V. Polvere di stelle

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Una coltre di bassa nebbia oscurava parzialmente la sua visuale, ma non poteva non notare come, stranamente, il cielo fosse colmo di lontani puntini luminosi raccolti da una scia violacea che si estendeva in lontananza. Non ricordò di aver visto mai un luogo così bello, si chiese se avrebbe avuto la possibilità di visitarlo nuovamente in futuro, magari accompagnatə dal fedele amico. Lui sì che avrebbe apprezzato la vista mozzafiato e avrebbe iniziato a tirar fuori qualcuno dei suoi aneddoti riguardo quelle macchioline nel cielo che tanto richiamavano le lentiggini sul suo viso.
Un passo dopo l'altro, ecco che si ritrovò su un'altura sabbiosa, arida. Alle sue spalle una presenza.

«Acchiappafantasmi, eccoti.»

Nell'udire quella voce sprezzante, un brivido di freddo si intrufolò tra le sue vertebre e irrigidì i suoi muscoli, abbastanza da impedire al suo corpo di muoversi, di girarsi. La presenza si fece più vicina e poté percepire qualcuno sfiorare una ciocca dei suoi capelli, come se avesse preso a rigirarsela fra le dita con lentezza.
«Ti stavo cercando, sai?» Una nota di disprezzo in quella voce maschile parve farsi più chiara, eppure la calma con cui si era posta inizialmente non accennò a dissiparsi.
«Non credevo che qualcuno sarebbe mai stato in grado di intralciare i miei piani. Per te potranno forse essere un dono, i tuoi occhi, ma per me non sono altro che un contrattempo.»
La ciocca venne abbandonata a sé stessa e, per quanto riuscì a discapito della paralisi, istintivamente strinse i pugni con rabbia. Chi osava parlare in quel modo nei suoi confronti?
«Oh no, non arrabbiarti: non avrai tempo per quello. Vedi, è stato ingegnoso il tuo trucchetto con quel cassonetto dell'immondizia… ma mi chiedo quanti altri te ne serviranno, di cassonetti e di amici da sacrificare, per mettere a tacere la mia fedele armata.»
E lì, in lontananza, comparvero una ad una più e più ombre, esattamente come l'unica e sola che aveva affrontato e sconfitto. Ognuna di esse avanzava con passo meccanico nella loro direzione,  mugugnando versi di sconforto o di rabbia, di desolazione e di angoscia.
«Giungerà il momento, mio caro Acchiappafantasmi, in cui il sole tramonterà e sarà buio. E quel momento giungerà presto, almeno per te.»
La presenza alle sue spalle si fece più debole, la nebbia più rada e le ombre sempre più vicine.
Ləi era ancora immobile, impotente.
Quando la prima ombra arrivò al suo cospetto e fu abbastanza vicina da poter guardare ancora una volta attraverso l'abisso dei suoi occhi, il suo respiro prese a farsi irregolare. Non poteva perdere il controllo, non doveva. Non adesso, non in quella circostanza. Doveva combattere e salvarsi, doveva mordere e graffiare, doveva sopravvivere.
Per la prima volta dopo tanto tempo, invece, si sentì vulnerabile.
L'Ombra spalancò il capo in una bocca verticale colma di denti aguzzi e si preparò a divorarlə.
Così come era stato preannunciato, buio fu.

. . .

Ludna si risvegliò di soprassalto tremando, malidə di sudore e con il cuore che sembrava volesse uscire a forza dalla gabbia toracica. Non aveva più il controllo del proprio battito, del proprio respiro, del proprio corpo; annaspava nel buio buttando le lenzuola giù dal materasso sopraelevato, rischiando per poco di cadere a sua volta sul pavimento sottostante. A frenarlə non fu solamente un senso di vertigine sopraggiunto per via del respiro ormai corto, ma anche la presenza di Nyev che si era svegliato improvvisamente a sua volta, destato da tutto quel trambusto.
«Ehy ehy che succede?!»
Il primo suo pensiero fu rivolto ad un possibile attacco esterno, ma fece presto a ricordare come fossero barricati dall'interno in quel rifugio ben celato che fungeva loro da "casa". Era uno dei dormitori del complesso universitario, adibito adesso come un vero e proprio bunker. Era l'unico posto nel quale si sentissero più o meno al sicuro, o almeno vicini e compagni.
«Ludna, hai avuto un incubo?» Ecco la seconda ipotesi, forse la più valida, manifestata mentre Nyev si apprestava a scendere dalla brandina inferiore per assicurarsi che Ludna non rischiasse di cadere giù dal letto. Afferrò la torcia dal comodino e salì in fretta la scala metallica che collegava i due posti-letto, sedendosi poi accanto a Ludna. Nel tentativo di provare a calmarlə, lə prese una mano e lə spostò la lunga frangia dalla fronte, liberando così entrambi gli occhi smarriti da quella tenda asimmetrica di capelli.
«Ci sono io adesso; sono qui. Capito? Ci proteggeremo come sempre.»
Con molta calma e molta pazienza, dopo altre frasi rassicuranti e un sorso d'acqua, Ludna parve iniziare calmarsi.
«Ricominciamo con i respiri profondi. Uno… due. Uno… due. Così, esatto.»
Guidatə da Nyev, anche Ludna riprese fiato, tenendo una mano fra le sue e l'altra al centro del petto sul quale se ne stava premuta una fascia.

«Allora, hai fatto un brutto sogno?»
Ludna annuì.
«Ti va di raccontarmelo?»
Questa volta fece di no con la testa.
«Va bene, non insisto. Dormiamo insieme?»
Dopo un altro cenno di assenso con il capo, Nyev recuperò le lenzuola cadenti dal pavimento e le rimboccò sotto il materasso e sopra l'amicə. Ma prima di intrufolarsi nel letto accanto a Ludna, scese dalla scaletta per recuperare il tomo di astronomia che era rimasto aperto sulla scrivania. Dopodiché eccolo pronto sotto le lenzuola insieme a Ludna, con le ginocchia piegate e il libro poggiato sulle cosce insieme alla torcia che fungeva come unica fonte luminosa della stanza, altrimenti totalmente buia. Ludna si accoccolò accanto a lui, poggiando la testa contro la sua spalla e gli occhi rivolti al libro che reclamava le attenzioni di entrambi.
«Ti accenno un po' quello che stavo leggendo io prima di andare a dormire, va bene? Parla delle stelle. Grandi corpi celesti che abitano nello spazio, caldi e luminosi. Ne esistono di diverse tipologie perché nascono, crescono e muoiono proprio come noi. E io trovo affascinante il fatto che possano farlo. Nel nostro cielo possiamo vederne qualcuna, sai? Ma la condizione ideale per ammirarle sarebbe il buio più totale. Lì potremmo vederne a centinaia e distinguerne le varie costellazioni, che sono come dei disegni nel cielo…»
Più il racconto proseguiva, più nella mente di Ludna ricomparve quella visione iniziale del sogno, dalla quale si fece cullare per sprofondare ancora una volta nel sonno, questa volta pacificamente.
«E ricorda che per quanto questo mondo possa a volte crearti angoscia o indispettirti, siamo tutti abitanti dello stesso cielo. Anche noi, Ludna, siamo polvere di stelle.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 10, 2023 ⏰

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