo scherzando, certo che ti pagheranno! Mateo diglielo, ti prego, e tu Tim chiedigli scusa.»
Seppur il bambino, Tim, si affrettò a scusarsi a causa dei sensi di colpa e Mateo mormorò qualcosa in rassicurazione del trio, Acca non accennò a smettere di piangere. Anzi, Ludna dovette sfregarsi gli occhi poiché per un attimo credette di star vedendo una seconda sorta di ombra separarsi da lui... in realtà non era esattamente così, ma quasi: Ludna vide l'anima di Acca prendere forma in uno spettro giallognolo. L'Ombra, finalmente giunta al proprio scopo, spalancò le fauci e si preparò ad inglobare la seconda testa invisibile del ragazzino.

Accadde tutto molto in fretta. Per primo si udì il rumore del portellone aprirsi, rivelando ancora poche lattine all'interno del distributore malmesso, seguito dal tonfo del palanchino contro l'asfalto. Poi sopraggiunse quello che causò Ludna una volta atterratə con un balzo sulla cima del cassonetto, catturando l'attenzione di tutti i presenti. Infine, i suoi passi rapidi in direzione del gruppo di vandali.
«L'Acchiappafantasmi!» Gis scattò in piedi, annunciando con sorpresa e preoccupazione la presenza di Ludna al resto della comitiva di giovani briganti. Il fatto che l'avesse definitə con tale appellativo era in realtà una sorta di scherno nei suoi confronti, poiché, non essendo noto agli altri il fatto che Ludna riuscisse a vedere i fantasmi, vederlə interagire giornalmente con l'invisibile era diventato un modo per prendersi gioco della sua persona. Ma a Ludna non importava granché del fatto che si prendessero gioco di ləi; a Ludna non importava proprio di un bel nulla se non di sopravvivere - e in quel momento qualsiasi cosa fosse quella presenza nerastra stava rivelandosi una minaccia da estirpare e al più presto.
«Gis', Tim, state indietro! Acca avanti tirati su!»
Il maggiore dei quattro, Mateo, fece per sbarrare la strada nei confronti del distributore di bevande, ma Ludna aveva un obiettivo ben chiaro in mente: sviò con destrezza il distributore, ignorandolo, e afferrò il palanchino dall'asfalto dissestato per poi brandirlo in direzione della presenza oscura sulle spalle del ragazzino. Sferrò un primo colpo. La "testa" dell'Ombra si sfaldò in numerose particelle di luce colorata che attraversarono il palanchino prima di disperdersi e svanire nell'aria circostante o di essere attratta e inglobata nuovamente dal corpo nero che riacquisì relativamente la forma precedente, se non di minore stazza - sempre invisibile agli occhi increduli del trio che credette di aver visto l'Acchiappafantasmi cercare di colpire il povero Acca al capo biondo. A quel punto l'Ombra, sentendosi disturbata, parve perdere interesse nei confronti della prima vittima e si interessò a Ludna. Due occhi che racchiudevano l'oblio si spalancarono insieme alle fauci, pronte a scagliarsi contro di ləi, ma un secondo colpo metallico venne sferrato e il mostro venne nuovamente smembrato, finendo per separarsi dal corpo del ragazzino, il quale sembrò riacquistare lucidità. Prima che Ludna potesse sferrare il colpo di grazia, sollevando fin sopra il capo il palanchino, questo venne afferrato prontamente da Mateo con entrambe le mani, impedendo quel movimento necessario ma non compreso dagli occhi altrui.
«Cosa diavolo ti salta in mente, acchiappa-spettri?!»
Ludna ringhiò e sferrò un calcio in direzione del ragazzo alle spalle, non mancando di colpirlo ad una gamba con un colpo ben assestato. Allora abbandonò la presa dal palanchino e si scivolò via da quella presa, schivando nel mentre un mattone che la rossa aveva tentato di scagliarlə contro.
La frangetta fin troppo lunga che oscurava la visuale da un occhio lə fece sbuffare verso l'alto e per un attimo con entrambi gli occhi riuscì a notare l'Ombra appiattirsi contro l'asfalto per tentare di sgattaiolare via. Come mai quell'improvviso cambio di rotta e di comportamento? Senza curarsi del quartetto, Ludna partì all'inseguimento - non prima di aver afferrato un paio di lattine di gassosa dalle mani di Tim, il quale nel frattempo aveva cercato di fare razzia e salvare il salvabile.
«Fai bene ad arrenderti! Pazzoide!»
«La prossima volta non avremo pietà!»
«Scappa scappa!»
«Ragazzi?»
La quarta voce, la più flebile, distolse l'attenzione dei tre dalla figura di Ludna che correva via sotto la rosata luce dell'eterno tramonto.
«Acca!» Un coro accolse le orecchie del biondino, la cui chioma venne prontamente spettinata e allontanata dalla fronte non più pallida dalle mani di Gis.
«Acca stai meglio?»
Egli annuì in risposta e per un attimo gli parve di vedere le proprie mani sdoppiate in un'aura giallognola, per poi ricongiungersi in un'unica forma. L'anima di Acca adesso era salva; egli stesso intuì che la misteriosa incognita che rappresentava la figura dell'Acchiappafantasmi avesse agito contro qualcos'altro. Ma cosa?

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